Il vaccino come comandamento. Le origini ebraiche della vaccinazione di massa

Da “obbligo ebraico” a paradigma globale: ecco come la vaccinazione di massa, attraverso l’influenza dell’ebraismo nella medicina, è divenuta una realtà mondiale, aprendo le porte al famigerato sistema del green-pass e alla cosiddetta “società pandemica”

Malgrado il vaccino anti Covid-19 non impedisca il contagio (contrariamente a quanto ci avevano detto inizialmente i virologi e i politici), la vaccinazione è divenuta un vero e proprio dogma ideologico in quasi tutti i paesi occidentali, tra cui l’Italia, dove chi non si sottomette alla nuova prassi pseudo-medica è considerato alla pari di un «terrorista» o «un pericoloso bugiardo trasformato in un criminale». Quasi l’84% degli italiani, tuttavia, ha concluso il ciclo vaccinale primario, mentre il 65,57% ha già fatto la terza dose e probabilmente è in attesa di fare la quarta, la quinta, la sesta o persino la settima, se solo il governo glielo ordinasse.

Secondo Albert Bourla, veterinario ebreo, noto per essere il presidente e l’amministratore delegato dell’azienda farmaceutica Pfizer, saremo infatti destinati a vaccinarci continuamente per i prossimi dieci anni. Si, avete capito bene: per i prossimi dieci anni.

Dunque, sorge spontanea una domanda: quali sono le origini della vaccinazione di massa? Esistono riscontri scientifici che supportano l’affermazione di Bourla, oppure ci troviamo dinnanzi a un vero e proprio «dovere religioso», come hanno dichiarato il rabbino Riccardo Di Segno e il cardinale José Tolentino de Mendonça durante la “Giornata del Dialogo tra cattolici ed ebrei”?

Per rispondere a tali domande e risalire, in maniera del tutto obiettiva, alle origini dell’attuale vaccinazione di massa, è necessario immergersi senza pregiudizi nella cultura e nella religione ebraica, nelle quali affondano appunto le radici dell’ultra-vaccinismo contemporaneo.


Radici halakhiche

Yehuda Shurpin, membro del movimento internazionale ebraico Chabad-Lubavitch, ha spiegato che, nell’ebraismo, «proteggere la propria vita» rappresenta «una mitzvah», ossia un comandamento, il quale è doveroso rispettare sempre e comunque, in quanto parte della legge divina ebraica, l’Halakha. Secondo Shurpin, è la stessa Torah ad insegnare che «il nostro corpo è un dono di Dio, e quindi noi non ne siamo i proprietari e non possiamo arrecargli alcun danno». Pertanto, «non è sufficiente affrontare i problemi di salute man mano che si presentano», ma «dobbiamo prendere precauzioni per evitare il pericolo», come afferma il Codice di diritto ebraico: «Così come c’è un comandamento positivo che impone di costruire una barriera attorno al perimetro di un tetto affinché qualcuno non cada, così anche noi siamo obbligati a stare attenti da tutto ciò che potrebbe mettere in pericolo la nostra vita, poiché il versetto [4,9 del Deuteronomio] afferma: “Guarda te stesso e custodisci magistralmente la tua anima“».

A conferma di ciò, Shurpin riporta l’esempio del rabbino Moshe Isserles (uno dei massimi rappresentanti dell’Halakha, vissuto nel XVI secolo), secondo il quale, «se scoppia una pestilenza in una città, gli abitanti di quella città non dovrebbero aspettare che la peste si diffonda», ma «sono obbligati a cercare di fuggire dalla città all’inizio dell’epidemia».

«Quando c’è un’epidemia, non solo è tuo obbligo fuggire, ma come genitore hai l’obbligo di garantire la sicurezza dei tuoi figli», ha dichiarato Shurpin. «Il rabbino Isaiah Horowitz, noto come Shelah, scrive che ogni genitore che non trasferisce i propri figli fuori da una città afflitta da un’epidemia è ritenuto responsabile del loro destino».

Dunque, non c’è «differenza tra vaccinarsi e dover fuggire da una città quando c’è un’epidemia», ha spiegato Shurpin. «Partendo dal presupposto che vaccinare quando c’è un alto rischio di contrarre una malattia [come nel caso del Covid-19] sia simile a fuggire da un’epidemia, allora è obbligatorio che tu lo faccia, e anche altri possono essere obbligati a farlo».

Avete capito bene? In sostanza, Shurpin spiega esplicitamente che la legge divina ebraica, l’Halakha, impone l’obbligatorietà della vaccinazione e che quest’ultima diviene addirittura una mitzvah, un comandamento! A conferma di ciò, il rabbino Danny Burkeman, noto sionista e membro del Comitato esecutivo della “World Union for Progressive Judaism” (WUPJ), ha definito la vaccinazione contro il Covid-19 un «obbligo ebraico», affermando: «Nella comunità ebraica possiamo essere orgogliosi di essere i più entusiasti di vaccinarci».

Da Israele al mondo

Tuttavia, ci si domanda: come ha fatto un “obbligo ebraico”, le cui caratteristiche sono paragonabili a quelle di una mitzvah, a divenire un obbligo per tutto l’Occidente e per tutto il mondo? Di chi sono le responsabilità?

Mikael Dolsten, ebreo di origini svedesi e capo scienziato della Pfizer, ha dichiarato che, contrariamente a quanto si possa pensare, «c’è una forte tradizione ebraica nel dare un contributo all’umanità e in particolare all’interno della medicina». I vertici della stessa Pfizer, ossia il presidente Albert Bourla e la vicepresidente Sally Susman, sono ebrei, così come è ebreo il presidente di AstraZeneca, Leif Johansson, e il suo amministratore delegato, Pascal Soriot. Ma anche molte altre grandi aziende farmaceutiche specializzate in vaccini contro il Covid-19 hanno nel proprio organigramma importanti professionisti ebrei. Moderna, per esempio, può vantare come amministratore delegato l’ebrea Stéphane Bancel e come direttore medico l’ebreo Tal Zaks (divenuto famoso nel 2020 per aver dichiarato: «Il nostro vaccino [anti Covid-19] garantirà l’immunità a lungo»). Johnson & Johnson, invece, ha come presidente l’ebreo Alex Gorsky, così come è ebreo Stanley Erck, presidente e amministratore delegato di Novavax, e Alexander Gintsburg, direttore dell’Istituto di Ricerca di Epidemiologia e Microbiologia di Mosca e creatore del vaccino Sputnik V.

Pertanto, questa evidente matrice ebraica delle aziende farmaceutiche occidentali ha senza dubbio influenzato l’estensione del cosiddetto “obbligo ebraico” a paradigma globale. Se in principio l’imposizione della vaccinazione rappresentava una specificità giudaica, limitata alla mentalità religiosa degli ebrei, con la pandemia di Sars-CoV-2 diviene un «dovere religioso» per il mondo intero. E ciò è avvenuto grazie alla costante influenza che l’ebraismo sionistico esercita nella medicina e nei media progressisti occidentali, i quali fin dal principio hanno alimentato l’idea (illusoria) di un super-vaccino salvifico che avrebbe salvato il mondo dal terribile Covid-19. In realtà, così facendo, i media non hanno fatto altro che preparare il terreno per l’accettazione della vaccinazione di massa a livello globale, creando le basi per l’avvento dell’attuale “società pandemica“: una società “della paura”, divisa in classi sanitarie e perennemente precaria, in cui il valore di un cittadino è determinato esclusivamente dal suo certificato verde, il cosiddetto green-pass.


Modello israeliano

Tuttavia, Israele è stato uno dei primi paesi al mondo (dopo Gran Bretagna, Australia e Canada) ad autorizzare la vaccinazione di massa. «Siamo stati i primissimi con i vaccini, eravamo già pronti a metà novembre», ha dichiarato Arnon Shahar, responsabile del piano vaccinale di Israele. «Ci siamo affidati alla digitalizzazione perché sapevamo che non potevamo affidarci alla carta, non potevamo rischiare problemi di falsificazione».

Inoltre, Israele è stato anche il primo paese al mondo ad autorizzare la seconda dose, e poi la terza, ed oggi «si va verso la quarta», benché Ali Waxman, uno dei massimi esperti di Sars-CoV-2 in Israele, abbia ammesso che «i vaccini non possono risolvere la pandemia». Tale approccio, come ha rammentato l’AGI, ha portato lo Stato israeliano ad essere il «primo nella corsa alla vaccinazione» contro il Covid-19, nonché un vero «modello per il mondo», come ha dichiarato Benjamin Netanyahu. È in Israele, infatti, che per la prima volta – nel febbraio 2021 – si introduce il famigerato sistema del green-pass, conosciuto come “distintivo verde“, il quale verrà poi imposto, in brevissimo tempo, a tutto l’Occidente, provocando conseguenze inimmaginabili. È il cosiddetto «modello israeliano», meglio definibile “modello halakhico“.


Conclusioni

Come previsto, gli unici a trarre profitto e a beneficiare da tutto questo sono state le grandi aziende farmaceutiche produttrici di vaccini. Secondo un recente studio, infatti, Pfizer, BioNTech e Moderna, vendendo «la stragrande maggioranza» dei loro vaccini «ai paesi ricchi, a spese delle nazioni meno sviluppate», starebbero realizzando «un profitto combinato di 65.000 dollari al minuto»: una cifra impensabile e del tutto irraggiungibile per loro, se il cosiddetto “obbligo ebraico” di vaccinazione derivante dall’Halakha non fosse stato esteso a livello globale, divenendo – come già detto – un «dovere religioso» per il mondo intero.

A conferma di ciò, Sigfrido Ranucci, noto giornalista e conduttore di Report, ha recentemente dichiarato, con molta sincerità, che la terza dose di vaccino contro il Covid-19 (e forse non solo quella) è in sostanza «business delle case farmaceutiche». Come dargli torto?!


Di Javier André Ziosi

5 commenti

  • Già lo pensavo da tempo, ma ora ho la conferma. Bravi

  • Articolo agghiacciante ! Dietro ad una pandemia progettata a tavolino viene scoperta anche la Religione, che non dovrebbe essere inserita quando le persone rischiano la loro salute e, soprattutto, quando si parla di Religione ebraica, una Religione pericolosissima ora che è stata scoperta la sua intrusione dietro alla vaccinazione anti Covid. Gli Ebrei, essendo sempre stati potenti, hanno ficcato il naso pure nella medicina. Incredibile, ma vero. Articolo da diffondere per comprendere ancora di più che l Ebreo ha le mani in pasta ovunque. Ripeto: articolo agghiacciante !

  • E Speranza è ebreo. Il cerchio è chiuso.

  • Ricordo che nei suoi libri, il dott. Hamer ne parlava già di sionismo nella medicina, a proposito delle cure contro il cancro.

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