«Meglio che Mussolini muoia alla svelta». I propositi segreti di Roosevelt e Churchill

Secondo alcuni documenti pubblicati negli Stati Uniti nel 1995, ma fino ad oggi ignorati dalla storiografia ufficiale, la morte di Benito Mussolini fu in realtà decisa dal Presidente americano, Theodor Roosevelt, e dal Primo Ministro del Regno Unito, Winston Churchill, durante una conversazione radiotelefonica privata risalente al 29 luglio 1943.

«I chiarissimi obiettivi [di uccidere Mussolini] stabiliti fin dal 29 luglio 1943 sono la prova certa della volontà di Roosevelt e Churchill», ha dichiarato Francesco D’Auria, ex collaboratore di Giorgio Pisanò. «Certo, i sicari furono senza alcun dubbio i partigiani italiani, per la riluttanza degli anglosassoni a sporcarsi le mani e a compiere quello che loro definiscono il dirty job. Del resto, non vi sono dubbi che gli ordini, l’organizzazione, la direzione e la supervisione delle bande di irregolari provenivano dall’Office of Strategic Services (OSS, oggi CIA), cioè i servizi segreti americani, così come non v’è dubbio che la determinazione di uccidere Mussolini risale a quelle decisioni prese da Churchill e Roosevelt fin dal 29 luglio 1943».

A conferma di ciò, si riporta di seguito il testo della conversazione radiotelefonica fra Theodor Roosevelt e Winston Churchill di quel 29 luglio 1941:


Roosevelt: Ho alcuni pensieri supplementari sulla situazione italiana che volevo discutere con te. Ho pensato alle nostre azioni concernenti Mussolini e il suo destino finale, dopo che egli si sia arreso a noi.

Churchill: Tu devi catturare il pesce prima di cucinarlo. Non ho alcun dubbio sul fatto che [Mussolini] finirà nostro prigioniero, a meno che, naturalmente, essi [gli italiani] lo uccidano o egli si sottragga alla sua giusta ricompensa suicidandosi.

Roosevelt: C’è anche la possibilità che i nazisti possano giungere a lui? Dov’è adesso?

Churchill: Gli italiani ci hanno rivelato che lui è attualmente al quartier generale della polizia a Roma. Essi lo vogliono trasferire perché sembra che i tedeschi potrebbero improvvisamente decidere di rafforzare i loro effetti in Italia e Roma diventerebbe il loro bersaglio logico. Essi [gli italiani] lo sposteranno.

Roosevelt: Ma essi non lo vorranno mollare? E mi riferisco ai tedeschi… Per quale genere di quid pro quo?

Churchill: Io penso di no. Gli italiani odiano i tedeschi e il circolo reale è saldamente nella nostra tasca. Noi possiamo essere ragionevolmente certi che Mussolini finirà nostro prigioniero.

Roosevelt: Sarebbe una mossa saggia, Winston? Saremmo costretti a istituire una specie di mega-processo che si potrebbe trascinare per mesi e, anche se lo controllassimo, ci arrecherebbe problemi con il popolo. E io devo ammettere che molti italiani qui [negli Stati Uniti] sono suoi segreti ammiratori. Il che porterebbe problemi qui, se noi lo processassimo. L’esito del processo, naturalmente, non sarebbe mai in dubbio ed egli morirebbe appeso ad una corda. Ma nel frattempo questo processo potrebbe trascinarsi all’infinito. Io posso prevedere vari aspetti negativi per questo affare.

Churchill: Naturalmente ci sono aspetti negativi in ogni affare, Franklin. Allora, ritieni che egli [Mussolini] non si debba processare? Cosa penserebbero i nostri amici in Italia della nostra mal posta generosità? Io ho ottime relazioni con certi elementi in Italia e quanto all’uomo, essi [gli italiani] vogliono l’umiliazione pubblica e la morte di Mussolini. Sicuramente noi non siamo in un momento in cui qualche generosità è possibile. La sua morte avrebbe un effetto salutare sui nazisti.

Roosevelt: Io non dissento da questa tesi, ma, dal mio punto di vista, un processo pubblico potrebbe avere connotazioni negative sulla situazione in questo paese. Come ti ho detto, c’è qualche solidarietà con la “creatura” [Mussolini] all’interno della comunità italiana [negli USA] e la domanda sarebbe: che tipo di reazione avrebbe un tale processo su di essi? Io sto pensando essenzialmente alle prossime elezioni qui. Il processo certamente non finirebbe in una settimana, e la chiusura coinciderebbe col periodo della presentazione delle candidature e, alla fine, con le elezioni, e il maggior pericolo sarebbe l’alienazione [delle simpatie] degli italiani, che hanno, io sento, un certo significativo peso nella bilancia [dei voti].

Churchill: Non posso accettare il fatto che liberare Mussolini possa favorire qualcuno dei nostri comuni scopi. A questo punto della storia, io credo che sia stato oltrepassato lo spartiacque ed è giunto per noi il momento, adesso. Non ritengo che la guerra finirà subito, ma la percezione è che noi siamo ora sulla via Triumphalis, non sulla via Dolorosa dove siamo stati per così tanto tempo.

Roosevelt: Io non volevo dire che dovremmo rilasciare il “diavolo”. Niente affatto. Mi riferivo al processo pubblico. Se Mussolini morisse prima che un processo potesse aver luogo, penso che noi staremmo meglio in tutti i sensi.

Churchill: Tu suggerisci che dobbiamo semplicemente fucilarlo quando gli italiani ce lo consegneranno? Quale tipo di Corte Marziale per quest’affare? Celebrato a porte chiuse naturalmente. Potrebbe avere un effetto salutare sui fascisti duri a morire ancora attivi e forse perfino un effetto più grande sugli hitleriani.

Roosevelt: No. Ho pensato in proposito e credo che se Mussolini morisse mentre è ancora agli arresti in Italia, ciò potrebbe servirci molto di più che se noi avessimo un processo.

Churchill: Non credo che anche se io chiedessi un simile favore agli italiani essi lo asseconderebbero. È mia convinzione che essi vogliano avere la loro vendetta su di lui in un modo prolungato e pubblico, per quanto è possibile. Tu sai quanto gli italiani amino urlare e cantare intorno alla vendetta nelle loro opere… Puoi immaginarti loro rinunciare all’opportunità di gesticolare e parlare in pubblico?

Roosevelt: Io avevo in mente che, dopo che noi stessi troveremo un accordo qui, potremmo farlo eliminare mentre è ancora loro prigioniero. Allo stesso tempo, potremmo fare pubbliche richieste per la sua consegna per un processo. Ciò sarebbe un po’ più facile rispetto all’affare Darlan…


Per concludere, è necessario riportare ancora un’affermazione di Francesco d’Auria, che ha preso molto seriamente i documenti sopracitati riguardanti la conversazione fra Roosevelt e Churchill, asserendo: «Così, per telefono, tre giorni dopo il suo arresto avvenuto il 25 luglio 1943, si eseguì il processo di Mussolini con la sentenza di morte. C’è da restare perplessi e a disagio a pensare che Churchill, quella stessa persona, stimata in tutto il mondo, che esprimeva i nobili pensieri sopraesposti, potesse contemporaneamente discutere banalmente su come conveniva meglio assassinare un Capo di Governo in disgrazia, se tale assassinio dovesse essere eseguito prima o dopo un processo e se fosse utile mandare un telegramma di “copertura” per uscirne puliti e innocenti pur con le mani grondanti sangue. È probabile che Churchill avesse ingannevolmente assicurato Mussolini di un intervento che non arrivò mai. Invece, gli emissari arrivarono di certo (lo prova la testimonianza della signora Mazzola resa a Pisanò), ma solo per certificare e documentare l’esecuzione dell’avvenuta uccisione da parte di italiani. Così fu compiuto il volere di Roosevelt: far uccidere Mussolini prigioniero e, allo stesso tempo, chiederne una tardiva estradizione per sviare i sospetti… Nel suo colloquio telefonico, Roosevelt non specifica come e da chi farlo ammazzare, ma fa solo un allusione al caso Darlan, ucciso proditoriamente da un sicario manipolato, che poi, eseguito il misfatto, fu velocemente giustiziato nel giro di ventiquattr’ore, così eliminando ogni possibilità di testimoniare. Per Mussolini furono eliminati alcuni testimoni, dissidenti, con minaccia di terrore e morte per chi avesse parlato. Minaccia efficace, tanto che dopo settant’anni permangono troppi misteri».


Di Sergio De Rensis

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