Vaccini anti-Covid e nanotecnologia. Tutto ciò che il governo non ti dice

Dal controverso studio spagnolo agli esperimenti di “controllo del comportamento”, dalle profezie del dottor Gilbert alle aspirazioni “schiaviste” del monaco Jörg Lanz von Liebenfels: tutta la verità che la nuova élite capitalistico-sanitaria non vuole che tu sappia.

Da ormai un anno, il dibattito sui vaccini anti Covid-19 pervade le cronache dei giornali e dei parlamenti di tutto il mondo, creando una pericolosa dualità politica e ideologica che confonde e distorce le idee, diffondendo caos e incertezza fra tutte le classi sociali. Pertanto, sulla scia dell’intervista al dottor Serafino Pagliari di poco tempo fa, abbiamo deciso di ampliare la ricerca e tentare di predisporre, senza alcun timore, un’analisi ancora più vasta ed esaustiva, priva di pregiudizi o risentimenti ideologici, in grado di fare luce sulla vera essenza di questi vaccini.

Sono ancora in molti, infatti, che, in seguito alla controversa interrogazione parlamentare del 14 settembre 2021 dell’onorevole Sara Cunial, si continuano a chiedere: il vaccino anti Covid-19 contiene davvero nanotecnologia, come l’ossido di grafene o il polietilenglicole (PEG)? Ma, soprattutto, questa nanotecnologia è pericolosa per la salute? Cosa si nasconde dietro alla vaccinazione di massa, così ostentata dai media e dai giornali di tutto il mondo?


Il PEG

Partiamo dal polietilenglicole. Al di là delle ipotesi di complotto, sempre più diffuse sui social, è possibile affermare con certezza che il PEG è contenuto sia nei vaccini Pfizer che nei vaccini Moderna. Al riguardo, il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto “Mario Negri” di Milano, intervistato dal Corriere ha dichiarato: «Nei vaccini Pfizer e Moderna, il PEG è presente sulla superficie esterna delle nanoparticelle che contengono l’mRna della proteina spike. In virtù delle sue proprietà fisiche, il PEG impedisce l’agglomerazione delle nanoparticelle, rendendole più assorbibili dalle cellule e migliorandone quindi l’efficacia. Il PEG è generalmente considerato a bassa tossicità e biologicamente inerte, per questa ragione viene comunemente usato da anni come eccipiente in molti farmaci, cosmetici ed alimenti».

Dunque, Remuzzi (considerato uno dei più grandi ricercatori italiani) non solo conferma la presenza del PEG nei vaccini, ma dichiara anche che esso è «a bassa tossicità» e «biologicamente inerte». Ma è davvero così?

Secondo una delle principali agenzie di stampa italiane, l’AGI, che riporta uno studio della rivista Science, «le nanoparticelle di PEG [contenute nei vaccini anti Covid-19] causano reazioni allergiche». Dello stesso parere è la nota rivista Wired, definita «la Bibbia di internet», che, rifacendosi a varie ipotesi già al vaglio del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) e della Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti, ha dichiarato: «Fino a non molto tempo fa il PEG era considerato una sostanza inerte, cioè che non reagisce con i sistemi biologici. Negli ultimi anni, però, gli scienziati hanno constatato che l’organismo umano produce anticorpi contro di esso». Pertanto, sarebbe proprio questo “sovreccitamento” del sistema immunitario causato dal PEG a provocare problemi all’organismo (come l’anafilassi).

La rivista Wired conclude dichiarando che «è meglio non vaccinare chi ha avuto in passato una reazione grave a un altro vaccino o a un altro farmaco iniettabile, e trattenere in osservazione per circa mezz’ora dopo la somministrazione chi potrebbe sviluppare una reazione anafilattica, così da poter intervenire subito qualora si presentasse».


L’ossido di grafene

Per quanto riguarda invece l’ossido di grafene, la questione è un po’ più complicata. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) nega fermamente l’ipotesi secondo la quale i vaccini contengano grafene e, secondo la maggior parte dei rappresentati della scienza, non esistono prove scientifiche evidenti in grado di comprovare la presenza di grafene nei vaccini. Tuttavia, c’è da dire una cosa: l’utilizzo dell’ossido di grafene in medicina non rappresenta un’ipotesi di complotto o una fake news, ma una concreta realtà. Vi sono infatti mascherine e tessuti anti Covid-19 a base di grafene, oltre a un vaccino spray e addirittura un brevetto di vaccino ricombinante nano coronavirus che assume l’ossido di grafene come vettore. Ma, come ha spiegato su Focus il giornalista scientifico Davide Lizzani, l’utilizzo dell’ossido di grafene non coinvolge solamente la medicina, bensì molti altri settori.

«Come tutti i materiali, anche il grafene ha diversi utilizzi», ha dichiarato Lizzani. «Nella vita di tutti i giorni possiamo averlo già incrociato dentro racchette, caschi, scarpe… Ma grazie alle sue proprietà uniche (e ancora in buona parte da scoprire) può adattarsi ai ruoli più diversi. Grazie alla possibilità di creare “buchi” nella sua struttura, può diventare un depuratore d’acqua o un filtro per l’aria. Oppure una parete molecolare che imita la membrana delle cellule […]. La sua conduttività elettrica (è meglio del rame) lo può rendere una minuscola lampadina o una retina bionica, ma soprattutto stravolgerà il mondo dell’informatica con circuiti stampati. Inoltre, applicato ai microfoni dinamici, ne amplifica di trentadue volte la sensibilità. Utilizzando fogli di grafene, sono state realizzate costruzioni spugnose in 3D dieci volte più dure dell’acciaio e decisamente più leggere. Ed è proprio per questo connubio fra resistenza e leggerezza che il grafene è stato indicato come possibile materiale per fabbricare vele solari per futuribili navi spaziali destinate alle lunghe percorrenze».

La stessa Unione Europea (UE), stando ad un articolo apparso su Byoblu, ha definito il grafene «il materiale delle meraviglie del XXI secolo, destinato a diventare quello che la plastica è stata nel XX secolo», mentre il fisico nucleare Valerio Rossi Albertini, accademico e divulgatore scientifico, considera tale composto «il materiale che comporterà la più grossa rivoluzione tecnologica dei prossimi vent’anni, perché cambierà la nostra vita quotidiana».


Lo studio spagnolo

Tuttavia, come abbiamo già affermato, la scienza accademica nega la presenza di ossido di grafene nei vaccini anti Covid-19. Ma il biostatista spagnolo Ricardo Delgado Martin, ricercatore e titolare della piattaforma di informazioni scientifiche La Quinta Columna, non è d’accordo. Egli ha infatti incaricato un noto professore dell’Università di Almeria, il chimico e biologo Pablo Campra Madrid, di analizzare una fiala di vaccino Pfizer. E i risultati, pubblicati ad agosto 2021 sulla piattaforma di studi scientifici ResearchGate, sono stati sorprendenti.

Cambra avrebbe infatti rintracciato ossido di grafene all’interno della fiala. Il suo studio, in pochi giorni, ha fatto il giro del mondo ed è stato integralmente tradotto anche in italiano. Ma il dottor Delgado, evidentemente non soddisfatto dello studio di Cambra, ha poi tentato un ulteriore esperimento: far evaporare il vaccino Pfizer e analizzare, mediante un microscopio Haxon Aquiles II con una qualità di ingrandimento compresa tra 400X – 1400X, eventuali residui rimasti sul fondo. L’esperimento, pubblicato in un video dallo stesso Delgado nel gennaio di quest’anno, avrebbe portato all’identificazione di «pattern artificiali e nanotecnologie [tra cui ossido di grafene] presenti nel vaccino Pfizer», confermando così le precedenti analisi del dottor Cambra.

Per motivi non ancora del tutto chiari, però, l’Università di Almeria – in un breve comunicato – ha preso le distanze dal suddetto studio, il quale – con la sorpresa dei due ricercatori, i cui curriculum potrebbero fare invidia anche allo scienziato più erudito di lingua anglosassone – è stato presentato come una «falsa informazione». Ad ogni modo, l’esperta di nanotecnologia Antonietta Gatti (autrice di diversi studi e opere scientifiche, tra cui l’importante Nanopathology: the health impact of nanoparticles), che, per sua stessa ammissione, ha potuto visionare l’intero studio spagnolo, ha invece definito le analisi di Campra «più che affidabili».


Vaccini contaminati

In Giappone, tuttavia, lo scorso agosto è avvenuta una vicenda del tutto particolare: diversi lotti di vaccino Moderna (l’mRNA-1273 commercializzato col nome di Spikevax) sono stati ritirati a causa di una presunta «contaminazione». Takeda Pharmaceuticals, la più grande azienda farmaceutica in Giappone, nonché partner di Moderna, ha infatti scoperto «sostanze estranee», ossia «particelle nere» probabilmente «metalliche», all’interno di trentanove fiale «non utilizzate», dunque ancora sigillate, dislocate in otto diversi centri vaccinali del paese. Takeda Pharmaceuticals ha poi identificato i lotti «potenzialmente contaminati» (i quali avrebbero causato nel tempo tre decessi) e informato subito il governo giapponese, che ha provveduto immediatamente non soltanto al ritiro del lotto di 565.400 fiale a cui appartenevano le trentanove dosi contaminate, ma anche dei lotti adiacenti, prodotti nello stesso stabilimento.

Ma non è la prima volta che, sempre in Giappone, vengono ritirati dei lotti di vaccino a causa di contaminazione. Sempre nel mese di agosto, quasi una settimana prima dell’identificazione da parte di Takeda Pharmaceuticals delle «sostanze estranee» nello Spikevax, altre 1,63 milioni di fiale di vaccino Moderna erano state sospese per motivi analoghi.

Qualcuno suggerì che all’interno dei vaccini ritirati ci potesse essere ossido di grafene (o altre nanotecnologie sconosciute), ma l’ipotesi venne subito smentita dal Ministero della Salute giapponese, che, pochi giorni dopo l’accaduto, affermò trattarsi invece di «minuscole particelle di acciaio inossidabile, risultato di un errore nel processo di produzione del vaccino». Tale contenuto, tuttavia, «non dovrebbe costituire un rischio aggiuntivo per la salute», ha dichiarato incredibilmente Takeda Pharmaceuticals.


Il grafene è tossico?

Ma ritorniamo al grafene, domandandoci: è tossico per l’organismo? Quali sono i danni di questo materiale, se introdotto nel corpo umano?

Secondo la scienza accademica, come ha ricordato il giornalista Marco Milano in un articolo apparso sul blog di divulgazione scientifica Scienza in Rete, «l’effettiva tossicità del nano-grafene aspetta conferme», poiché non esistono ancora studi a lungo termine. Ma è lo stesso Milano, con molta sincerità, ad ammettere che tale materiale «può nascondere però delle insidie».

Il dottor Delgado, invece, è di tutt’altro parere. Citando un studio presente su ResearchGate, il ricercatore spagnolo ha dichiarato che «la tossicità del grafene dipende dai campi elettromagnetici a microonde esterni». In linea generale, se introdotto all’interno del corpo umano, esso provocherebbe – secondo le parole di Delgado – «coagulazione del sangue» e «sindrome post infiammatoria o infiammazioni sistemiche», mentre in altri casi «alterazione del sistema immunitario, collasso del sistema immunitario e tempesta di citochine». Il «massimo effetto di morte cellulare», ha concluso il ricercatore, «è stato osservato a una frequenza di 900 MHz». Motivo per cui, secondo Delgado, è possibile considerare il grafene «l’arma perfetta per far ammalare e uccidere la popolazione» e quindi provocare un «genocidio».

Anche la ricercatrice Antonietta Gatti, intervistata da VisioneTV, ha denunciato la tossicità del grafene. «Io non vedo il grafene sempre come elemento positivo», ha dichiarato l’esperta. «Fintanto che costruiscono dei sensori che stanno all’esterno del corpo umano, magari che vengono a contatto col sangue, mi trova perfettamente d’accordo. Ma quando questo grafene viene messo all’interno del corpo umano e rimane all’interno del corpo umano, io non lo vedo come elemento positivo: lo vedo come un corpo estraneo non biodegradabile». Pertanto, secondo Antonietta Gatti, il corpo umano – per difesa – genererebbe nel tempo delle particolari «reazioni per estromettere questo materiale dal contesto biologico». Reazioni che ancora non conosciamo nel dettaglio e che, con ogni probabilità, potrebbero risultare alquanto drammatiche.

Ma vi sono stati anche altri “uomini di scienza” che, nel corso degli ultimi mesi, anche in Italia, hanno denunciato la tossicità del grafene. Il noto medico chirurgo Mariano Amici, ad esempio, ha dichiarato che l’ossido di grafene sarebbe «potenzialmente tossico, perché penetra nelle cellule e può danneggiarle», mentre secondo il dottor Franco Trinca, biologo nutrizionista, il grafene causerebbe «trombosi».


Controllo dell’uomo

Ma il dottor Delgado si è spinto oltre. Secondo il ricercatore spagnolo, infatti, che si è basato sulla relazione tecnica finale del dottor Campra, non solo il vaccino Pfizer conterrebbe ossido di grafene, ma anche il vaccino Astrazeneca, il vaccino Moderna e il vaccino Johnson&Johnson. Ciò – stando alle parole dello stesso Delgado – corrisponderebbe ad un preciso piano di «controllo totale dell’essere umano» istituito dai governi di tutto il mondo mediante appunto la vaccinazione di massa, divenuta in breve tempo il nuovo dogma della scienza.

«L’inoculazione dell’intera popolazione mondiale con l’ossido di grafene presente nei “vaccini” Astrazeneca, Moderna, Janssen e Pfizer è finalizzata alla neurostimolazione e alla mappatura cerebrale dell’intera popolazione al fine di alterarne i modelli comportamentali», ha dichiarato il ricercatore spagnolo, riferendosi ad uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature, nel quale – spiega Delgado – «i sensori di grafene vengono utilizzati proprio per tale scopo, poiché questo materiale raccoglie segnali elettrofisiologici neuronali e può essere stimolato a distanza e in modalità wireless da campi a microonde».

Lo studio di cui parla Delgado, condotto in Spagna su animali da laboratorio (almeno per quanto ci è concesso sapere), è stato effettuato nel 2021 nell’ambito dell’iniziativa europea Graphene Flagship da vari istituti di Barcellona, come l’ICN2, l’IMB-CNM e l’ICREA, in collaborazione con il CIBER-BBN di Madrid, l’Università di Manchester, l’LMU di Monaco e il Multi Channel Systems, partner di Graphene Flagship in Germania.

Lo studio, spiega il divulgatore scientifico Tom Foley, «ha dimostrato che i sensori a base di grafene garantiscono l’accesso a una regione sfuggente di attività cerebrale a bassa frequenza. I metodi attuali per rilevare le onde cerebrali utilizzano elettrodi metallici, che sono inefficaci nel misurare l’attività a frequenza molto bassa, nota come regione “infra-lenta“. Grazie alla sensibilità del grafene, gli scienziati possono ora raccogliere facilmente informazioni da questa regione e dipingere un quadro migliore dell’attività cerebrale».

Essi, con a capo il dottor Jose Garrido, professore di ricerca dell’ICN2, hanno creato «una serie di transistor che registrano e trasmettono informazioni sull’attività [cerebrale] quando vengono impiantati nel cervello. Il sensore ha piccoli canali sulla superficie: quando entrano in contatto con il tessuto cerebrale, i segnali elettrici all’interno del cervello provocano piccoli cambiamenti nella conduttività. Questi cambiamenti producono un segnale e vengono registrati per creare una “impronta digitale” di attività cerebrale».

«Con la nostra gamma di dispositivi basati sul grafene», ha quindi concluso Jose Garrido, «siamo in grado di registrare segnali dalla regione “infra-lenta” con un’accuratezza molto elevata. Nel cervello c’è una correlazione tra le frequenze più basse e più alte dell’attività cerebrale, quindi le frequenze più basse tendono a dettare l’aspetto delle frequenze più alte. Abbiamo pertanto dimostrato che, misurando l’attività infra-lenta, con frequenze inferiori a un decimo di hertz, possiamo decodificare gli “stati cerebrali” di un animale».

Un altro studio molto significativo, invece, condotto nel 2021 dall’UC San Diego School of Medicine di San Diego (Stati Uniti) e pubblicato sulla rivista scientifica Science Advances, ha dimostrato come sia possibile, attraverso il grafene, «accelerare o rallentare a piacimento le cellule del cuore umano». In sostanza, spiega il dottor Delgado, gli scienziati americani sono riusciti a sviluppare una tecnica per «alterare il ritmo delle palpitazioni e dell’attività cardiaca a distanza utilizzando fotoni o campi elettromagnetici esterni». Ciò, conclude Delgado, «spiegherebbe le aritmie e le morti improvvise che avvengono dopo la vaccinazione [anti Covid-19] e che ora sono classificate come morti naturali».

Mediante il grafene, inoltre, gli scienziati del SEU-FEI Nano-pico Center di Nanchino (Cina), che, nel 2019, hanno pubblicato uno studio molto interessante sulla piattaforma del National Center for Biotechnology Information (NCBI) del Maryland (USA), sono riusciti a creare – spiega lo studio – diversi «sensori a base di grafene utilizzati per il monitoraggio della salute umana, inclusi sensori indossabili e dispositivi impiantabili, in grado di realizzare la misurazione in tempo reale della temperatura corporea, frequenza cardiaca, ossigenazione del polso, frequenza respiratoria, pressione sanguigna, glicemia, segnale dell’elettrocardiogramma, segnale dell’elettromiogramma e segnale dell’elettroencefalogramma».


La chiave del cervello

Ma non è tutto. Il grafene, come è stato spiegato in un articolo apparso sul giornale di divulgazione scientifica Revista Pesquisa, avrebbe inoltre la straordinaria capacità di penetrare la «barriera ematoencefalica», facilitando «la somministrazione di farmaci al sistema nervoso», influenzando perciò il funzionamento cerebrale.

«Non è facile ottenere una medicina per raggiungere il cervello», scrive Revista Pesquisa. «I vasi sanguigni che alimentano il sistema nervoso centrale sono ricoperti da una speciale struttura composta da tre tipi di cellule che, insieme, fungono da filtro altamente selettivo. Questa struttura, chiamata barriera ematoencefalica, consente il passaggio solo di alcuni composti necessari per il corretto funzionamento del cervello, come nutrienti, ormoni e gas. Tale selettività protegge il sistema nervoso centrale dalle molecole tossiche nel sangue e impedisce anche a un farmaco assunto per via orale, o iniettato nel flusso sanguigno, di raggiungere il cervello, anche quando necessario». Ed ecco che entra in gioco il grafene, considerato la «chiave per entrare nel cervello».

Nel 2017, all’Università statale di Campinas di San Paolo (Brasile), un team guidato dalla professoressa Maria Alice da Cruz-Höfling, biologa ed esperta in zoologia, ha testato «la possibilità di utilizzare l’ossido di “grafene ridotto” – un composto nanostrutturato formato da atomi di carbonio – per aprire questa barriera [ematoencefalica] e far raggiungere ad alcuni farmaci il cervello con meno effetti collaterali rispetto a quelli causati dai composti attualmente in uso». E i «test iniziali», ricorda Revista Pesquisa, sono stati «promettenti», in quanto «gli esperimenti effettuati con cellule e con animali da laboratorio» hanno dimostrato «che questo composto apre temporaneamente la barriera [ematoencefalica] e, alle dosi valutate, non risulta essere tossico per l’organismo».

La ricercatrice Monique Mendonça, farmacista e biochimica che ha lavorato agli esperimenti dell’Università di Campinas, ha dichiarato: «Abbiamo lavorato con questo composto perché i nanomateriali della famiglia del grafene hanno mostrato il potenziale per interagire con il sistema nervoso, dato che il grafene è un eccellente conduttore di elettricità e le cellule neuronali comunicano tra loro attraverso impulsi elettrici».

In sostanza, come riporta Revista Pesquisa, Mendonça «ha iniettato ossido di grafene nel flusso sanguigno dei ratti e, utilizzando tecniche che consentono di rintracciare il composto nel corpo, ha osservato che un’ora dopo era già penetrato in strutture cerebrali come l’ippocampo e il talamo. Rilevando una riduzione del livello delle proteine ​​che tengono insieme le cellule che rivestono i vasi sanguigni, ha concluso che l’ossido di “grafene ridotto” aveva aperto la barriera [ematoencefalica] creando spazio tra le cellule che lo compongono. Ma, «poche ore dopo l’inoculazione del composto», la ricercatrice ha notato che «la barriera [ematoencefalica] si è chiusa».

Dunque, i risultati conclusivi «indicano che l’ossido di “grafene ridotto” ha il potenziale per trasportare farmaci al cervello o per aprire la barriera [ematoencefalica] e consentire ad altri veicoli di trasportare farmaci lì», ha concluso la biologa Maria Alice da Cruz-Höfling, mentre il dottor Serafino Pagliari, interpellato da Ardire in occasione della stesura della presente inchiesta, ha ribadito: «Lo studio di Campinas è molto significativo: esso mostra come, mediante la nanotecnologia a base di grafene, si possa portare farmaci direttamente al cervello. […] Il grafene diviene così un veicolo grazie al quale si può rilasciare qualsiasi farmaco o molecola a nostra insaputa. Se in un determinato momento della giornata siamo stanchi o estenuati, il grafene può rilasciare eccitanti in grado di “svegliarci” e renderci più attivi e concentrati; se siamo ansiosi o arrabbiati, viceversa, può rilasciare un sedativo o chissà cos’altra schifezza: ecco come il grafene – potenzialmente – potrebbe controllare il nostro comportamento – ogni giorno e a qualsiasi ora della giornata. E non parliamo di teorie del complotto, ma di realtà. Lo studio è stato effettuato solamente su animali da laboratorio, ma questo non significa niente: la scienza, attraverso l’uso dell’ossido di grafene, avrebbe tutti gli strumenti per ridurci come topi in gabbia – o forse già lo siamo?».

Licio Velloso, professore di medicina all’Università di Campinas, ha aggiunto – con molta sincerità – che «l’uso farmacologico delle nanoparticelle [di ossido grafene] è ancora nella sua fase iniziale e quindi sono necessari ulteriori studi per verificare se provocano effetti collaterali a lungo termine».

Uno studio analogo a quella di Campinas, tuttavia, pubblicato sulla rivista scientifica Nano Letters e condotto nell’ambito dell’iniziativa Graphene Flagship, è stato effettuato nel 2019 a Trieste dall’UNITS e dal SISSA, in collaborazione con l’Università di Manchester e l’Università di Strasburgo. Tale studio, rammenta l’Ansa, ha dimostrato come il grafene possa «controllare l’attività del cervello interferendo con la trasmissione del segnale dei neuroni eccitatori che attivano altri neuroni». Motivo per cui, conclude l’Ansa, tale materiale si starebbe rivelando «sempre più prezioso in campo neurologico».


Conseguenze psicotiche

Ma – incredibilmente – c’è di più. Discutendo su RadioRadio col noto endocrinologo Giovanni Frajese, anche lo psichiatra e criminologo Alessandro Meluzzi ha rilasciato dichiarazioni molto importanti per quanto riguarda il rapporto fra vaccini anti Covid-19 e “controllo del comportamento”. Alla domanda se avesse notato nell’ultimo anno «problemi di tipo mentale» nei suoi pazienti vaccinati, lo psichiatra ha risposto: «Io osservo nei vaccinati – tutti i vaccinati – dei microcambiamenti del comportamento e soprattutto dell’emotività. Allora mi chiedo se c’è un aspetto soltanto psicologico, psicodinamico […], o se non ci sono anche degli effetti su alcune zone del sistema limbico del cervello viscerale che producono una sorta di anedonia: è come se ad un certo punto, uomini di passione, uomini di libertà, uomini di coraggio, uomini di emotività, uomini di libido vitale, si zombizzassero progressivamente, come se i comportamenti diventassero stereotipati, come se ci fosse una sorta di strutturale rallentamento, come se ci fosse una sorta di lipotimia, […] come se ci fosse uno schiacciamento delle reazioni emotive, che tra l’atro è perfetto per garantire la non reattività rispetto agli eventi. È chiaro che dopo la terza dose [di vaccino], somministrare la quarta è più facile, non solo perché sei convinto e perché ormai ti senti “preso” fino in fondo, ma perché le tue reazioni si abbassano».

Il dottor Meluzzi – che, fra l’altro, è autore di diverse opere divenute veri e propri classici, tra cu Contagio. Dalla peste al coronavirus – ha quindi concluso l’intervista affermando che, «se c’è stato qualche grande scienziato che ha pensato tutto questo», allora si tratta di «un genio», un vero «genio del male».


La profezia di Gilbert

E se tutto ciò fosse stato predetto? Se tutto era già scritto? Nel 1995, il dottor Pierre Gilbert, chiropratico e naturopata canadese, rilasciò dichiarazioni del tutto inquietanti, che, se riascoltate oggi, congiuntamente alle affermazioni del dottor Meluzzi, acquisiscono un certo valore profetico.

«Nella distruzione biologica [gli scienziati] applicheranno tempeste organizzate dai campi elettromagnetici», asserì il dottore canadese. «Poi ci saranno anche i veleni che metteremo nel sangue e nelle vene dell’umanità per creare di proposito delle infezioni. Faremo delle leggi che obbligheranno le persone a vaccinarsi, e in questi vaccini ci sarà tutto ciò che è necessario per controllarvi; introdurremo in questi vaccini dei cristalli liquidi che si installeranno nelle cellule del vostro cervello e che diventeranno dei micro-recettori sensibili a delle onde ultrasoniche a basse frequenze che vi impediranno di pensare. Potremo fare di voi degli zombie. E quello che sto dicendo ora non pensate sia solo un’ipotesi…».

Ma Gilbert – probabilmente in possesso di informazioni top-secret – si spinse oltre, arrivando a prevedere futuri «campi di concentramento» creati per tutti quelli che «non saranno d’accordo con la definizione del “nuovo cittadino“», ossia dell’homo novus “super-vaccinato”, privo di volontà e dai comportamenti stereotipati, di cui ha parlato il dottor Meluzzi su RadioRadio


Una nuova razza di schiavi?

Pertanto, le affermazioni di Gilbert e Meluzzi non possono che riportare alla mente le aspirazioni visionarie – e non per nulla democratiche – del monaco e scrittore austriaco Jörg Lanz von Liebenfels, la cui influenza nelle confraternite tedesche e, soprattutto, nelle Burschenchaften austriache è cosa nota. Egli, nell’opera controversa Teoozologia, pubblicata a Vienna nel 1905, auspicò infatti la «generazione di una nuova razza di schiavi con i sensi intorpiditi e le braccia forti, le cui capacità mentali dovranno essere ridotte al minimo indispensabile». E l’ossido di grafene, secondo il dottor Delgado, avrebbe tutte le caratteristiche per generare questo “cittadino-zombie“.

Inoltre, fu lo stesso von Liebenfels – sempre nell’opera del 1905 – ad ammettere che «l’invenzione di un efficiente dispositivo di sterilizzazione sarebbe un grande beneficio per l’umanità», al fine di permettere «la riproduzione soltanto alle persone capaci». Ebbene, uno studio condotto in Cina nel 2018 e pubblicato dalla casa editrice accademica Dove Medical Press, è riuscito a dimostrare come le nanoparticelle di grafene possano avere «potenziali effetti avversi sul sistema riproduttivo», causando – spiega Delgado – «cambiamenti nel comportamento sessuale». Un altro studio, invece, condotto in India nel 2017 e pubblicato sulla piattaforma scientifica Online Library, ha mostrato inequivocabilmente come il grafene provochi una «diminuzione della conta spermatica dell’epididimo» e «un aumento delle anomalie dello sperma». Dunque, conclude Delgado, le nanoparticelle di grafene potrebbero avere «effetti negativi sulla fertilità maschile in quantità maggiori e per periodi più lunghi rispetto a quelli studiati». Sono solo strane coincidenze o le aspirazioni dello scrittore von Liebenfels stanno divenendo realtà?


Il caso Yeadon

Ma torniamo sulla tossicità dei vaccini. Se il dottor Delgado, in seguito agli studi del dottor Campra, ha definito il vaccino anti Covid-19 «l’arma perfetta per far ammalare e uccidere la popolazione», c’è qualcuno che si è spinto ancora più in là. Egli è Mike Yeadon, scienziato di fama mondiale ed ex vicepresidente del settore Allergy & Respiratory della Pfizer, nonché fondatore della Ziarco Pharma Ltd. Secondo Yeadon, il cui background professionale rende le sue parole più che attendibili, «coloro che non sono a rischio di questo virus [Sars-CoV-2] non dovrebbero essere esposti al rischio di effetti indesiderati dovuti [al vaccino]». «Per favore», ha esortato lo scienziato, «avvertite le persone di stare lontane dai vaccini […]. E dal momento che essi sono stati prodotti dal settore privato e gli organi preposti al controllo e alla regolamentazione si sono fatti da parte, posso solo dedurre che saranno utilizzati per scopi nefasti. Ad esempio, se qualcuno volesse danneggiare o uccidere una significativa percentuale della popolazione mondiale nei prossimi anni, i sistemi messi in atto in questo periodo lo consentiranno. È mia opinione che sia possibile che tutto ciò venga usato per un depopolamento su vasta scala».

Secondo Yeadon, «chiunque riceva l’iniezione morirà prematuramente»; ecco perché vaccinare i bambini, stando alle parole dell’ex membro Pfizer, è «un atto malvagio» e «non c’è nessuna ragione medica» per farlo. In ogni modo, ha spiegato Yeadon, «miliardi di persone sono già state condannate a morte certa».

«Non ho nessun dubbio che ci troviamo difronte al male (non sono mai stato così sicuro di qualcosa in quarant’anni di carriera) e a prodotti pericolosi», ha concluso lo scienziato. «Nel Regno Unito [così come in tutto l’Occidente] è abbastanza chiaro che le autorità sono decise a somministrare i vaccini [anti Covid-19] al maggior numero possibile di persone. Questa è follia, perché anche se [i vaccini] fossero legittimi, la protezione è necessaria solo per le persone che sono ad alto rischio… Ma tutte le altre, in buona salute […], non muoiono di virus. In questo grande gruppo [di persone sane], è del tutto immorale somministrare qualcosa […] il cui potenziale di effetti è completamente atipico».

Secondo l’infettivologo francese ed ex vicepresidente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Christian Perronne, i morti causati da vaccino, in Europa, sarebbero – a gennaio 2022 – già 36.000, mentre negli Stati Uniti circa 25.000. L’esperto – molto coraggiosamente – ha inoltre affermato che i bambini «che muoiono per il vaccino sono molto più numerosi di quelli che muoiono per il Covid-19, poiché il tasso di mortalità del Covid-19 nei bambini è quasi zero». Parole che, espresse da un medico del calibro di Perronne, fanno venire i brividi.


Aristocrazia “no vax”

Tuttavia, alcuni scienziati hanno sviluppato la convinzione che soltanto una ristretta cerchia di non vaccinati possa realmente apportare un cambiamento radicale alla società, ponendo fine a quella che il filosofo e professore Diego Fusaro ha definito l’«emergenza sanitaria infinita». Mike Yeadon, ad esempio, le cui parole hanno spesso fatto il giro del mondo, suscitando critiche ma anche vasti consensi, ha più volte invitato «coloro che non hanno ancora ricevuto l’iniezione letale [di vaccino] a combattere per la propria vita, per coloro che li circondano e per la vita dei loro figli».

Dello stesso parere è il virologo e premio Nobel francese Luc Montagnier, che, sabato 15 gennaio, durante una manifestazione a Milano partita da piazza XXV aprile, ha espresso parole analoghe a quelle di Yeadon, riportando alla mente, senza alcun filtro, una sorta di aristocrazia “no vax” salvatrice del mondo e degli uomini.

«La salvezza dell’umanità e la fine di questa emergenza sarà nelle mani dei non vaccinati», ha dichiarato Montagnier dal palco della manifestazione, fra gli applausi del pubblico. «Saranno i non vaccinati a salvare l’umanità. Sui vaccini c’è stato un enorme errore di strategia… Contrariamente a quanto è stato detto inizialmente, questi vaccini non proteggono assolutamente, e ora sta venendo fuori piano piano. Lo stanno scoprendo gli scienziati e gli stessi malati che il vaccino non funziona e invece di proteggere può favorire altre infezioni. All’interno di questi vaccini è contenuta una proteina tossica».


Conclusioni razionali

Per concludere, è necessario affermare che, alla luce di quanto detto, la scelta di vaccinarsi per “proteggersi” dal Covid-19 (malattia del tutto curabile, la cui letalità è del 0,6% sul totale dei contagiati) deve essere presa in libertà e non imposta attraverso subdoli sistemi legati a certificati verdi di matrice classista-sanitaria, le cui conseguenze continuano a rivelarsi disastrose sia per l’economia nazionale che per la convivenza umana.

Pertanto, è difficile che tutti gli esperti e gli scienziati citati nel presente articolo siano degli sprovveduti o dei ciarlatani: è evidente che qualcosa non torna. «Da medico – sono in pensione, ma il mio spirito non è mai cambiato – posso dire che, con ogni probabilità, le reazioni avverse da vaccino anti Covid-19 vengono ignorate dai media e dal governo per non provocare nel popolo panico o sfiducia verso la scienza», ha spiegato Serafino Pagliari ad Ardire. «Le grandi aziende farmaceutiche pagano i media e i giornali per non farli rivelare potenziali scandali, oltre ad avere rapporti diretti, e spesso occulti, col governo. Inoltre, le percentuali concernenti le reazioni avverse gravi da vaccino diffuse dall’AIFA non sono del tutto verosimili. Sappiamo per certo che queste percentuali vengono fortemente contenute. Perché in televisione non vengono mai interpellate persone danneggiate dal vaccino? Perché non si parla mai delle centinaia di morti sospette che quotidianamente avvengono in tutta Europa? Le istituzioni hanno completamente abbandonato i cittadini, i quali sono trattati come veri e propri animali da laboratorio. La pazienza è forse giunta al limite. Perché i media non creano dibattiti e discussioni sui potenziali danni della nanotecnologia contenuta nei vaccini? Perché il governo – magari in collaborazione con scienziati di tutte le correnti scientifiche, eretici e non eretici – non ha mai condotto un’inchiesta seria ed esaustiva per verificare se il grafene è davvero presente nelle fiale? Perché i politici non danno risposte? Tali domande meritano attenzione da parte delle istituzioni, e non ostilità o indifferenza, come è avvenuto fino adesso. C’è in gioco il futuro dell’uomo».


Di Javier André Ziosi

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