La rivoluzione nazionalsocialista. Appunti politici di Joseph Goebbels

Nel 1943, fu consegnato ai nuovi membri dell’NSDAP il libro ‘Ich kämpfe. Die pflichten des parteigenossen’ (‘Io combatto. I doveri del camerata di partito), un breve volumetto destinato a fortificare la Weltanschauung nazionalsocialista e dare ai nuovi membri gli strumenti ideologici adeguati al fine di rinnovare la fede nel Führer e nel Reich tedesco. Fra i brevi scritti contenuti al proprio interno, vi è ‘La rivoluzione nazionalsocialista’ , scritto dal Ministro della Propaganda Joseph Goebbels, il quale riproponiamo qui in forma integrale al fine di far comprendere, in tutta la sua nudità, la rivoluzione hitleriana, vista dall’autore come «il processo del “diventare popolo”». Buona lettura!

La rivoluzione che abbiamo compiuto è una rivoluzione totale. Essa ha coinvolto e trasformato da cima a fondo tutti i settori della vita pubblica. Ha completamente cambiato – dando poi loro nuova forma – i rapporti degli uomini tra loro, i rapporti degli uomini verso lo Stato e verso le problematiche dell’esistenza. È stata davvero l’apparizione di una giovane Weltanschauung che per quattordici anni aveva combattuto all’opposizione per conquistare il potere, per poi dare al popolo tedesco – con l’ausilio di tale potere – un nuovo senso dello Stato. Ciò che è accaduto dal 30 gennaio 1933 in poi è soltanto l’espressione visibile di questo processo rivoluzionario. Ma non è in quel momento che è iniziata la rivoluzione in quanto tale. Infatti, in tal modo essa è stata soltanto portata a conclusione. Si trattava della lotta per l’esistenza di un popolo che, per il suo stile di vita arcaico e le idee superate, sarebbe stato altrimenti maturo per il tracollo.

Le rivoluzioni hanno le proprie leggi e anche le proprie dinamiche. Quando esse hanno oltrepassato una determinata fase del loro sviluppo, si sottraggono al potere degli uomini e obbediscono esclusivamente alla legge in base alla quale esse sono iniziate. Sta nella natura di ogni vera rivoluzione il fatto che essa vada fino in fondo, e che non conosca alcun compromesso. O intende spingersi fino all’ultimo obiettivo – e allora essa sarà permanente e duratura – oppure si accontenta di un processo a metà – e in tal caso sarebbe stato meglio che non fosse mai iniziata. Le rivoluzioni non si limitano mai al campo puramente politico; partendo da tale campo, esse coinvolgono tutti gli altri settori della convivenza umana. Economia e cultura, scienza e arte, non ne sono assolutamente risparmiate. Tutto ciò è politica in un senso più elevato di quello che comunemente noi intendiamo.

Ogni rivoluzione ha la sua tendenza; ha un obiettivo che si prefigge e verso il quale tende con uno sforzo appassionato. Non potrà fermarsi fino a quando questo obiettivo non sarà raggiunto; e, una volta raggiunto, deve vegliare gelosamente affinché esso venga rafforzato e salvaguardato. Qui, tuttavia, la parola “tendenza” viene elevata ad un significato più elevato di quello che solitamente gode nel linguaggio comune. La tendenza in quanto tale non è né buona, né cattiva; non ha valore affermativo, né negativo. Si tratta sempre dell’obiettivo che essa vuole. È la grandezza dell’obiettivo che dà grandezza alla tendenza; e l’insignificanza dell’obiettivo fa sbiadire la tendenza, riducendola una semplice ombra. Le rivoluzioni che realizzano un sovvertimento di grande portata storica propugnano una tendenza la cui grandezza è analoga alla loro. Si deve approvare la tendenza, se si dà una risposta affermativa alla rivoluzione. Se invece la si rifiuta, non ci si oppone alla tendenza, bensì alla rivoluzione stessa, e prima o poi quest’ultima scomparirà nel suo turbine.

Il significato della rivoluzione che abbiamo compiuto è il “diventare popolo” della nazione tedesca. Questo “diventare popolo” è stato per duemila anni il desiderio e l’anelito di ogni buon tedesco. Molte volte si è cercato di realizzarlo con mezzi legali: ciascuno di questi tentativi fallì. Solo in questa focosa eruzione di fervore nazionale del nostro popolo è diventato possibile esaudire questo sogno. La sua attuazione fu tanto più esaltante, spontanea e selvaggia quanto più a lungo si era cercato di fermarla con delle dighe artificiali. Ciò che dall’alto non si era potuto fare – e che il più delle volte non si era neppure voluto fare – noi l’abbiamo realizzato in maniera concreta agendo dal basso. Il popolo tedesco – in passato, quello in assoluto più ferito al mondo; quasi atomizzato da partiti politici e opinioni; smantellato e disperso nelle sue parti, e pertanto condannato all’impotenza nella politica internazionale; dal 1918 senza armi e, quel che fu ancora peggio, senza volontà di affermarsi tra gli altri popoli – si rialzò in piedi, dando una straordinaria dimostrazione del suo senso di forza nazionale, realizzando quindi un’unificazione che fino ad allora solo pochi uomini forti e fiduciosi avevano ritenuto possibile, ma che era stata sbeffeggiata e respinta da tutti gli altri, dato che la ritenevano improbabile e contraria ad ogni esperienza e lezione della storia.

Oggi, noi non possiamo ancora valutare la portata storica di questo processo del “diventare popolo”. Noi stessi, che abbiamo preparato tale processo, restiamo di fronte ad esso in profonda ammirazione, senza renderci assolutamente conto della sua grandezza e del suo significato, che influenzerà anche il futuro. Tramite la nostra rivoluzione, noi abbiamo superato un passato di impotenza tedesca; in essa, il popolo ha ritrovato sé stesso; la rivoluzione ha impresso nell’essenza tedesca un nuovo tratto del carattere. Per tutti i tempi a venire non si potrà più parlare di Germania, senza partire da essa.


Di Joseph Goebbels

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