«Il fascismo è amore». La mistica fascista vista da un intellettuale cattolico

Fra gli scritti di Piero Misciattelli presenti nella raccolta Fascisti e cattolici, pubblicata a Milano nel 1924 (Casa Editrice Imperia), spicca per originalità e stranezza l’articolo La mistica del fascismo (pp. 13-21), pubblicato un anno prima sul Giornale di Roma, nel quale l’autore, non rinnegando le proprie radici cristiane, delinea la sua originale e inedita interpretazione della dottrina di mistica fascista, anticipando di sette anni la creazione della Scuola di Mistica Fascista “Sandro Italico Mussolini”, fondata a Milano da Niccolò Giani nel 1930. La Redazione di Ardire ha quindi scelto di pubblicare l’intero scritto di Piero Misciattelli in forma integrale, al fine di fare luce su una dottrina, quella della mistica fascista, ancora poco conosciuta e non del tutto compresa.


Il Fascismo non è stato ancora studiato come fenomeno storico religioso di questa nostra razza mirabile che ha dato al mondo i più grandi mistici costruttori di anime.

Gioverà notare e fissare alcuni aspetti e valori mistici del movimento che ha rinnovato l’Italia. Il Fascismo è apparso in un’ora torbida di viltà materialistica, caratterizzata dal fermento bolscevico leninista, cioè da un fenomeno insurrezionale d’importazione straniera, diffuso nelle masse all’indomani della guerra e della vittoria grazie alla degenerazione suprema del pensiero e della volontà del Partito democratico liberale dominante allora in Italia.

Tipica, a tal riguardo, è l’incomprensione assoluta di certi liberali e democratici difronte all’importanza storica della Rivoluzione fascista. Uno di costoro e dei più autorevoli, Piero Gobetti, ad esempio, ha voluto spiegare, nella sua rivista La Rivoluzione liberale, come «il Fascismo rappresenti un fenomeno di parassitismo piccolo-borghese, connesso con una crisi di disoccupazione».

Ricordo questo giudizio, fra cento, come indice di una tendenza di valutazione del Fascismo abbastanza diffusa in certi circoli liberali, e perché ci dà la misura esatta della miseria intellettuale del partito che era al Governo quando fu compiuta la Marcia su Roma, e perché spiega infine l’incapacità del liberalismo arteriosclerotico a comprendere non solo gli spiriti, ma la portata storica della Rivoluzione fascista, considerata quasi un fenomeno transitorio, connesso ad un fattarello economico-sociale.

Il movimento fascista fu caratterizzato, nelle sue origini, da un’impetuosa sollevazione d’anime giovani, ardenti, che andò gradatamente polarizzandosi in potenza ed in violenza di sentimenti e di azioni intorno alla volontà ricca di appassionata fede di un uomo, di un condottiero: Benito Mussolini.

Dal punto di vista storico-religioso, è importante osservare come Mussolini sia un convertito; cioè, per usare la definizione di William James, un uomo «nato per la seconda volta», come furono sempre i grandi mistici. La crisi della sua conversione dalla fede socialista alla fede nazionale culminò nella durissima esperienza della guerra da lui accettata, misticamente compresa, poi sofferta nel fango delle trincee, nella comunione diuturna con l’umile fante ignoto ed eroico.

Il figlio del popolo che era stato, durante la prima giovinezza, un agitatore delle masse abbagliate dal sole dell’avvenire, e, in buona fede, un ribelle all’ordine costituito, un capo nelle agitazioni della lotta di classe, comprese allora appieno il valore del sacrificio supremo offerto da uomini umili e grandi, poveri e ricchi, affratellati e combattenti insieme per la salvezza e la grandezza della Patria; sentì la forza infrangibile del nodo che lega per la vita e per la morte i nati della stessa terra. Questo fatto, che può considerarsi una vera e propria esperienza mistica, dovette, io penso, determinare nella mente e nel cuore di Mussolini il definitivo e radicale capovolgimento dei valori ideologici e spirituali che, alla vigilia della guerra, egli aveva già presentito nel fondo della sua coscienza.

Benito Mussolini vide la superiore bellezza dei valori religiosi nazionali di un popolo in armi, confrontandoli alla povertà dei sentimenti egoistici, puramente classisti, dell’anteguerra. Da qui nacque la sua nuova fede, la quale divenne in lui sostanza di grandi cose sperate per l’Italia, cui avvivò l’amore. Al suo grido di fede rispose tutta la migliore gioventù italica.

La campagna fascista del dopoguerra ha i caratteri di una vera e propria lotta religiosa, combattuta contro gli eretici negatori della Patria. Mussolini, come dice Dante di San Domenico, fu colui che «negli sterpi eretici percosse».

La fede, l’amore puro e forte per un’idea, si esprime sempre con violenza. I giovani fascisti perseguitarono con fierezza gli eretici… Incendiarono le camere del lavoro e, sull’esempio dei mistici seguaci del Savonarola, nella Firenze pagana del Rinascimento, fecero bruciamenti di vanità, cioè di opuscoli, giornali e manifesti sovversivi. Liberali democratici e moderati d’ogni colore guardavano stupiti e scandalizzati. Osservano costoro che i metodi violenti sono da condannarsi, giacché le lotte civili debbono svolgersi serenamente nel campo delle idee, cioè restringersi a innocue violenze verbali. Questa convinzione nasce dall’altra convinzione squisitamente democratica che tutte le fedi si equivalgono e debbono perciò essere rispettate. Quando il comunista sputa sul tricolore o bestemmia il Dio dei suoi padri, lo si può sicuramente rimproverare; ma rimane sempre agli occhi del perfetto democratico una persona rispettabile, soprattutto se può farsi chiamare col titolo parlamentare di Onorevole; e il collega non esita, nel tempio di tutte le libertà, di andargli a stringere la mano.

Questa è la tipica mentalità borghese, moderata e scettica della vecchia Italia nata dalla sconfitta di Adua, cui si oppone recisamente la giovane Italia nata a Vittorio Veneto.

La coscienza fascista ha una fede, e vivissima: crede nell’Italia.

«Anche noi ci crediamo», gridano ai fascisti i loro oppositori. E quelli rispondono: «La fede si dimostra con le opere, non con le parole. Le vostre opere sono i loschi intrighi parlamentari che hanno consentito l’amnistia ai disertori e che hanno trascinato il paese sull’orlo dell’abisso, dopo la vittoria».

I fascisti hanno ragione di scomunicare gli eretici della Patria, come la Chiesa ebbe sempre ragione quando scacciò dalla comunione dei veri credenti gli eretici della sua fede, mentre, anche questi, pretendevano di possederla. Così il Cristo, che taluni si raffigurano tutto mansueto e quasi in veste di un liberale, si armò un giorno di aspri flagelli per discacciare dal Tempio di Dio i barattieri e i profanatori.

In ogni movimento mistico è racchiusa una sublime violenza. Misticismo è passione. Senza passione non è bene, diceva Sant’Agostino.

I fini etici del Fascismo corrispondono ai fini etici della Chiesa Cattolica. Non voglio dire che tutti i fascisti siano degni di rappresentarlo, ma lo spirito intimo del movimento s’ispira a nobilissime idealità non solo patriottiche, ma etiche.

L’intimo spirito religioso del movimento fascista deve ricercarsi, anzitutto, nella sua azione: nel senso profondo di sacrificio, di disciplina imposta e accettata dai suoi migliori seguaci. Chi voglia intenderlo a pieno deve ricercarlo nei discorsi del Duce: vibra nell’accento umile, forte e appassionato delle sue parole dette sulle piazze al popolo.

Ciò che vi colpisce in esse è l’assenza della retorica vacua e tronfia, ove si nasconde sempre la menzogna democratica. Ciò che vi afferra è la nuda e potente sincerità della fede vissuta. Questo, e non altro, è il segreto fascinatore dei mistici. Il vasto consenso popolare ad un uomo che rifugge dai lenocini dei demagoghi, che alle plebi dice amare verità e parla di sacrificio e inculca la necessità del lavoro e dell’ordine, non si spiega se non con la potenza derivante dall’onestà di una fede invincibile che non splendeva più sull’Italia dall’aurora del Risorgimento.

L’aver bandito dal Fascismo la libera muratoria, l’aver rimesso il crocefisso nelle scuole, l’aver disposto nelle classi primarie l’insegnamento religioso, sono indici chiarissimi della spiritualità fascista, ma potrebbero, nondimeno – come osservano malignamente taluni popolari pseudocattolici – interpretarsi quali atti governativi determinati da motivi di opportunità politica.

Chi è abituato a penetrare l’essenza dei fenomeni religiosi non darà certo a questi fatti esteriori una soverchia importanza. Importante, invece, è sentire e misurare le vibrazioni delle anime giovanili quando vi comunicano le loro verità di fede, le ansie, i timori, le speranze che fanno pronte a qualsiasi cimento e sacrificio. Mi piace, a questo proposito, riferire da un volumetto di Giuseppe Bottai, Il Fascismo e l’Italia nuova, queste parole rivelatrici di uno stato d’animo:

Il Fascismo deve essere qualcosa di più che un metodo di governo: deve essere un metodo di vita… deve essere il ritmo di una nuova ansia, il sigillo di una nuova grandezza e l’armonia di una nuova bellezza; quindi scavare fino a trovare il filone vivo ed energico della nostra tradizione, in quella che è la vita diffusa e molteplice del nostro Paese, in quella che è la sostanza medesima dell’umanità italiana.

Se noi scaviamo nelle viscere di questa terra, dove riposano tutti i nostri morti sotto il segno della Croce, e ridestiamo i morti umili e grandi, sublimi e oscuri, essi ci diranno, con una sola voce, di quali verità è consustanziata la razza italica: fede in Dio, nella Patria, nella Famiglia, nel Lavoro. Il movimento socialista moderno, ispirandosi al verbo di apostoli anarchici d’oltralpe, ha negato Dio, la Patria, la Famiglia, la disciplina del lavoro. Di qui la sua antitesi con il nuovo movimento nazionale, senza possibilità di accordo.

Questo Si e questo No sono del tutto inconciliabili.

I liberali cercano di instaurare la sovranità grigia del Ni, ma il Ni, che non è No e che non è Si, si risolve in una menzogna. Perciò coloro che credono possibili conciliazioni fra lo spirito della Nazione e lo spirito dell’Antinazione, fra la verità e l’errore, sono degli stolti.

Carattere precipuo di un movimento mistico è la passione della verità e della sincerità.

Gli avversari del Fascismo vorrebbero rappresentarlo quasi una cupa tirannide, quasi una potenza d’odio. Ciò è falso.

Il Fascismo è amore. La parola stessa lo dice: esso cerca di riunire, di affratellare le anime, e non di separarle. Ma le riunisce come le verghe si stringono intorno alla scure romana, che è simbolo di giustizia inflessibile.

La Giustizia è la madre dell’amore inteso classicamente e romanamente, in opposizione alle nefaste deviazioni romantiche e libertarie di questo sentimento.

Il Fascismo è dunque una forma di misticismo cattolico, da non confondersi con certe forme di misticismo spurio condannate dalla Chiesa di Roma, la quale, per citare un esempio storico e d’ordine politico-religioso, si mostrò inesorabile nel secolo XIV verso la setta dei seguaci del Libero Spirito.

Il Fascismo non è un partito chiuso politicamente, ma religiosamente. Esso non può accettare che gli uomini i quali credono nelle sue verità di fede. Perciò è disposto a discutere sui problemi che interessano la vita nazionale, sotto larghi e diversi punti di vista, ma non discute sopra i suoi postulati nazionali. Come la Chiesa ha i suoi dogmi religiosi, così il Fascismo ha i suoi dogmi di fede nazionale. Ciò costituisce la sua forza e la sua originalità politica. E siccome l’Italia è cattolica, il Fascismo, necessariamente, è cattolico e ossequente a tutti i valori spirituali e sociali del Cattolicesimo.

Ciò non possono vedere e tantomeno riconoscere gli uomini del Partito popolare, che pur pretendono di essere i genuini rappresentanti del sentimento cattolico in Italia. Costoro partono da presupposti dottrinari derivati dalla fonte inquinata della socialdemocrazia e che, per ciò stesso, contrastano con gli insegnamenti della Chiesa.

Il fenomeno migliolista bolscevizzante sorto in seno al Partito popolare, determinandovi la cosiddetta crisi fra Destri e Sinistri, non sarebbe stato possibile, o avrebbe provocato una rapida espulsione degli eretici socialistoidi, se i popolari fossero stati veramente dei cattolici saldi sul terreno fermo delle loro dottrine.

Giacché ciò che non è apparso chiaro fin qui a tanti cattolici (oggi solo assistiamo ad un risveglio vasto delle loro coscienze) è che il principio della lotta di classe non coinvolge il programma popolare, ma la coscienza cattolica. Non si può parlare, in questo caso, di una Destra e di una Sinistra parlamentare, ma di una deviazione religiosa di menti annebbiate o pervertite.

Il Fascismo, il quale non sorse come partito politico, ma come un movimento d’anime sospinte da pure forze ideali, si è incontrato naturalmente con l’anima cattolica italiana, da cui fatalmente deviò il popolarismo.


di Piero Misciattelli

6 commenti

  • Da brividi… Non conoscevo Misciattelli. Sapete se ha aderito alla Scuola di Mistica di Giani?

  • Fascism Love :=)

  • Scritto davvero interessante, benché non tutto condivisibile. Fa impressione il fatto che già nel 1923 vi erano fascisti cattolici orientati verso la mistica mussoliniana, che ufficialmente nasce molto dopo… Il valore di questo documento, alla luce dei nuovi studi storici, è inestimabile…

  • BOMBAAAAAAAAAAA

  • Una vera perla per gli appassionati di mistica fascista.

  • Uno scritto quasi surreale, che richiama alla memoria quella corrente cattolica di intellettuali che durante il Ventennio aderirono al fascismo, ma pur conservando le proprie aspirazioni cristiane. 5 stelle!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *