Come la loggia ebraica B’nai B’rith ha fatto riconoscere Israele dagli USA

Nel 1993, l’editore e giornalista francese Emmanuel Ratier ricevette, per posta e in forma anonima, un lungo studio riguardante la loggia massonica ebraica B’nai B’rith, il quale venne poi pubblicato in Italia nel 1995 dal Centro Librario Sodalitium col titolo Misteri e segreti del B’nai B’rith. Il seguente scritto, concernente il riconoscimento dello Stato d’Israele da parte degli Stati Uniti, è quindi un estratto del suddetto libro, il quale merita senza dubbio un’attenta e profonda lettura, al fine di comprendere la storia e il mondo che ci circonda nella sua più intima essenza.


Vi è un fatto generalmente ignorato dagli storici: quando, nel maggio 1948, i responsabili delle organizzazioni ebraiche decisero unilateralmente di proclamare l’indipendenza d’Israele, fu il B’nai B’rith che provocò il riconoscimento de facto dello Stato d’Israele da parte del Presidente americano Harry S. Truman – riconoscimento che portò con sé quello degli altri paesi. Qualche mese prima le Nazioni Unite avevano deciso la spartizione della Palestina tra ebrei ed arabi, approfittando del consenso americano-sovietico, miracoloso in tempi di guerra fredda. Ma la diplomazia americana diffidava dagli eccessi e dalle distorsioni che rischiavano di venire dal futuro Stato, specialmente da parte di milizie e gruppi dell’estrema destra sionista. Le Nazioni Unite aggiustarono dunque il tiro, prospettando una più tardiva indipendenza degli ebrei di Palestina. Dal momento che Israele sembrava avere delle buone relazioni con l’Unione Sovietica (l’URSS sarà il primo Stato del mondo a riconoscere Israele) furono inviate alla Casa Bianca 300.000 cartoline per far pressione su Harry Truman, che era ostile ad un riconoscimento affrettato. Truman fu accusato di tradimento dai responsabili sionisti. Il Presidente americano fu informato in anticipo della futura indipendenza e, pur essendo conosciuto come «un amico sicuro della causa sionista e uno il cui peso personale aveva permesso di aggirare la lobby filo-araba del Dipartimento di Stato», si chiuse alla Casa Bianca con i suoi più fidati consiglieri. Tutti i leader sionisti trovarono le porte sbarrate, compreso Chaim Weizmann, fratello e presidente del Congresso Sionista Mondiale, che era giunto in USA apposta, anche se ammalato. Tutti tranne Frank Goldman, presidente del B’nai B’rith. Tuttavia, egli non poté far cedere il presidente, che era sottoposto ad attacchi personali e a una campagna di pressioni.

I sionisti cercarono allora un mezzo per forzare la porta della Casa Bianca per piegare Truman e costringerlo a una virata di 180 gradi. Goldman sapeva che uno dei più vecchi e migliori amici di Truman, forse il più intimo, era un certo Eddie (Edward) Jacobson di Kansas City. Questi era stato addetto allo spaccio della stessa unità di artiglieria del Presidente, durante la Prima guerra mondiale, prima di associarsi nel dopoguerra in una merceria della sua città. Truman, nelle sue Memorie, lo definisce «grande e insostituibile amico». Secondo gli archivi presidenziali, Jacobson doveva essere ricevuto ventiquattro volte alla Casa Bianca e la sua vedova fu una delle rarissime persone abilitate ad assistere alla fine del servizio funebre di Truman il 28 dicembre 1972. Goldman telefonò allora all’ex presidente del II° Distretto, A. J. Granoff, un avvocato di fama che era anche consigliere di Jacobson, che, a sua volta, apparteneva al B’nai B’rith (Loggia 184 di Kansas City)… Sebbene non fosse sionista, Jacobson mandò un primo telegramma al suo amico Truman domandandogli di ricevere Weizmann. Dato che il telegramma non sortì nessun effetto, Jacobson prese un appuntamento alla Casa Bianca. Al telefono, Truman lo prevenne che sarebbe stato felice di vederlo, ma che doveva promettergli di non parlare della situazione del Medio Oriente. Jacobson promise e partì per Washington. Prima di entrare nello studio ovale, fu di nuovo ammonito da un consigliere del Presidente a non parlare della questione israeliana.

L’incontro merita di essere narrato, poiché sarebbe incredibile se esso non si trovasse nelle Memorie del Presidente Truman: «Grandi lacrime scorrevano sulle sue guance, gli diedi un’occhiata e gli dissi: “Eddie, sei un figlio di puttana! Mi hai promesso di non parlare di quello che capita in questo momento. Egli allora rispose: “Signor Presidente, non ho detto una parola, ma ogni volta che penso agli ebrei senza focolare, privati della patria da migliaia di anni, e quando penso al Dr. Weizmann mi metto a piangere. È un uomo vecchio ed ha passato la vita a lottare per ottenere una terra per gli ebrei. È ammalato, si trova a New York, ti vuole vedere, e ogni volta che penso a lui non posso impedirmi di piangere”. Io gli dissi: “Eddie, basta. È la mia ultima parola”. Discutemmo del più e del meno, ma, di tanto in tanto, una grossa lacrima scendeva sulla sua guancia. Ad un certo momento mi chiese cosa pensassi di Andy Jackson e si rimise a piangere. Mi disse che non doveva piangere, ma che di nuovo aveva pensato a Weizmann. Gli dissi: “Eddie, sei un figlio di puttana! Avrei dovuto buttarti fuori per aver infranto la tua promessa. Sapevi benissimo che non avrei sopportato vederti piangere. A questo abbozzò un sorriso, smise di piangere e disse: Grazie, Signor Presidente”. Poi se ne andò».

Fu così che Weizmann fu ricevuto in segreto da Truman e gli fece cambiare completamente opinione, ottenendo in tal modo la decisione di riconoscere Israele. Il 15 maggio 1948, dieci minuti dopo l’annuncio dell’indipendenza dello Stato di Israele, Truman domandò ai rappresentanti americani alle Nazioni Unite di riconoscere de facto il nuovo Stato, portando con sé il riconoscimento di numerosi altri Stati del mondo. Il Fratello Jacobson non accompagnò il Fratello Weizmann, il quale aveva chiaramente spiegato che essi avrebbero potuto ancora ricorrere a lui in caso di necessità. «Lei ha un lavoro da fare, tenere aperte le porte della Casa Bianca». In seguito, Jacobson, ricordando il suo storico incontro, non esitò a descrivere le sue impressioni in questi termini: «Mi resi all’improvviso conto che cominciavo a pensare che il mio migliore amico, il Presidente degli Stati Uniti, era in quel momento quanto di più vicino a un antisemita vi possa essere». Nelle settimane seguenti, Jacobson continuò le sue pressioni, trasmettendo i desiderata di Weizmann.

Il 22 giugno 1948, le relazioni diplomatiche erano di fatto stabilite. Jacobson fu nuovamente usato dal B’nai B’rith, come previsto da Weizmann, in particolare nel settembre dello stesso anno, quando ci fu bisogno di negoziare importanti aiuti finanziari americani al giovane Stato ebraico. Nel 1950, in segno di riconoscenza, Jacobson ricevette una citazione speciale del B’nai B’rith nel corso della convention triennale della Suprema Loggia. Inoltre, quando il 31 maggio 1949, Truman firmò i documenti ufficiali di riconoscimento dello Stato d’Israele, i soli osservatori non appartenenti al governo degli Stati Uniti furono tre dirigenti del B’nai B’rith (Eddie Jacobson, Maurice Bisgyr e Frank Goldman). Truman donò loro la stilografica servita a firmare i documenti, domandando loro il silenzio (che fu mantenuto per circa vent’anni).

Questa è la ragione per cui il Fratello Chaim Weizman, divenuto il primo Presidente d’Israele, accordò al B’nai B’rith il primo premio del Presidente. Nel 1949, il primo ambasciatore d’Israele in Gran Bretagna, H. Eliahu Elath, doveva dichiarare a questo proposito: «Israele non dimenticherà mai l’assistenza e l’aiuto ricevuti dal B’nai B’rith sia nella lotta per il riconoscimento della nazione che nella battaglia per la sua sopravvivenza, come pure per l’attuale combattimento per il progresso e per il benessere di tutti gli ebrei che attendono di varcare le sue frontiere».

Nel 1949, Weizmann fece adottare il simbolo dell’Ordine, la ménorah, come emblema dello Stato d’Israele.


di Emmanuel Ratier

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