Operazione “NST”. Come gli Stati Uniti hanno prodotto caos e destabilizzazione in Libano

Da oltre dieci anni, gli Stati Uniti stanno tentando di portare il Libano verso la guerra civile, al fine di indebolire Hezbollah e occidentalizzare l’intero paese, per condurlo verso un totale asservimento all’Occidente ultra-capitalista e privo di identità

Malgrado il silenzio della stampa occidentale, lo Stato libanese è sconvolto da anni da una profonda destabilizzazione politica e da una crisi economica che, secondo La Repubblica, rischiano «di trascinare tutti in un’altra guerra civile».

Si, avete capito bene: c’è il rischio di una nuova guerra civile in Libano. E nessuno – fuorché qualche articoletto perso nelle pagine del web – ne parla; per quale motivo? Come ha fatto uno dei paesi più ricchi del Medio Oriente a sprofondare così velocemente in una crisi senza precedenti, considerata addirittura dalla Banca Mondiale «una delle tre peggiori crisi economiche della Storia»? Di chi sono le responsabilità?


I tentacoli del MEPI

Per rispondere a tali domande è necessario fare qualche passo indietro e tornare a dicembre 2002, anno in cui il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, in collaborazione con la Heritage Foundation (uno dei think tank più influenti al mondo, noto per promuovere globalizzazione e americanismo), avviò il programma “Middle East Partnership Initiative” (MEPI), con l’obiettivo dichiarato di «far progredire la democrazia in Medio Oriente» e promuovere «opportunità economiche e riforme [liberali]».

Tale progetto, finanziato con 150milioni di dollari e supportato anche dalla «famigerata organizzazione di “rivoluzioni colorate”», l’ONG americana National Democratic Institute (NDI), fu inizialmente concepito per affrontare le “mancanze” del mondo arabo mostrate nell’Arab Human Development Report del 2002 (ossia la mancanza di libertà politica, di libertà economica, di conoscenza e di diritti delle donne) e operare in tutti quei territori non soggetti alla completa influenza della United States Agency for International Development (USAID).

Attraverso il MEPI, gli americani hanno contribuito a «formare giornalisti arabi e insegnare [democrazia e liberalismo] ai bambini», il tutto a beneficio «della politica estera degli Stati Uniti». Nel contesto del progetto “Regional Campaign Schools” dell’NDI (attivo in Libano, Algeria, Marocco e Tunisia), il MEPI – con grande efficienza – si è inoltre occupato della formazione di militanti, attivisti e nuove figure politiche, istituendo e promuovendo non soltanto ONG anti-governative, ma anche – come vedremo nel presente scritto – veri e propri movimenti antisistema e partiti d’opposizione.

Ecco perché l’attivista Brandon Turbeville, esperto di politica estera americana e questioni geopolitiche, è arrivato ad asserire che il MEPI – con tutte le sue appendici locali, dal Libano alla Giordania, dal Kuwait all’Iraq – è stato costituito con lo scopo di favorire «l’imperialismo e la dominazione anglo-americana» in Medio Oriente, nonché incoraggiare «le nazioni all’interno della sfera di influenza del MEPI a firmare vari accordi di libero scambio con gli Stati Uniti». Secondo Turbeville, il MEPI sarebbe infatti uno strumento del governo USA finalizzato a sottomettere il Medio Oriente alle logiche di mercato occidentali, creando i presupposti per costituire nuove classi dirigenti liberali, nonché filo-americane, totalmente indifferenti alle tradizioni mediorientali e quindi distaccate da qualsiasi sentimento autoctono e identitario non compatibile coi postulati liberal-democratici dell’Occidente, oggi considerati alla stregua di sacri e incontestabili comandamenti.


Il MEPI-LAA

Nel 2010, ormai presente e radicato in tutti i paesi mediorientali, il MEPI decide di puntare sul Libano (paese fortemente influenzato da Hezbollah e da una cultura antisionista e anti-occidentale molto vicina, per certi aspetti, a quella dell’Iran), costituendo il MEPI-Lebanon Alumni Association (MEPI-LAA), ONG apartitica e non religiosa indirizzata ufficialmente a «creare valore pubblico per la società libanese all’interno dei quattro pilastri: democrazia, istruzione, economia ed emancipazione femminile», rendendo così il Libano «bersaglio di forze esterne».

Attraverso il MEPI-LAA, infatti, gli Stati Uniti – col contributo fondamentale del National Endowment for Democracy (NED), agenzia americana nota per promuovere e imporre la democrazia nel mondo – hanno fin da subito alimentato ed espanso quelle avanguardie “ribelli” anti-governative già presenti sul territorio, istituendo ONG e “gruppi di discussione” rivolti sostanzialmente alla democraticizzazione e occidentalizzazione del Libano. Nascono così le proteste del 2011, cominciate a febbraio e conclusesi a dicembre con la marcia di 5mila manifestanti per le strade di Beirut, nell’ambito di uno sciopero degli insegnanti organizzato, dietro le quinte, dal MEPI-LAA.


Movimento “You Stink”

Ma è nell’estate 2015 che vi è la svolta. Dalla “scuola” del MEPI-LAA emerge infatti un personaggio di cui l’Occidente sa molto poco, ma che però risulta d’importanza cruciale nel contesto della lenta destabilizzazione del Libano da parte degli Stati Uniti. Si tratta del dottor Assad Thebian, un losco individuo strettamente connesso al Dipartimento degli Stati Uniti e coinvolto dagli stessi americani nella fondazione del movimento “You Stink”, organizzazione nata a Beirut con lo scopo di «far crollare il sistema di governo» libanese e costituire, in connessione diretta con le democrazie occidentali, un nuovo Libano democratico, laico e liberale, in grado di garantire l’espansione sul proprio territorio dei mercati statunitensi e divenire così un fedele partner economico degli Stati Uniti e quindi dell’Occidente.

Il merito di Thebian – se possiamo definirlo tale – è stato quello di aver creato, tramite un’assidua propaganda anti-governativa sul web (soprattutto sui social network), ma anche nelle scuole e nei luoghi di ritrovo dei giovani, un solido gruppo di ribelli sul quale fare affidamento per la destabilizzazione del paese e diffondere un clima di tensione e rivolta. Affianco a lui, ai vertici del movimento, vi è il giornalista filo-occidentale Joey Ayoub, il regista di cinema e teatro Lucien Bourjeily (strettamente legato all’USAID), ma soprattutto l’attivista Michel Elefteriades, definito «uno dei militanti chiave» della “rivoluzione dei cedri” del 2005, nonché uomo di fiducia del Centre for Applied NonViolent Action and Strategies (CANVAS), un’istituzione con sede a Belgrado, in Serbia, ma attiva anche in Libano, focalizzata sull’uso e la strategia del conflitto nonviolento per «raggiungere la libertà, la democrazia e i diritti umani».

Per comprendere il clima che permeava il Libano in quel periodo, è necessario tuttavia riportare quanto ha dichiarato il giornalista e scrittore Andre Vltchek nell’estate 2015: «Due settimane fa, un amico mi ha detto: “Ho incontrato un ragazzino a Beirut. Mi ha detto che avrebbe trovato lavoro in una ONG europea. Il suo compito sarebbe quello di aiutare a destabilizzare il Libano“. Egli ha nominato il paese che finanzia l’ONG [gli Stati Uniti], ma preferirei non menzionarlo qui, per non aggiungere altro petrolio al fuoco. Ci siamo fatti una risata, ma non sembra più così divertente».

Le proteste

Si decide così di utilizzare il pretesto dell’emergenza dei rifiuti, un problema da tempo presente in Libano, per fare scendere le persone in piazza. Mediante i social network si organizzano le prime manifestazioni, che hanno luogo nei pressi dei cumuli di spazzatura intorno a Beirut e nella regione del Monte Libano nel luglio 2015, coinvolgendo migliaia di persone a ritmo di slogan come: «Ash-shab yurid isqat an-nizam», ossia Il popolo vuole rovesciare il regime“.

Elefteriades, preso dalla foga rivoluzionaria del momento e conscio del massiccio supporto americano, dichiara: «C’è un risveglio della consapevolezza democratica, ed è passato molto tempo da quando il Libano non usciva da questi partiti politici e sette religiose per chiedere che tutti i leader politici fossero puniti o messi da parte. […] È una sorta di rivoluzione popolare».

In breve tempo, “You Stink” diviene simbolo di libertà a stelle e strisce, raggruppando le fasce medio-alte e più “occidentalizzate” della popolazione e sfociando nella nota campagna politica Beirut Medinati. Tuttavia, benché gli organizzatori del movimento abbiano più volte «insistito sul fatto che il gruppo è non violento», con l’aumentare delle proteste, susseguitesi da luglio ad agosto 2015, esplode un’intensa violenza di piazza, che si protrae fino al 2016. Pochi mesi di disordini provocano il ferimento di 402 manifestanti e un morto, oltre a 31 feriti fra le forze dell’ordine. «”YouStink” era un avvertimento», ha dichiarato Thebian anni dopo. «Era un allarme lanciato dai giovani [per far capire] che il sistema stava fallendo e che stava arrivando una catastrofe».

Tuttavia, a causa di diversi fattori, il movimento non raggiunge gli obiettivi prefissati e, alla fine, si rivela un mezzo fallimento. «Sebbene [“You Stink”] abbia inizialmente attinto al diffuso risentimento pubblico verso la corruzione e la cattiva gestione del governo, è svanito nel giro di pochi mesi», ha spiegato Elena Hodges della New York University School of Law. «Le proteste non hanno mai preso piede al di fuori di Beirut, e anche nella capitale “You Stink” non è riuscito a raccogliere un ampio sostegno al di là della sua base liberale, laica e relativamente benestante. Anche la mancanza di obiettivi strategici chiaramente articolati e la resistenza al compromesso e alla costruzione di coalizioni hanno contribuito alla breve emivita del movimento».


Operazione NST

Ma gli uomini del MEPI-LAA – i quali da sempre ignorano che la democrazia, come disse Recep Tayyip Erdoğan, «è un prodotto della cultura occidentale e non può essere applicata al Medio Oriente, che ha un diverso background culturale, religioso, sociologico e storico» – non si danno per vinti: c’è bisogno di più organizzazione, di più concretezza. Così, nel marzo 2016, in presenza dell’ambasciatore americano in Libano, Richard H. Jones, il MEPI-LAA avvia l’operazione NGO’s are stronger together (NST), che, finanziata dal programma di sovvenzioni locali dell’Ufficio MEPI dell’ambasciata degli Stati Uniti, ha l’obiettivo di riunire sessanta ONG libanesi al fine di «elaborare una chiara strategia di coinvolgimento» per «plasmare una visione condivisa della società civile» e apportare un «cambiamento positivo» in Libano.

«Il ruolo dell’America qui è quello di promuovere la forte e duratura collaborazione degli Stati Uniti con il popolo libanese», ha dichiarato l’ambasciatore Jones alla cerimonia di inaugurazione del programma NST. «Ci sforziamo di incoraggiare un maggiore impegno civico in modo che tutti i libanesi possano promuovere un cambiamento positivo nelle loro comunità e partecipare ai processi politici che influenzano le loro vite».

Secondo alcuni, tale programma è invece una «facciata per i servizi di intelligence americani», i quali intendono promuovere un maggiore coordinamento e una maggiore collaborazione fra le diverse ONG (europee e americane) radicate sul territorio, con l’obiettivo di destabilizzare il Libano e, come ha spiegato l’attivista Eric Striker, «mettere i libanesi contro Hezbollah» e imporre riforme liberali in grado di «liberalizzare» il paese.

A tal fine, in quello stesso anno, il NED ha sovvenzionato la sezione libanese del CIPE (316.056 dollari), il Lebanese Center for Active Citizenship (29.800 dollari), il Nokta Fasle (27.800 dollari), la Lebanese Transparency Association (38.400 dollari), la Nahnoo Association (30.000 dollari), la March Lebanon (39.500 dollari) e la Sho’oun Janoubia (80.000 dollari). Ma ciò non basta.


Paula Yacoubian

Nel corso del 2017 e 2018, la rete di ONG riunite nel programma NST viene fortemente rafforzata e ampliata, ricevendo finanziamenti dagli Stati Uniti pari a 334,5 milioni di dollari. Vengono così chiamati a raccolta decine di giovani “disobbedienti” (molti dei quali già membri del movimento “You Stink” o di ONG occidentali), ma anche diversi «giornalisti fasulli», con l’obiettivo di manipolare l’opinione pubblica e gettare le basi per una vera e propria rivoluzione liberale diretta da Washington.

Attraverso la rete NST, viene finanziato il Sabaa Party (movimento d’ispirazione liberale, laica e femminista) e coinvolta la nota giornalista e conduttrice televisiva Paula Yacoubian, che, nella primavera del 2018, verrà eletta nel parlamento libanese. Attorno a lei, usufruendo della massiccia rete di ONG agli ordini degli Stati Uniti, il MEPI-LAA – con il supporto del NED – costituisce una nuova e giovane conventicola, finalizzata a guidare il popolo libanese verso la creazione di una nuova società progressista e democratica, nella quale non c’è più posto per movimenti conservatori e tradizionalisti come Amal ed Hezbollah. Tuttavia, se prima erano i rifiuti a portare la gente in piazza, ora – con l’operato mediatico della Yacoubian – si comincia a fare leva sui problemi legati al settarismo, alla corruzione politica, all’austerità, alla crisi finanziaria e alla disoccupazione: problematiche senza dubbio reali, che però vengono strumentalizzate e utilizzate dalla Yacoubian e dalle ONG per coinvolgere più persone possibili, di tutte le classi, purché laiche e liberali.

Paula Yacoubian rappresenta la persona giusta per il MEPI-LAA, poiché – essendo una giornalista e una celebre conduttrice televisiva – ha numerose conoscenze e una forte influenza sul pubblico. Su di lei, infatti, il MEPI-LAA ha riposto grosse speranze di cambiamento, avviando un’intensa campagna di propaganda per “arruolare” militanti e potenziali rivoltosi in nome dei diritti civili e della democrazia.

Soldi e strategie

Nel corso del 2017, mentre il MEPI-LAA, attraverso l’operazione NST, prepara nuove strategie politiche, il NED conferma altri finanziamenti alla Nokta Fasle (29.000 dollari), alla Lebanese Transparency Association (38.000 dollari), alla March Lebanon (40.000 dollari), alla Sho’oun Janoubia (80.000 dollari) e alla Nahnoo Association (30.000 dollari), avviando programmi di sovvenzioni alla sezione libanese dell’NDI (260.000 dollari) e al Beirut Center for Middle East Studies (35.200 dollari). Un anno dopo, nel 2018, verranno riconfermati finanziamenti alla Nokta Fasle (29.000 dollari), alla Nahnoo Association (29.887 dollari), alla March Lebanon (40.000 dollari), alla Sho’oun Janoubia (80.000 dollari), al Beirut Center for Middle East Studies (30.000 dollari) e alle sezioni libanesi dell’NDI (135.000 dollari + 300.000 dollari + 250.000 dollari) e del CIPE (324.921 dollari). Inoltre, verrà avviato anche un massiccio programma di finanziamento alla sezione locale dell’IRI (150.000 dollari + 250.000 dollari).

Ma gli uomini del MEPI-LAA non si sentono ancora gratificati. Il loro obiettivo, infatti, è quello di preparare il terreno per la “rivoluzione democratica” e, utilizzando la figura di Paula Yacoubian, trasformare il Libano in un paese “occidentale”, stretto nelle grinfie capitalistiche degli Stati Uniti. Nel 2018, mentre a Beirut, attraverso l’operato di Assad Thebian, viene avviata l’Iniziativa Gherbal (che tenterà di «colmare il divario tra cittadini libanese e pubblica amministrazione»), il MEPI-LAA rafforza e intensifica i rapporti con il CANVAS di Belgrado, le cui metodologie “rivoluzionarie” sono già state applicate con successo in Libano nel 2005, ma anche in Georgia (2003), Ucraina (2004 e 2014), Egitto (2011) e Siria (2011), facendo guadagnare all’organizzazione l’appellativo di «esportatrice di rivoluzione».

Compito del CANVAS, in sostanza, è quello di collaborare strettamente con la rete NST del MEPI-LAA per creare, attraverso particolari strategie studiate negli anni, le basi della futura rivoluzione in Libano. «Le rivoluzioni sono spesso viste come spontanee», ha confessato Ivan Marovic, ex funzionario del CANVAS. «Sembra che le persone siano appena scese in strada. Ma [una rivoluzione] è il risultato di mesi o anni di preparazione. […] Se essa è pianificata con cura, quando inizia, tutto finisce nel giro di poche settimane».

Tuttavia, mentre vengono coinvolte sempre più persone disposte a scendere in piazza in nome del liberalismo e della democrazia (tra cui moltissimi ragazzi e studenti), nel corso del 2019 il NED riconferma finanziamenti alla Nahnoo Association (30.000 dollari), alla Nokta Fasle (29.000 dollari), alla March Lebanon (40.000 dollari), alla Sho’oun Janoubia (80.000 dollari), alla Lebanese Transparency Association (38.000 dollari) e alle sezioni locali dell’NDI (225.000 dollari), dell’IRI (600.000 dollari) e del CIPE (347.499 dollari).


Movimento del 17 ottobre

Ma il 17 ottobre 2019, il MEPI-LAA decide che è giunto il momento di agire. Mediante il programma NST, vengono mobilitati centocinquanta attivisti, tutti appartenenti – come riporta Al Jazeera – ad «ogni ceto sociale e di diversa estrazione religiosa», che si riversano nel centro di Beirut «per chiedere le dimissioni di tutti i politici», accusati di «cattiva gestione, spreco di fondi pubblici e corruzione».

In breve tempo le proteste si allargano alle altre città del Libano, degenerando quasi sempre in violenze o tensioni di strada. I manifestanti, infatti, galvanizzati dalle parole di Paula Yacoubian, allestiscono spesso barricate con pneumatici in fiamme e vandalizzano le sedi dei partiti tradizionalisti, come Hezbollah e Amal, suscitando la reazione legittima delle forze dell’ordine. Il primo manifestante muore il 19 ottobre: si chiama Hussein Al-Attar, ed è un giovane rivoluzionario, considerato uno dei più «seri manifestanti che si sono radunati a Beirut dall’inizio delle proteste». Secondo la testimonianza di suo cugino, Al-Attar «attendeva da anni l’arrivo di una rivolta in Libano»; motivo per cui si era avvicinato con entusiasmo al MEPI-LAA e alla rete eversiva dell’NST.

Ma le proteste, che prendono ben presto il nome “Movimento del 17 ottobre“, non si placano, e proseguono fino al 2020, anno in cui un rapporto dell’USAID rivela che in Libano sono presenti oltre 8.000 ONG, anche se i funzionari libanesi – spesso sospettosi verso queste realtà anti-identitarie e destabilizzanti – ritengono che siano quasi il doppio, spesso utilizzate per «stimolare i disordini». La rete NST, con il supporto fondamentale del NED, riesce infatti a coinvolgere circa 32.000 manifestanti, che – secondo l’agenzia stampa araba Al-Khanadeq – vengono «sparsi in tutto il paese» con il compito specifico di «organizzare e diffondere il Movimento del 17 ottobre».

Secondo i registri dello Stato libanese, tuttavia, di questi 32.000 manifestanti, 12.000 sono veri e propri «attivisti pagati a tempo pieno» dagli Stati Uniti, mentre gli altri 20.000 sono «volontari reclutati e utilizzati da loro». Malgrado ciò, il “Movimento del 17 ottobre”, contrariamente a “You Stink”, riesce ad affermarsi fra tutte le fasce della popolazione (ricche e povere), consolidandosi come uno spontaneo movimento di massa pienamente legittimo e supportato dall’opinione pubblica occidentale, che (con errore) vede il movimento come un baluardo di libertà e democrazia.

«Le proteste del “Movimento del 17 ottobre” in Libano rappresentano un cambiamento epocale rispetto agli sforzi passati per contestare il sistema politico», ha dichiarato Elena Hodges. «A differenza di “You Stink”, queste proteste colmano le radicate divisioni settarie e di classe. Dal primo giorno delle proteste, città e villaggi di tutto il paese hanno partecipato, cosa che gli sforzi del passato non sono mai riusciti a raggiungere».

Verso una guerra civile?

Nel corso del 2020, mentre la strategia del programma NST del “cartello” eversivo MEPI-NED-CANVAS si rivela del tutto vincente, il NED riconferma finanziamenti alla Nahnoo Association (30.000 dollari), alla Nokta Fasle (30.000 dollari), alla Sho’oun Janoubia (80.000 dollari), alla March Lebanon (40.000 dollari), alla Lebanese Transparency Association (38.000 dollari) e alle sezioni locali dell’IRI (700.000 dollari), del CIPE (462.144 dollari) e dell’NDI (600.000 dollari), avviando nuovi programmi di sovvenzioni all’Università americana di Beirut (48.200 dollari), alla Samir Kassir Foundation (100.000 dollari), alla Maharat Foundation (40.000 dollari) e al LIMS (35.000 dollari).

L’esplosione di Beirut del 4 agosto 2020, tuttavia, aggrava la crisi e contribuisce a creare ancora più malcontento, il quale gioca ovviamente a favore del “Movimento del 17 ottobre”, che può così espandere ulteriormente la sua influenza fra la popolazione delusa e arrabbiata. Nel 2020, infatti, il Movimento Studentesco (supportato dal MEPI-LAA e aderente alla rete NST) vince le elezioni del Consiglio studentesco, mentre le proteste del “Movimento del 17 ottobre” proseguono fino al 2021 e al 2022, portando alla morte – come affermano i media internazionali12 persone (tra cui 11 manifestanti e un poliziotto) e ferendone oltre 1.600.

Pertanto, il Libano è ancora oggi permeato da un forte clima di tensione, derivante in gran parte dalle strategie eversive del MEPI e del CANVAS. Di recente, sull’onda del malcontento nazionale, il diplomatico americano David Hale ha dato persino allo Stato libanese un ultimatum: «Riformare o affrontare un ulteriore declino economico». E, col declino economico, il sorgere di una nuova guerra civile – come ha dichiarato Repubblica – è del tutto prevedibile. Il MEPI-LAA saprà giocarsi le sue nuove carte?


Di Amedeo Cavazzoni

2 commenti

  • Weltanschauung88

    Complimenti.. Questo è quello che gli Usa stanno facendo al mondo, non solo al Libano. E ricordiamoci che organi criminali come il Ned sono attivi in quasi tutto il globo, compresa la Bielorussia e la Russia di Vladimir Putin. Il loro obiettivo, affine a quello della massoneria, è di democraticizzare il mondo, e probabilmente ce la stanno facendo…

  • Esattamente. Ciò non succede solo in Libano, ma in tutti quei paesi diffidenti verso il sistema democratico occidentale, come il Venezuela, la Bielorussia, la Russia, la Siria… Se queste organizzazioni, dal NED al CANVAS, venissero considerate tutte organizzazioni terroristiche, ciò non accadrebbe più. E non dimentichiamo l’Ucraina: se in Galizia non avessero operato queste organizzazioni non ci sarebbe stata la rivoluzione ucraina del 2014 e quindi non ci sarebbe stata nemmeno la guerra. Per il mondo, l’America non è altro che una massa tumorale con metastasi che si espandono…

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