«Abbiamo sempre fatto ciò che ci diceva il cuore. Non siamo terroristi». Intervista esclusiva ad un membro della “Werwolf Division”

«Eversione neonazista: una rete bolognese tra chat e Telegram. Indagate otto persone», scriveva il 29 maggio la giornalista Federica Orlandi sul quotidiano Il Resto del Carlino, facendo riferimento ad un gruppo denominato “Werwolf Division”, il quale – secondo la Procura di Napoli – avrebbe dovuto al più presto mobilitarsi per compiere «atti eversivi violenti» e «reclutare sempre nuovi membri, addestrandoli ad azioni violente, anche mettendo a disposizione armi». Ma è davvero così, o siamo dinanzi alla solita “propaganda” del Sistema? L’abbiamo chiesto direttamente a uno di loro, che – per ovvi motivi – ha deciso di rimanere anonimo, senza però rinunciare a dire la (sua) verità, che – come potevamo immaginare – non è quella scritta sulle carte ufficiali. Buona lettura!

Grazie per aver accettato questa intervista. Che cos’é e quando nasce la “Werwolf Division”?

– La Werwolf Division era un gruppo Telegram nato nella primavera del 2022 e formato – come molti altri gruppi online ancora attivi – da appassionati di storia e politica, accomunati da ideali di patriottismo e nulla di più. Il Resto del Carlino – probabilmente su richiesta di qualcuno – ha fatto di una piccola scintilla un gigantesco incendio. È stato tutto ingrandito, quasi creato ad hoc. Certo, non lo nascondo: molti di noi erano affascinati dall’epoca del Terzo Reich e dal socialismo nazionale (soprattutto dalla sua interpretazione magico-esoterica), ma non siamo né terroristi, né criminali, né pericolosi sovversivi. Anzi, le sembrerà strano, ma uno degli indagati è addirittura completamente estraneo al gruppo della Werwolf Division e al mondo della politica. Probabilmente è finito nell’indagine a causa dell’incompetenza della forze dell’ordine o per errore. Ad ogni modo, spero con tutto il cuore che la sua posizione venga chiarita al più presto…

Su di voi pendono accuse pesantissime, come «associazione con finalità di terrorismo» e «incitamento in gruppo alla discriminazione razziale». L’articolo di Federica Orlandi pubblicato da Il Resto del Carlino fa inoltre riferimento ad alcune «armi» che avreste dovuto mettere a «disposizione» ai nuovi militanti per effettuare «atti eversivi violenti» Cosa avete da dire a riguardo?

– Sono fantasie! Sproloqui dei giornalisti! Probabilmente hanno letto troppo I diari di Turner, e ne sono rimasti interdetti! La Werwolf Division, contrariamente a quanto dicono le carte della Procura, non è mai stata un pericolo per il sistema democratico. Noi non abbiamo mai fatto azioni violente e, tantomeno, non abbiamo mai avuto armi… E le perquisizioni l’hanno dimostrato. L’unica nostra “colpa” – se possiamo definirla tale – è rappresentata soltanto da conversazioni private considerate «razziste» e dall’attacchinaggio di un volantino. Si: un volantino che riportava una frase di Dominique Venner! Nulla di più! Riguardo al gruppo Telegram, invece, si parlava di storia, politica e quant’altro e si condividevano articoli e contenuti letterari di contro-informazione di vari siti internet, senza comunque mai inneggiare esplicitamente alla violenza o all’odio. La Procura ci ha descritti come una vera e propria organizzazione terroristica, con una sua gerarchia interna, finanziamenti occulti e armi, ma non è affatto così. Chi ci conosce lo sa benissimo che siamo quattro disperati senza un soldo in tasca. Se il sistema democratico ha paura di noi, allora vuol dire che c’è qualche problema! Il fatto è che – come anche voi di Ardire avete dimostrato in un recente articolo – gridare al “pericolo neonazista” fa comodo a qualcuno… Già ci siamo capiti. E noi non siamo altro che vittime di questa grottesca e circense “caccia alle streghe”, che da anni ormai imperversa nell’Occidente liberale sempre più martirizzato e cosmopolita.

Secondo la Procura di Napoli, nel maggio 2022 vi sareste infiltrati «durante una manifestazione» in pieno centro a Bologna, «sotto le Torri», diffondendo «volantini inneggianti all’eversione». Può dirmi di più?

– Altre fantasie della Procura! Noi non abbiamo mai fatto attività di volantinaggio nella zona del centro storico, anche perché sarebbe stato molto pericoloso: avremmo rischiato il linciaggio da parte dei migranti e, soprattutto, degli antifascisti (presenti ovunque nelle zone del centro storico di Bologna), se avessimo davvero diffuso «volantini inneggianti all’eversione» nazionalsocialista «durante una manifestazione sotto le Torri». Bologna è rossa: certe cose non si possono fare. Se avessimo fatto davvero una cosa del genere, saremmo tornati a casa con le gambe rotte e, come minimo, il giorno dopo tutti i giornali locali avrebbero gridato all’eversione “neonazista”. Ed invece, nulla è successo. Il nostro “peccato”?! Aver pensato differente, al di fuori dei confini del dogma della democrazia. E sappiamo fin troppo bene cosa succede a chi si allontana dal “sentiero” democratico…

Ha voglia di raccontarci nel dettaglio come sono andate le cose durante la perquisizione?

– C’è poco da raccontare… Nella notte fra il 14 e il 15 maggio sono stato svegliato da sei uomini della Digos: cercavano armi, che ovviamente non avevo. In mancanza di esse, hanno sequestrato una dozzina di libri (tra cui il Mein Kampf e altri libri di politica) e alcune foto di Benito Mussolini che da anni tenevo appese in cucina. Si, delle fotografie! Mi contestano il fatto di essere la guida intellettuale della Werwolf Division, quando invece la Divisione non aveva un vero e proprio leader, essendo appunto un gruppo Telegram aperto a tutti. Ad ogni modo, i sei uomini della Digos erano accompagnati da un esperto di informatica, che ha passato la giornata ad estrarre dati dal mio computer e dal mio cellulare, quasi come un bambino in cerca di caramelle. Verso le quattro di pomeriggio, sono stato portato in questura a Bologna, dove mi hanno preso le impronte digitali e fatto la foto segnaletica. Che umiliazione! Il pomeriggio del 7 giugno sono poi tornati a farmi firmare una lunga serie di fogli, che ho aggiunto agli altri… Ma in fondo, che cosa abbiamo fatto? Siamo forse terroristi, perché abbiamo diffuso un volantino rivoluzionario?! Il fatto è che lo spettro del nazionalsocialismo e, soprattutto, del suo fondatore fa ancora paura. Così, chiunque propenda per una visione alternativa della vita e delle cose viene subito “squalificato” in quanto “fascista” o “nazista”. Parliamoci chiaro: è da anni che, allo schioccare delle dita di Sion, i segugi sbavazzanti della Digos corrono adrenalinici per azzannare chiunque esca dal recinto democratico, anche solo verbalmente o intellettualmente. La parola ha un peso. E la nostra evidentemente pesava troppo.

Nei confronti di una vostra militante, si parla di «detenzione illegale di una pistola», anche se però la Digos ha mantenuto il «riserbo». Sa dirmi di più?

– Si, le carte affermano che è una «pistola a salve», dunque finta. Chiunque potrebbe averne una in casa, quindi parliamo di niente… Ad ogni modo, la citata «donna di sessant’anni originaria di Roma», come dichiara l’articolo di Federica Orlandi, è stata nella Werwolf Division nemmeno due settimane, a causa dei continui diverbi con gli altri membri. Lei non ha mai avuto nulla a che fare con noi e con la nostra dottrina d’avanguardia. Quella è un po’ pazza… Non a caso, ha alle spalle un lungo passato di militanza affianco al noto Gaetano Saya, uomo dell’intelligence, massone e fondatore del nuovo e famigerato MSI.

– Se il vostro obiettivo non era quello di effettuare «atti eversivi violenti», allora quale era?

– Inizialmente il nostro intento era quello di creare un centro di aggregazione, una sorta di agorà libera dai vincoli della correttezza politica e completamente antitetica al mainstream liberal-democratico tipico della società occidentale. Nello specifico, volevamo proporre – come già detto – una visione magica ed esoterica del socialismo nazionale che fungesse da baluardo – sempre nel rispetto della legalità – alla dilagante secolarizzazione cosmopolita figlia della vittoria Alleata del 1945. La nostra era una lotta intellettuale e spirituale, più che fisica. Non abbiamo mai avuto intenzione di colpire “materialmente” il Sistema, ma piuttosto “metafisicamente”. Col tempo, però, ci siamo resi conto che il materiale umano era scarso; in pochi erano disposti a studiare nel concreto la “Scienza delle Chiavi” e a leggere le ostiche pagine di Teoozologia. Così, nemmeno un anno dopo la sua fondazione, abbiamo deciso di sciogliere il gruppo, e tutto è sfociato in una nuvola di fumo. La Digos è arrivata tardi! Malgrado ciò, non rinnego nulla: abbiamo sempre fatto ciò che ci diceva il cuore, senza fare del male a nessuno. Non siamo terroristi.

Nell’articolo pubblicato da Il Resto del Carlino si afferma esplicitamente che i nuovi membri venivano addestrati per commettere «azioni violente»…

– Sciocchezze! L’unica volta che ci siamo radunati con tutti i membri del gruppo (cinque di Bologna e uno di Milano), è stata in pizzeria! Si, in pizzeria! Nessuno ha mai addestrato nessuno. A dir la verità, uno dei nostri – del quale preferisco non fare il nome – condivideva nella chat Telegram dei video raffiguranti esercizi ginnici, invitando anche gli altri membri del gruppo a fare lo stesso, al fine di mantenersi in forma e curare il proprio aspetto fisico. Ma tutto ciò non ha nulla a che fare con l’addestramento! Ripeto: non c’erano armi e i video raffiguravano semplicemente esercizi ginnici, come flessioni e addominali, nulla di più. Non vi era niente di criminale o sovversivo. Se questo è considerato addestramento militare, allora si, ci stavamo addestrando per diventare delle vere Waffen-SS!

– L’articolo fa anche riferimento a «contatti diretti tra il “leader” dell’Ordine di Hagal e alcuni bolognesi», attivi appunto nella “Werwolf Division”. Qual è la natura di questo rapporto?

– Potrà forse non credermi, ma la prima volta che ho sentito parlare dell’esistenza dell’Ordine di Hagal è stato quando ho letto le carte della Procura; non ne avevo mai sentito parlare prima, ve lo posso giurare. L’indagine probabilmente parte da lì… Se qualche membro dell’Ordine era attivo anche all’interno della Werwolf Division, questo non lo so. In effetti, è molto probabile che ci sia stato qualche “infiltrato” nella Divisione… Ma questo lo scopriremo in tribunale… Il resto sono chiacchiere.

– Avevate contatti con l’estero?

– No. Ma anche se fosse, non potrei comunque parlarne, perché mi si potrebbe ritorcere contro in tribunale. Oggigiorno – come lei ben saprà – basta un niente per passare come terrorista o sovversivo. L’egemonia di Sion è ormai giunta al culmine: una parola sbagliata, e finisci in manette.


Di Javier André Ziosi

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