Il nazismo esoterico tra Oriente e Occidente. Intervista a Miguel Serrano

Al fine di approfondire l’aspetto occulto ed esoterico del nazionalsocialismo, la Redazione di Ardire ha deciso di pubblicare, in formato integrale, l’intervista di Marco Dolcetta al filosofo e politico cileno Miguel Serrano, proveniente dal documentario Il Nazismo esoterico: mito, sacro, occulto (Hobby&Work, 1994) e presente pure nell’opera Nazional-socialismo esoterico. Studi iniziatici e misticismo messianico nel regime hitleriano (Castelvecchi, 2002).


Serrano, lei è stato ambasciatore del Cile e ha viaggiato in India dal 1953 al 1962. Come ha vissuto quel periodo?

È stata una grande esperienza basata su una vera ricerca mitologica e leggendaria del pensiero indiano. Per anni, frequentando ashram, vivendo con guru e saggi, ho cercato una possibilità di sintesi fra la tradizione occidentale, la mia ideologia nazionalsocialista e le più elevate concezioni di vita mistica dell’induismo e del buddismo. Lo scopo profondo era quello di entrare nel mondo parallelo del sapere esoterico. Come tutti i devoti, decisi così di affrontare il mio viaggio sul monte Kailash, dove risiedono gli dei Shiva e Parvati, portando avanti uno studio approfondito delle origini ancestrali della razza ariana, sulla base della tradizione esoterica della Germania degli anni Trenta.
Molte sono state le spedizioni in quei luoghi, alcune condotte dall’esploratore svedese, da sempre amico del popolo tedesco, Sven Hedin, che raggiunse la Cina e il deserto del Gobi, altre guidate da Ernst Schäfer, anch’egli in Cina, dal Panchem Lama, e in Tibet. Schäfer, morto di recente ad Amburgo, fu il primo uomo occidentale a parlare con il Dalai Lama di allora, nel 1939. Giovane etnologo appassionato di flora alpina, aveva studiato all’Università di Berlino, dove aderì con entusiasmo ai progetti di viaggio scientifici promossi dal governo tedesco del Terzo Reich. Si recò diverse volte in Cina, in India, in Nepal e infine in Himalaya.
Dall’India, Schäfer e altri quattro tedeschi, con i loro accompagnatori, raggiunsero, scalando le sacre montagne dell’Himalaya, la capitale Lhasa, dove risiedeva il Dalai Lama. Fu un viaggio pieno di difficoltà in un territorio completamente vergine dal punto di vista ambientale e sociale, ma ricca di quelle tradizioni magiche e religiose che tanto affascinavano i nazionalsocialisti. Quella di Schäfer fu infatti una delle spedizioni più significative della ricerca nazionalsocialista in Oriente. Egli riuscì a collezionare tutti i permessi della sezione con l’appoggio di Wolfram Sievers e di Himmler stesso. Il progetto tendeva ad effettuare accurate ricerche sulla flora e la fauna dell’Himalaya, ma in realtà mirava alla conoscenza religiosa ed esoterica delle dottrine mistiche orientali, nonché alla ricerca dei mitici luoghi di Agarthi e Shamballa: il Regno del Re del Mondo.

Mi dica, quale fu la vera relazione tra il nazionalsocialismo e la ripresa del mito di Agarthi e del Re del Mondo?

Hitler era letteralmente affascinato dall’aspetto romantico dell’esplorazione in questi luoghi mistici e sconosciuti, ma queste spedizioni erano comunque motivate dal fatto che i tedeschi cercavano percorsi nuovi e brevi per stabilire contatti in vista di una futura espansione verso Est. Il loro vero obiettivo era raggiungere l’India e via via arrivare in Cina, per creare un impero che rappresentasse l’espressione geografica e geopolitica del sincretismo di tutte quelle religioni orientali che avvicinavano l’ideologia dei nazional-socialisti. L’ombelico del mondo, nelle tradizioni orientali, è il monte Kailash, dove nasce il sacro Gange, ma anche il deserto del Gobi, dove risiede Budda e dove vivono diversi ordini di monaci tantrici, che ho conosciuto molto anni fa. Per alcuni, questi luoghi sono considerati le entrate al regno sotterraneo del Re del Mondo: l’Agarthi. Secondo René Guénon, la decadenza dell’èra in cui viviamo, il Kali Yuga, ha spinto gli dèi a rifugiarsi in un mondo sotterraneo per evitare di essere contaminati dal Male. Una esemplificazione di questo concetto è offerta dalle pratiche tantra dell’India, con cui i maghi Siddha tentarono di raggiungere l’unione psichica. Il tantrismo, dottrina nata agli inizi del Kali Yuga, permette di ottenere la liberazione dal Male attraverso l’acquisizione di doni sovrannaturali. Il rituale dei tantra è complesso e misterioso: l’iniziato doveva essere casto, mentre la donna era di solito una delle prostitute sacre dei templi. Perché il rituale giungesse al suo culmine, era necessario un lungo periodo di preparazione: l’uomo e la donna andavano insieme nella foresta, vivendo castamente. Soltanto dopo vari mesi di preparazione si celebrava la messa tantrica, dopo la quale veniva eseguita il maituna, o “coito mistico”. Questo atto rappresentava il culmine del lungo processo di sublimazione nel corso del quale la carne veniva trasformata e trasfigurata ed era un atto diretto ad accendere il fuoco mistico alla base della colonna vertebrale. Tutto questo patrimonio teorico delle pratiche tantra è stato descritto per esteso dall’italiano Julius Evola, secondo il quale tutto iniziò con la calata degli Iperborei, discendenti degli uomini-dio, dai Poli verso Sud. Qui, sotto la catena dell’Himalaya, fondarono Agarthi e Shamballa. La città di Shamballa è stata descritta anche dello scrittore Ferdynand Ossendowski in Uomini, bestie, dei.

Un grande conoscitore dell’Oriente, e suo amico, è stato Carl Gustav Jung…

Jung considerava Hitler un uomo molto particolare, uno sciamano, un mago, un uomo posseduto da quello che lui chiamava “inconscio collettivo ariano”, tipico della popolazione tedesca in particolare e di quella europea in generale. La sua teoria dell’inconscio ariano, scomparsa nel dopoguerra, è una concezione estremamente razzista. Strano che nessuno studioso se ne sia reso conto veramente. In particolare, ricordiamo il suo studio sul dio Wothan-Odin, il dio della guerra tedesco, studio che risale agli anni Trenta. Secondo Jung, quando la credenza nel dio Wothan scomparve, e nessuno pensò più a lui, il fenomeno chiamato originariamente “Wothan” rimase, mutò soltanto il nome, nascondendolo dietro quello del nazionalsocialismo, un movimento collettivo formato da milioni di individui, ciascuno dei quali rivelava chiari sintomi di wothanismo. Questo dimostra che in realtà l’archetipo Wothan non è morto, ma ha mantenuto la sua vitalità e autonomia originarie. Infatti, sempre secondo Jung, soltanto la nostra conoscenza immagina di aver perduto le sue divinità. In realtà, esse sono ancora lì ed è sufficiente una determinata condizione generale per ripristinarle in tutta la loro forza. Tale condizione corrisponde ad una particolare circostanza in cui è prossimo un nuovo orientamento. Se il caso non è compreso con chiarezza e non viene data nessuna risposta appropriata, l’archetipo che esprime questa situazione si estromette e suscita una reazione, secondo un esempio fin troppo noto. Nel caso specifico di un ritorno al wothanismo, avendo noi perduto in larga misura i nostri dèi, e poiché l’attuale condizione della nostra religione non offre una risposta efficace alla situazione del mondo in generale, e alla religione del comunismo in particolare, siamo in una situazione pericolosa, che è molto simile a quella della Germania pre-nazionalsocialista degli anni Venti, cioè corriamo il rischio di un ulteriore, e questa volta su scala mondiale, esperimento wothanico. Questo significa epidemia mentale e guerra. Quando un archetipo è avvertito inconsciamente, e non compreso consciamente, si è posseduti da esso, e spinti verso la sua meta fatale. Wothan, quindi, rappresenta e formula il nostro principio basilare di comportamento. Ma il fatto che una divinità arcaica formuli ed esprima la dominante del nostro atteggiamento, non può che spingerci a trovare una nuova posizione religiosa e a comprendere in modo rinnovato la nostra dipendenza da dominanti superiori. Mi chiedo come ciò sia possibile senza una rinnovata auto-comprensione dell’uomo, il quale deve inevitabilmente cominciare a vedersi come un essere sul quale agiscono determinanti forze archetipiche che non coincidono con la sua libera volontà, cioè con il suo arbitrario egoismo e con la sua limitata coscienza. Egli deve studiare con la massima cura l’altro lato del suo mondo psichico, che sembra essere il vero signore del suo fato. So che questo è soltanto un desiderio il cui esaudimento richiede secoli. Ci sono uomini che conservano la tradizione per le generazioni future, e ci sarà un tempo in cui la conoscenza interiore raggiungerà un livello più profondo e generale. Ma ha perso la guerra, e ha vinto Freud.

Carl Gustav Jung ha studiato per anni le tradizioni sacre di tutto il mondo, formulando un sistema simbolico delle analisi e delle sintesi che fu simile, in alcuni casi, a quelle del Terzo Reich. Per lei è stato quindi un “compagno di strada”, che poi si è allontanato. Ci vorrebbe più tempo per conoscere bene i riti occulti, che confluivano nel grande calderone che bruciava l’incenso del sacro, sotto le inquietanti e nere divise delle SS…

Vediamo come funziona, in pratica, il tantra dei Siddha. Questo fuoco inestinguibile è il prodotto dell’amore supremo, ma non ha nulla a che vedere con il comune atto sessuale, durante il quale qualcosa di fisico muore per produrre una nuova vita. Durante l’unione tantrica è operante lo spirito della morte, che produce una vita dello spirito. La donna è una sacerdotessa dell’amore magico, la cui funzione è quella di toccare e risvegliare i vari chakra dell’eroe, consentendogli in tal modo di ottenere sempre nuovi livelli di coscienza fino al raggiungimento della “totalità”. Alla fine, il piacere goduto non è quello della eiaculazione del seme, che è severamente proibito, ma il piacere della visione, dell’apertura del “terzo occhio”, che simboleggia la fusione degli opposti. L’uomo non eiacula il seme, ma impregna sé stesso. In tal modo, il processo di creazione viene rovesciato, poiché il risultato di questo amore proibito è l’androgino, l’uomo totale. Tutti i chakra, o “centri di coscienza”, ridestati nell’atto tantrico, non sono che un continuo incontro con il sé; una volta completato questo “rito d’amore senza amore”, infatti, l’uomo e la donna si separano come esseri completi e individuati. Sui muri del Tempio di Kajurago, in India, numerosi bassorilievi raffigurano questo rito e il fatto che in essi non vengano rappresentati bambini sta a significare proprio il carattere innaturale di questo amore. All’interno del Tempio, nel luogo più segreto, siede in meditazione Shiva, l’androgino, che gioisce con gli occhi chiusi del suo atto di creazione.
In India, il significato di questo amore proibito è espresso nella storia di Krishna, il dio azzurro tanto amato da Hesse, che danzava con le sue donne nei giardini della sua prima amante, in un mandala crescente fino al pieno raggiungimento del sé. Nei riti tantrici, infatti, il maituna non è sempre un atto fisico: l’importante è la presenza della “sorella mistica” con la quale intrattenere un gioco psichico, come tra paziente e analista, al fine di creare insieme in questo particolare processo di individuazione. Le nozze, o “unione finale”, hanno luogo nell’individuo isolato, il quale è così completamente solo da non avere di fatto alcuna sensazione del suo stesso corpo. Questa unione viene conseguita attraverso il kundalini, l’energia occulta definita da Carl Gustav Jung “corrente emozionale”, paragonabile al mercurio degli alchimisti o al fuoco astrale degli occultisti. Il kundalini risveglia i chakra, uno dopo l’altro, fino all’apertura del “terzo occhio”, o ajina chakra, per raggiungere il brahma chakra, o “vuotezza finale”. È uno sposalizio tra l’io e il sé, al quale si arriva attraverso l’unione dell’anima con l’animus. Mi rendo conto che Jung, con i suoi studi, ci ha consentito oggi di venire a conoscenza di quei misteri che sembrano possedere la forza di riportarci nella terra leggendaria del dio-uomo, ma ora dobbiamo attendere l’arrivo di un discepolo capace di svelare il suo messaggio e di interpretare il linguaggio che sottende la sua opera. Quel discepolo dovrà essere un sacerdote, un mago o un poeta. Solo così verrà alla luce la più profonda tradizione.

Ma, in pratica, in cosa consisteva il continuo riferimento dei nazional-socialisti ai principi della tradizione induista?

Il fine del nazionalsocialismo era quello della trasmutazione, lo scopo ultimo era il Sonnemensh, l’Uomo-Sole, l’uomo che trascendeva la parte umana e la parte fisica. E questo, credo, si può certamente ricollegare al fatto che le SS praticassero qualche forma di tantra.
Il cammino di iniziazione verso la trasformazione dell’uomo nuovo si può far risalire, come tradizione indiana (ripresa dai membri delle Ahnenerbe-SS), a quella del filosofo indiano Bal Gangadhar Tilak. Assieme a Gandhi, egli fu inizialmente un membro del Congresso Nazionale Indiano, dal quale poi si separò perché si riteneva più tradizionalista. Nel suo libro Le origini polari dei Veda dimostrò come tutta la tradizione indù discendesse da una civilizzazione del Polo Nord; per Tilak, i conquistatori dell’India non erano che gli antichi Iperborei. E proprio a questo facevano riferimento molte delle fonti di ricerca delle Ahnenerbe-SS. L’aspetto dei tantra si rifaceva alla tradizione induista del risveglio dei chakra e possedeva una parte sincretica che riguardava anche lo studio delle rune. E attraverso lo yoga delle rune si realizzava, presso le SS, la pratica della trasmutazione. Queste erano come dei chakra: attraverso la meditazione si risvegliava il kundalini, che, lentamente, saliva lungo la spina dorsale fino al chakra superiore, il saramastra, con l’obiettivo di creare l’Uomo-Sole, l’Essere Illuminato. Questo era lo scopo dei nazional-socialisti: trasmutare l’uomo in super-uomo. E lo raggiunsero, perché molti di loro divennero immortali.
Io sono convinto che c’è gente immortale a questo mondo: sono esseri immateriali e sono dovunque, anche qui, ora. Non è facile spiegarlo, ma molte cose che accadono sembrano fantascienza. Ed è importante: parliamo della morte, della “morte mistica” in particolare.
Nelle Externsteine esiste una tomba che non è riservata ai morti, ma ai vivi, in cui poter rinascere; ricordiamo, in fondo, che il termine ario vuol dire proprio “nato una seconda volta”. L’atto della cremazione è proprio della tradizione aria: dopo la morte, il corpo entra in contatto con lo spirito di una immaterialità eterica. La sepoltura, invece, è tradizione dei popoli non arii, quelli che aspettano la resurrezione del corpo, come in India, dove gli yogi non vengono cremati, ma mummificati. Secondo la dottrina taoista, invece, il saggio, quando muore, resuscita direttamente nella propria tomba. Si narra, infatti, che, aprendo un sepolcro taoista, al posto del cadavere si ritrova sempre una spada, simbolo della colonna vertebrale, chiaro riferimento all’Yggdrasill, lo stesso della tradizione germanica odinica ripresa dai nazionalsocialisti.


Di Marco Dolcetta

4 commenti

  • INTERVISTA MAGNIFICA! MIGUEL SERRANO È STATO UN GRANDE UOMO DI CULTURA E DI PROFONDA INTELLIGENZA..

  • Semplicemente… SUBLIME.

  • Michele Simola

    Miguel Serrano è stato uno dei più grandi scrittori e filosofi del XX°secolo, uomo di grande cultura e grande conoscitore dei miti di oriente e occidente, un poeta sublime, purtroppo poco conosciuto nel nostro paese. C’è molto da imparare dai suoi scritti, in essi riesce a coniugare complesse considerazioni politiche e filosofiche con un grande trasporto poetico. La sua visione politica è tutt’altro che folle o inverosimile: la sua è una visione mistica della politica e di una ideologia, un’ideologia si serve, non si usa per uno scopo personale, ma per il raggiungimento di un bene collettivo, inteso come Nazione.

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