Verità nascoste. Le incredibili testimonianze di un ex membro delle SS-Ahnenerbe

A tratti sconvolgente ed incredibile, la seguente intervista ci porta nei meandri di quel Deep State tanto menzionato, ma non ancora ben compreso, i cui tentacoli impugnano da secoli le leve che contano della politica, dell’economia e della cultura di tutto l’Occidente.

Ero andato in Bolivia per rivedere il sito archeologico di Tiwanaku e per visitare i musei antropologici di La Paz. In Argentina, avevo conosciuto precedentemente Wilfred von Oven, che era stato l’addetto stampa personale di Joseph Goebbels. Conversando con lui, avevo appreso che era nato in Bolivia, proprio a La Paz, dove conservava ancora conoscenze e amicizie. Approfittai quindi dell’occasione per chiedergli se poteva farmi conoscere a La Paz qualche esponente della comunità tedesca che potesse darmi qualche ragguaglio sulle SS-Ahnenerbe. Ma l’anziano tedesco mi aveva chiesto semplicemente di dirgli quando sarei stato a La Paz e in quale albergo mi sarei fermato. Sarei stato contattato da chi di dovere a tempo debito.

L’arrivo a La Paz, con un aereo della LAB Airlines, era sempre un’incognita e una sorpresa. Un’incognita perché si trattava di vecchi aerei, dei DC8 dismessi dall’Alitalia, acquistati dalla Yugoslav Airlines e poi rivenduti in Bolivia. Mezzi un tantino usati e forse con una manutenzione un po’ ridotta. L’aeroporto, situato a 4.200 metri di altezza, nonostante il pomposo nome di Aeropuerto Internacional John F. Kennedy, recentemente cambiato in Aeropuerto Internacional El Alto, era incredibilmente piccolo, in mezzo alle montagne, con una pista di atterraggio cortissima. Come al solito, la luce era straordinariamente intensa e faceva freddo. Una specie di lapide ricordava a tutti i viaggiatori che l’aeroporto era stato costruito e donato dagli Stati Uniti. Avendo avuto precedenti esperienze di viaggio in Bolivia, cominciai subito a bere il mate de coca (un benefico infuso di foglie di coca) per evitare il soroche (mal di montagna) e abituare l’organismo alla minor ossigenazione derivante dall’aria rarefatta.

La strada verso La Paz, situata soltanto un poco più in basso (400 o 500 metri), attraversava El Alto, un enorme agglomerato di costruzioni scalcinate e cadenti, avvolte in un polverone costante. Le automobili attraversavano questa zona su quello che sembrava un percorso di guerra su terra battuta, dove i veicoli – senza la minima intenzione di tenere la destra – avanzavano in ordine sparso a zig zag, da entrambe le direzioni, schivando sia i grossi buchi della careggiata che le macchine provenienti dal verso opposto. Era una sorta di gigantesco parco di autoscontri alla rovescia, dove tutti cercavano di passare ovunque, evitando gli altri e le trappole del terreno. Va detto, inoltre, per chi non lo sapesse, che a La Paz non esistono – o almeno non esistevano a quel tempo – i semafori.

Finalmente, dopo quasi una ventina di chilometri, si arrivava all’Hotel La Paz (ex Sheraton). Grazie alla prenotazione fatta da Buenos Aires, l’accoglienza alla reception fu rapidissima; mi venne consegnata una busta e potei sistemarmi immediatamente in camera, dove mi fu servito l’ennesimo mate de coca. La busta, che aprii subito con curiosità, conteneva un foglio dattiloscritto in spagnolo che recitava: “Sta sera, alle 21, dinanzi all’entrata dell’hotel un’automobile passerà a prenderla per una cena boliviana“. Seguiva una firma illeggibile.

Alle 21 in punto salivo su un vecchio modello, perfettamente tenuto, di Mercedes, il cui autista – un boliviano color bronzo – ci salutò educatamente, informandomi che saremmo arrivati a destinazione in pochi minuti. Infatti, neanche dieci minuti dopo, scendevo davanti ad un’insegna che recitava “Peña Najra“, abbastanza vicino alla Chiesa di San Francisco, a poca distanza dal Mercado de los Brujos. Entrai nel locale, una specie di taverna tipica, e fui accompagnato al tavolo, dove erano già sedute una decina di persone. Le nazionalità di provenienza erano quanto mai varie: Cile, Svizzera, Francia, Germania e, naturalmente, Bolivia. Dopo le presentazioni in un guazzabuglio babelico di idiomi, si decise, di comune accordo, di incamminare la conversazione in spagnolo, lingua del luogo e lingua franca per tutti. L’anfitrione, verso cui tutti si dirigevano con un atteggiamento rispettoso, sedeva a capo tavola e ci fece accomodare alla sua destra. Era un uomo molto anziano, con la faccia coperta di rughe e due occhi chiari e vivaci, ancora vigoroso, di statura medio-alta, calvo, con un atteggiamento composto senza eccessi di formalità.

La cena cominciò con delle salteñas piuttosto saporite, annaffiate con un generoso vino rosso argentino di Mendoza, tra i migliori vini del mondo anche se poco conosciuto internazionalmente. La conversazione girò attorno a vari temi di attualità. Compresi che tutti gli altri commensali erano assidui frequentatori dell’anfitrione e che ci si aspettava di valutare il mio comportamento. Evidentemente, ero stato raccomandato da von Oven, che dovevamo considerare una persona di assoluta fiducia, ma volevano capire che cosa stavo esattamente cercando. Tra un picante de pollo e dei letali locotos rellenos (piccanti come l’inferno e forse un po’ di più), l’anfitrione mi chiese che cosa mi aveva portato in Bolivia, che non era certamente l’ombelico del mondo. Cosi ebbi l’opportunità di parlare del mio interesse per le rovine archeologiche di Tiwanaku, le teorie di Edmund Kiss e quelle di Arthur Posnasky, quanto avevo appreso dalle ricerche di Jacques de Mahieu, relazionando tutto con le ricerche della Deutschsches Ahnenerbe ed esprimendo l’opinione che esse avessero avuto un qualche seguito dopo la seconda guerra mondiale. L’anziano annuì, confermando silenziosamente. Gli altri commensali interloquirono, facendo commenti e completando quanto avevamo sommariamente accennato, confermando la mia convinzione secondo la quale quella gente non era affatto a digiuno del tema. La conversazione si fece animata, tutti ormai partecipavano ed ebbi l’impressione, dopo aver chiacchierato su diversi argomenti relativi al tema, di aver superato l’esame. Più tardi, gustando una mazamorra, l’anfitrione mi invitò a visitarlo a casa sua il giorno dopo per discorrere sull’argomento. Ringraziai, accettando immediatamente. Poteva essere una buona occasione per imparare qualcosa di nuovo.

Il giorno dopo la stessa automobile passò a prendermi in albergo e mi fece scendere dal centro della città verso la zona residenziale, situata qualche centinaio di metri più in basso, fino ad una villa immersa nel verde. Il maggiordomo che mi aprì la porta dopo pochi secondi dallo squillo del campanello mi fece accomodare in un’ampia biblioteca le cui finestre davano su un parco. L’ospite mi raggiunse dopo pochi minuti, durante i quali approfittai per esplorare l’ambiente. Le pareti erano ricoperte da una boiserie in rovere e i ripiani della biblioteca erano strapieni di libri recenti e vecchi; le costole logorate dall’uso evidenziavano titoli in varie lingue, dal tedesco al francese, dallo spagnolo all’italiano, dal latino al russo. Su una parete spiccava un grande arazzo, o per meglio dire un ricamo su seta, raffigurante una donna assisa al trono con un cartiglio che recitava “Grossdeutschland Gott mit Uns“. La mia sommaria ispezione fu interrotta dall’anziano gentiluomo che mi salutò affabilmente e affrontò direttamente l’argomento: «Wilfred [von Oven] mi ha detto che lei sta facendo delle ricerche sulle SS-Ahnenerbe e cerca informazioni. Sono qui per aiutarla, ma ad un patto: che riferisca esattamente quello che le potrò dire, senza deformare le mie parole». Annuii silenziosamente e convenimmo quindi di registrare la conversazione per poi mettere tutto per iscritto senza possibili fraintendimenti. Ecco il risultato.


– Gli studi delle SS-Ahnenerbe sono continuati dopo la Seconda guerra mondiale?

– Per quello che ne so, una parte della documentazione è stata distrutta su dirette istruzioni del Reichsführer-SS Heinrich Himmler, soprattutto quella che riguardava la parte più esoterica. Gli Alleati hanno sono venuti in possesso soltanto di alcuni documenti sulle ricerche mediche, che non erano collegate direttamente alle SS-Ahnenerbe, e che venivano condotte nei Konzentrationslager (KZ). Così hanno proseguito, per esempio, gli esperimenti con i raggi Röntgen… Ma lei saprà che non era questo il campo specifico delle SS-Ahnenerbe, le quali invece si occupavano – sotto il profilo strettamente scientifico – delle ricerche sull’origine della razza ariana e delle diverse razze ed etnie umane.

– Non le sembra riduttivo, al giorno d’oggi, parlare di “razza ariana”? Tutti gli scienziati oggi concordano sul fatto che esiste soltanto l’Homo Sapiens Sapiens, dunque un’unica razza umana, e non invece diverse razze – superiori ed inferiori- come ipotizzato dalle ricerche condotte nel Terzo Reich…

– Gli scienziati sono sempre – o quasi sempre – d’accordo con l’ideologia dominante… Provi a mettere vicino un Alano e un Chihuahua: ovviamente sono entrambi dei cani (genere Canis), ma non potrà sostenere che siano della stessa razza! Così prenda un cinese e un pigmeo e provi a sostenere che non vi è nessuna differenza! Sono d’accordo sul fatto che le differenze morfologiche non siano fondamentali nella definizione di razza, poiché dipendono da molti fattori esterni (come il clima e l’ambiente), ma in qualche modo una popolazione si stabilizza in una media standard di caratteristiche. Il fatto di accettare il concetto di razza non significa necessariamente voler stabilire una scala di valori con razze superiori e razze inferiori, ma semplicemente riconoscere che vi sono gruppi etnici diversi tra loro, con specifiche caratteristiche proprie. Se un gruppo umano vive durante un periodo di mille anni nel deserto, avrà logicamente delle caratteristiche comportamentali diverse da quelli vissuti – ad esempio – in una steppa. Non so se lei conosce le opere del dottor N. C. Doyto: i suoi studi di etologia applicata agli uomini sono estremamente chiari e dettagliati e riflettono i risultati più recenti di ricerche a continuazione di quelle delle SS-Ahnenerbe. E poi vorrei rivolgerle una domanda: se esiste davvero un’unica razza umana, qual è il genere e quale la specie?

Si, ho letto alcuni libri di Doyto, e mi sono sembrati molto documentati, anche se devo confessarle di non essere in grado di valutare appieno le sue conclusioni, non essendo un esperto di antropologia, né di etologia. Ma, ritornando al nostro tema, non le sembra che parlare di razze umane differenti possa portare ad una concezione razzista?

– Accettare la realtà significa cercare di comprendere la natura. Negarla sarebbe voler negare l’evidenzia. Se esistono differenti razze di cani, di gatti e di tanti altri animali, perché ostinarsi a voler nascondere l’esistenza di differenti razze umane? Forse ci si ostina a voler parlare di “etnie“, soltanto perché il termine “razza” non è considerato politicamente corretto?! O vuol forse dirmi che, se per strada incontra un africano, lo scambia per un europeo o per un cinese? Le razze sono semplicemente la differenziazione di una specie, ognuna con le sue differenti caratteristiche, determinate dall’essere vissuta in un determinato ambiente per molto tempo. Se per razzismo intendiamo semplicemente riconoscere l’esistenza in natura di questi gruppi differenziati fra loro, allora possiamo riconoscere di essere francamente razzisti. Non si tratta di parlare di razze superiori o inferiori – almeno a questo punto del discorso – ma di razze differenti (oltre che per le caratteristiche fisiche, anche e soprattutto per tipo di comportamento).

– E come spiega il rapporto del nazionalsocialismo con gli ebrei?

– Qui dovrò darle una lunga risposta, che però non so se potrà soddisfarla appieno. In primo luogo, ci sarebbe bisogno di rispondere a una domanda: che cosa sono gli ebrei? Sono state date – prima, durante e dopo il Terzo Reich – molte risposte in merito: sono un gruppo religioso, sono una razza, sono una grande famiglia endogamica e così via. Tutte risposte parzialmente vere, ma solo parzialmente. In fondo, la storia – così come ci è stata raccontata – è costellata di menzogne. Nell’ultimo secolo abbiamo assistito alla nascita del sionismo, come movimento degli ebrei sparsi in tutto il mondo per ritornare in Palestina, nella presunta terra dei loro avi. E qui sta il nodo della questione. Il sionismo è in realtà un movimento costituito dai Rothschild per creare le basi del reclamo della terra che oggi conosciamo come Israele e che invece, per diritto storico, appartiene ai palestinesi. Il sionismo è un movimento politico creato, finanziato e promosso dai Rothschild per creare lo Stato di Israele – una strategia organizzata a livello mondiale. Già uno dei Rothschild aveva dichiarato che erano stati loro a creare lo Stato di Israele come un loro giocattolo personale per diventare ancora più ricchi e potenti. È un fatto assodato che proprio i Rothschild, attraverso i loro agenti, avevano finanziato i primi coloni, manipolato gli eventi legati alla Prima guerra mondiale, favorito l’ascesa del nazionalsocialismo al potere, utilizzando poi gli argomenti della persecuzione e della Shoah per raggiungere il vero obiettivo, ossia la creazione dello Stato di Israele. Il progetto era stato pianificato già nell’800, con le richieste di creare in Palestina uno Stato in cui potessero far ritorno gli ebrei. Un chiarimento significativo lo possiamo trovare in una lettera dell’ateo David Ben Gurion del 1938, nella quale sosteneva che salvare le vite degli ebrei dai nazisti era una potenziale minaccia per il sionismo, a meno che gli ebrei venissero portati in Israele, poiché se il sionismo avesse dovuto scegliere tra gli ebrei e lo Stato ebraico, avrebbe sempre preferito quest’ultimo. In effetti, se vuol vederlo in questo modo, il sionismo non è altro che una specie di fascismo nazionalista. I palestinesi furono mandati forzosamente in esilio o ammazzati dalle organizzazioni terroristiche ebraiche (Irgun, Haganà, Banda Stern…) comandate da quelli che poi sarebbero diventati i Primi Ministri d’Israele, come Menachem Begin, Yitzhak Shamir (divenuto celebre per la sua affermazione: «I palestinesi saranno schiacciati come cavallette, […] le loro teste spaccate contro le rocce e i muri») e Ariel Sharon. Adesso Israele è uno Stato militarizzato e razzista (nelle scuole, ad esempio, è proibito l’uso dell’arabo, e nella distribuzione delle abitazioni si applica una forma di selezione discriminatoria: prima gli askenaziti provenienti dall’Europa, poi quelli degli Stati Uniti, quindi i sefarditi e alla fine musulmani e cristiani). E guardi qui [l’anziano si alzò, estrasse un libro dalla biblioteca e me lo mostrò; era di Primo Levi; quindi lo aprì e mi lesse un trafiletto]: «Gli occhi azzurri e i capelli biondi sono essenzialmente malvagi». Se uno di noi dicesse adesso che i capelli neri e il naso adunco sono malvagi, cosa succederebbe? Pioverebbero accuse di razzismo a non finire, e l’Anti-Defamation League organizzerebbe subito manifestazioni e processi…

– Lei sta facendo affermazioni molto gravi…

– Ma c’è di peggio, e mi scusi l’interruzione. Il fatto è che non esiste una razza ebraica. Ci sono ebrei tedeschi, russi, americani. Quindi è un razzismo strano, un razzismo senza razza. Eppure, quando si parla di ebrei, tutti immaginano uno specifico tipo fisico con grossi nasi aquilini e grande abilità nella finanza, nella matematica e in quelle materie che richiedono astrazione. E la cosa più strana e misconosciuta è che la maggior parte di quelli che chiamiamo ebrei non hanno nessun antenato proveniente dalla “Terra promessa”. Uno scrittore ebreo come Arthur Koestler ha dichiarato a chiare lettere che gli ebrei non hanno nessun diritto storico sulla Palestina, poiché sono discendenti dei Kazari, un popolo dell’Asia centrale, probabilmente di origini turche, stanziato nel sud della Russia e nella zona del Caucaso. Essi avevano creato un vasto impero la cui influenza arrivava fino in Polonia, Ungheria e Romania. Il loro Khan, Bulan Sabriel, nel 740 adottò la religione ebraica per motivi squisitamente politici, ossia per non essere assorbito dagli Stati cristiani, a Occidente, e da quelli musulmani, a Oriente. E la quasi totalità di quelli che chiamiamo ebrei discendono da loro, che hanno appunto quel naso aquilino che si associa generalmente agli ebrei. Allora come mai questi vogliono discendere dagli abitanti della “Terra promessa”? Pretese senza senso. Dunque, anche il termine “antisemitismo” non ha senso. Con la loro forzata conversione all’ebraismo, decisa dall’alto – come già detto – per motivi politici, divennero in pratica la Tredicesima Tribù d’Israele e oggi sono i cosiddetti askenaziti, che rappresentano almeno il 90% degli ebrei. Il resto – ben pochi – è costituito dai sefarditi, provenienti dal bacino del Mediterraneo. In Palestina, essi hanno potuto convivere con musulmani e cristiani per secoli, senza mai reclamare il possesso esclusivo del territorio. Ma, dal 1948, sono gli askenaziti quelli che detengono il potere in Israele, quelli, cioè, che non avevano mai parlato l’ebraico, ma che possedevano una loro lingua, l’yiddish, una sorta di dialetto tedesco corrotto e impreciso, che poi incluse termini slavi e turchi. In definitiva, gli ebrei attuali non hanno una vera tradizione culturale comune, ma abitudini e comportamenti derivanti dalla loro esperienza sociale e da una religione che moltissimi non praticano, ma che crea l’illusione di una pseudo-nazionalità, di una lealtà di gruppo di tipo tribale.

Però non va dimenticata la tradizione della stella di Davide e di Salomone…

– A questo proposito, le dirò una cosa molto interessante. Il simbolo della stella a sei punte, il cosiddetto Sigillo di Salomone, quello – per intenderci – che appare nella stessa bandiera di Israele, era semplicemente il simbolo che era rappresentato sulla bandiera a sfondo rosso che la Boemia aveva prescritto agli ebrei nel 1354, e che la famiglia Rothschild aveva adottato nel 1822, apponendolo sul loro vecchio scudo rosso che appariva davanti alla loro vecchia bottega di usurai a Francoforte. Era un vecchio simbolo usato da maghi arabi ed europei. Su questa scelta molto si potrebbe dire, forse ne parleremo più tardi…

Ma lei è sicuro di quello che dice?

– Una stella a sei punte è stata trovata anche nel pavimento di una moschea del 1200 a Tel Aviv. La verità storica è stata manipolata, soprattutto per quanto concerne la creazione dello Stato di Israele. Il costo in vite umane, arabe ed ebree, è stato enorme. Tutto a causa della famiglia Rothschild. Ma esiste anche un silenzio complice, quello della Chiesa cattolica. Nelle biblioteche vaticane sono conservati documenti e libri in grado di provare questo inganno, come tanti altri, ma le autorità ecclesiastiche tacciono. E i Rothschild detengono il titolo di “Guardiani dei Tesori del Vaticano”. Vada a leggersi la Jewish Encyclopedia… Anzi, eccola qua [l’anziano si alzò, estrasse dalla biblioteca il secondo di una serie di dodici vecchi voluminosi volumi e lo sfogliò, soffermandosi sulla pagina 497, e mi indicò il paragrafo in questione].

– Mi perdoni, ma questa mi sembra un’enorme e mostruosa teoria del complotto frutto di una mente paranoica. Come può dimostrarmi che quello che mi racconta è vero?

– Lei ha ragione, sembra tutto completamente assurdo, eppure è la verità e glielo sto dimostrando. Tralasciamo la storia della famiglia dalla battaglia di Waterloo, che segnò l’inizio dello strapotere dei Rothschild con una gigantesca speculazione, ben nota a tutti, fino alla Prima guerra mondiale. Lo scoppio della Prima guerra mondiale fu fortemente voluto dalle grandi banche legate alla famiglia per eliminare i vecchi imperi (Germania, Austro-Ungheria, Russia, Turchia), come auspicato alla fine del XIX secolo dalle logge massoniche. Tra l’altro, ricordiamoci che la Turchia in quel conflitto si schierò a fianco della Germania e dell’Austria e ne pagò le spese con il trattato di pace, subendo lo smembramento dell’impero. Ma il trattato di pace diede anche ai Rothschild la proprietà della ferrovia costruita dai tedeschi in Palestina, fino allora parte dell’impero ottomano, mettendo così un’importante ipoteca su quei territori. I Rothschild avevano concesso prestiti alla Turchia per circa 100 milioni di sterline dell’epoca, quindi fecero pressioni affinché il governo inglese assumesse il mandato sulla Palestina. Era il primo passo per creare il futuro Stato di Israele. È inoltre assodato che la famiglia finanziò fin dal XIX secolo l’immigrazione di ebrei in Palestina e nel frattempo si espandeva anche negli Stati Uniti. Jacob Schiff, della banca dei Rothschild di Francoforte, vi si trasferì e col capitale della famiglia prese il controllo di una piccola banca di Cincinnati di proprietà degli ebrei Abraham Kuhn e Solomon Loeb. Edmund Rothschild era allora presidente della Jewish Colonisation Association (la più importante organizzazione sionista). Egli aveva seguito le istruzioni dell’antenato Amschel Mayer Rothschild (clausola 15 delle sue ultime volontà), secondo le quali tutti i suoi discendenti dovevano rimanere fedeli alla loro ancestrale fede ebraica. Comunque erano stati coinvolti in diverse società segrete, dagli Illuminati di Baviera alla massoneria e la carboneria. Esistono documenti chiari a riguardo. Ma anche i sansimoniani, che hanno anticipato il comunismo, erano collegati a loro. Nel 1840, i Rothschild mandarono a Damasco l’ebreo francese e massone Adolphe Crémieux con almeno 1000 sterline, assieme a Salomon Munk e Sir Moses Montefiore, per liberare una decina di ebrei accusati di omicidi rituali. Essi erano anche alla base della nascita della loggia ebraica B’nai B’rith. Ma sono anche membri prominenti del Gruppo Bilderberg, che è collegato al Council on Foreign Relations. Quest’ultimo non sembra essere una società segreta, ma in realtà era nato come parte di una società segreta. Si trattava di un gruppo al quale partecipavano, tra gli altri, Cecil Rhodes, Alfred Milner, Arthur Balfour, Henry Johnston, Jacob Rothschild e Sir Edward Grey. L’idea del gruppo, denominato Round Table Group, era quella di preparare un nuovo ordine mondiale socialista. Ne derivarono due organizzazioni: il Royal Institute of International Affairs (in Inghilterra) e il Council on Foreign Relations (negli Stati Uniti). Le sembra poco? Ma le dirò di più: i Romanov avevano ingenti depositi, almeno 115 milioni di dollari dell’epoca, nelle banche dei Rothschild, i quali finanziarono la rivoluzione bolscevica e non consentirono agli eredi dello Zar di toccare neppure un centesimo, grazie all’appoggio della famiglia Mountbatten.

– Ma cosa ci avrebbero guadagnato i Rothschild?

– Hanno investito sulla rivoluzione comunista, hanno incassato dai bolscevichi milioni di dollari in oro, e si sono tenuti anche i depositi dello Zar. In valori attuali, possiamo parlare dell’equivalente di oltre 50 miliardi di dollari. E questo è soltanto il lato economico della questione, non quello politico. Le sembra poco?

– Ma lei mi sta tenendo una lezione di storia piuttosto eterodossa. Cosa c’entra tutto questo con le SS-Ahnenerbe?

– È una lunga storia, ma tutto questo glielo devo raccontare perché si arriva alla conclusione per gradi. Se non si conoscono gli antefatti, non si può comprendere la conclusione della storia. Questa famiglia ha perseguito i suoi fini per secoli, spesso per vie traverse e inimmaginabili. Hanno influenzato l’Esercito della Salvezza al punto che questo ha adottato lo scudo rosso della famiglia come simbolo, hanno finanziato la Chiesa cattolica e il movimento mormone, hanno finanziato le attività dei Morgan e dei Rockefeller (ebrei anche loro), di Edward Harriman e David Carnegie. Forse lei non ci crederà, ma i Rothschild controllano quasi la metà delle ricchezze del pianeta. Il Federal Reserve System è controllato da cinque banche, che ne detengono il 53%. Queste banche sono a loro volta controllate dalla Nathan Mayer Rothschild & Sons di Londra. Ma questa famiglia controlla anche la Federal Express. In pratica, i Rothschild hanno già privatizzato gli Stati Uniti, a cui passano istruzioni attraverso la CIA. Ma non voglia obbligarla a credermi sulla parola. La stessa Jewish Encyclopedia indica che anche altre famiglie sono partecipi del piano generale, oltre i Rothschild e i Rockefeller. Stiamo parlando della famiglia Lazard, della famiglia Stern, della famiglia Speyer, della famiglia Sichel, della famiglia Eleison, della famiglia Hanaus, della famiglia Geisenheimer, della famiglia Goldschmidt, della famiglia Hildesheim e della famiglia Baruch. I Rothschild possiedono anche i principali network degli Stati Uniti e l’agenzia Reuter; hanno il controllo dell’informazione e della CNN, che ripete come un pappagallo le informazioni che le passa la Reuter. Nulla entra nella vita di tutti come la televisione.

– Capisco che lei abbia dei risentimenti nei confronti degli ebrei, ma devo dirle che mi sembra che stia esagerando. Non crede, in tutta sincerità, di avere dei preconcetti nei loro confronti e di deformare la storia a suo uso e consumo?

– Comprendo benissimo il suo punto di vista, mi sembra logico e normale. Come potrebbe un nazionalsocialista essere obiettivo nei confronti degli ebrei e dei loro capi? Ma le dirò una cosa: legga il libro Baron James: The Rise of the French Rothschilds di Anka Muhlstein. L’autrice è una scrittrice ebrea, quindi non si può pensare che ne parli male. Troverà che è una lettura molto interessante, con i giri di valzer tra l’appoggio finanziario a Napoleone e il voltafaccia finale. Prima, durante il blocco navale, si dedicarono al lucroso contrabbando, poi fecero la grande speculazione di Waterloo. I cinque fratelli erano sparsi nelle principali capitali d’Europa e comunicavano tra di loro in codice, con un proprio servizio di corrieri, molto più veloce di quello degli altri Stati. Si passavano così tutte le informazioni politiche ed economiche. E le dirò qualcosa che la sorprenderà. Tra le famiglie associate ai Rothschild c’è anche la famiglia Spring (originariamente Sprigstein). Uno di loro era il padre segreto di Lincoln, come provato da un lascito testamentario trovato di recente. Lincoln ebbe una relazione con Elizabeth, figlia illegittima di Pietro Leopoldo d’Asburgo, da cui nacquero due gemelle, Elle ed Emily. La moglie legittima di Lincoln, Mary Todd, era una oppiomane, e il suo fornitore era niente meno che John Wilkes Booth. Senza farla troppo lunga, Lincoln fu ucciso dalla moglie con una Derringer (una piccola pistola a un solo colpo, adatta più alla difesa di una signora che per l’omicidio premeditato di un presidente in un teatro affollato) per difendere gli interessi dei Rothschild e dei loro associati. Questo tanto per darle una visione non ufficiale della storia. Le cose non sono mai come le raccontano.

– Ma questo è mostruoso! Non può raccontarmi cose di questo genere!

– La verità è spesso mostruosa e incredibile. Ma ora arriva un punto interessante. Le famiglie Rothschild e Rockefeller, che combattono per il controllo del mondo, sono in concorrenza in molti settori, mentre in altri invece collaborano. È una relazione molto complessa, una situazione molto difficile da districare, perché non si tratta di un semplice rapporto d’affari, ma di qualcosa molto più ampio. I Rothschild hanno avuto antenati rabbini, probabilmente anche occultisti e cabalisti. Il loro più antico antenato conosciuto era Uri Feibesch, che nel XVI secolo viveva a Francoforte; poi, nel XVIII secolo, troviamo Moses Bauer, che abitava nella Frankfurter Judengasse. Poi Mayer Amschel Bauer prese il nome Rothschild (“Scudorosso”) dal loro simbolo: un esagramma rosso, conosciuto come stella a sei punte o “Sigillo di Salomone”. Esso, in realtà, era un simbolo occultistico, simbolo di Moloch, di Astaroth e di Saturno. È l’equivalene del Tao cinese, con lo yin e lo yang (i due opposti). Esso è un simbolo magico per eccellenza, ora divenuto simbolo dell’identità ebraica e di Israele. Mayer entrò in contatto con i circoli massonici attraverso il ricchissimo Landgravio di Hesse, imparentato con Re Giorgio d’Inghilterra, e probabilmente anche con l’enigmatico conte di Saint Germain, che comunque visse gli ultimi anni della sua vita presso gli Hesse. Inoltre, Mayer visse accanto a un’altra famiglia che più tardi diede molti agenti ai Rothschild, la famiglia Schiff. I Rothschild furono anche membri prominenti della Tungebund, una società segreta tedesca anti-napoleonica protetta dalla massoneria. Quando fu sciolta, i suoi membri confluirono in altre organizzazioni massoniche. Durante il XIX secolo presero il controllo della finanza inglese e della tesoreria tedesca. Si infiltrarono anche in Austria, ottenendo dagli Asburgo dei titoli nobiliari. Avevano già abbondantemente manipolato il Congresso di Vienna attraverso Klemens von Metternich. Più tardi, fecero crollare il Secondo impero francese, guadagnandoci su come al solito. Nella seconda metà del XIX secolo, la filiale tedesca e la filiale italiana chiudevano. Però avevano cominciato l’espansione in America, aiutando il Nord nella guerra civile. Loro emissari erano Judah Benjamin, John Pierpont Morgan e il “colonnello” Edward Mandell House.

– E tutto ciò che rapporto aveva con gli ebrei?

– Buona domanda. La famiglia Rothschild è universalmente considerata protettrice degli ebrei, ma la realtà è ben diversa. Pur venendo considerati come la famiglia reale degli ebrei, hanno aiutato gli ortodossi che credono nel Vecchio Testamento e aspettano ancora il Messia? No. Hanno aiutato gli ebrei messianici che ritengono che Gesù sia stato un Messia? No. Si sono limitati a controllare il movimento sionista come un oggetto proprio. Hanno ammassato denaro e potere.

– Ma non capisco una cosa; c’è una contraddizione in quello che lei mi ha detto. Com’é possibile che i Rothschild abbiano anche appoggiato la rivoluzione bolscevica, mentre ammassavano denaro? Il comunismo non era forse un pericolo anche per loro?

– Niente affatto! Il loro piano era sempre lo stesso: creare una tesi e una antitesi, e controllarle entrambe. Il risultato sarebbe stato la sintesi desiderata. L’ordine nasce dal caosOrdo ab Chao… Il tutto, sfruttando le opportunità fornite dagli eventi del momento. In qualche modo, anche il nazionalsocialismo venne usato in quest’ottica. Il piano prevedeva tre guerre a livello planetario. Con la prima, si distruggevano le vecchie monarchie tradizionali e si creava il caos in Europa, mentre in Russia si formava una dittatura comunista, sicura base di future sovversioni. Fu creata la Società delle Nazioni per controllare la politica mondiale, e furono poste le basi del futuro Stato di Israele. Ma sorse il nazionalsocialismo come reazione… Loro, comunque, ne approfittarono per dare avvio alla Seconda guerra mondiale, la quale fu più sanguinosa e feroce della Prima, poiché essi si trovarono di fronte una volontà pari alla loro. Ma il potere dell’oro e del tradimento poté di più del ferro e del valore. Con la Seconda guerra mondiale, la potenza dell’Europa fu annullata, ed anche i presunti vincitori europei non ne ricavarono niente: la Francia perse le sue colonie e si ridusse ad uno spettro dell’antica grandezza, mentre l’Inghilterra perse il suo impero grazie a Winston Churchill, un ubriacone pieno di debiti che cedette l’impero agli americani in cambio di armamenti, quasi come se uno cedesse la propria casa in cambio di elettrodomestici! E gli inglesi lo considerano ancora un grande statista, dopo che li ha rovinati! Come sono stati indottrinati bene!

– Come avrebbero usato il nazionalsocialismo?

– Tra i finanziatori del nazionalsocialismo troviamo moltissime banche e società americane, come la Chase Manhattan Bank, che era dei Rockefeller, i quali controllavano anche la Deutsche Bank. Le ricerche sull’eugenetica, che dopo la guerra hanno tanto inorridito (a parole) gli americani, sono state finanziate dai Rockefeller, dai Warburg e da Edward Harriman. E le ricordo che il centro degli studi genetici era New York, dove nel 1932 si tenne il Congresso Internazionale di Eugenetica. Anche la Dillon, Read & Co., una banca di investimenti di cui era presidente James Forrestal, finanziò le acciaierie Thyssen, la Vereinigte Stahlwerke, la Ruhrgas, la Siemens, la Rheinelbe Union, la Ruhrchemie e altri importanti gruppi tedeschi. Allo scoppio della guerra, Forrestal divenne Ministro della Marina, dopo aver progettato – con Theodore Roosevelt e il Council on Foreign Relations – il piano per consentire agli Stati Uniti – o, meglio, all’élite che controllava e continua a controllarli – di diventare la super-potenza egemone. E il vice di Forrestal, Howard Peterson, in precedenza avvocato della IG Farben negli Stati Uniti, fu chi ebbe l’incarico di designare i giudici del processo di Norimberga contro gli industriali tedeschi. Ma, alla fine della guerra, Forrestal denunciò la volontà di Henry Truman di colpire il Giappone con le bombe atomiche, nonostante le richieste di pace avanzate dall’imperatore Hirohito attraverso l’URSS. Ed ebbe una colpa ancora più grave, ossia quella di opporsi alla creazione dello Stato d’Israele. Fu quindi dimissionato, internato per depressione psichica in un ospedale militare (in stile sovietico), dove si “suicidò” opportunamente. Ma andiamo avanti. Dopo la Prima guerra mondiale, la Germania ricevette prestiti dalla famiglia Rothschild attraverso l’America del Sud, mentre a Wall Street vennero preparati due piani – il piano Dawes e il piano Young – destinati a creare un sistema di controllo finanziario mondiale – ovviamente in mano a dei privati – sui sistemi politici di tutti i paesi. Fu un anticipo della globalizzazione… Come presidente della Reichsbank fu imposto, dai banchieri di Londra e New York, il finanziere Hjalmar Schacht, vicino ai Morgan, che fu il creatore della celebre Bank for International Settlements, con sede in Svizzera. Gli accordi e i trattati susseguenti la Prima guerra mondiale furono tutti dettati dalla finanza internazionale, come asserito anche da Lloyd George sul Journal American di New York il 24 giugno 1924. Nei consigli di amministrazione di tutti i grandi gruppi industriali tedeschi si erano insediati i rappresentanti dei gruppi finanziari americani, che permisero – anzi, favorirono – il riarmo della Germania hitleriana. Vuole un esempio? La IG Farben era il principale produttore di esplosivi ed era controllata dai Rothschild. Un altro esempio? Tra gli azionisti di maggioranza della General Electric Company c’era la famiglia Roosevelt. Le grandi corporazioni americane avevano già finanziato la campagna elettorale di Hitler con circa 3 milioni di marchi, i quali erano pervenuti a Schacht (poi assolto a Norimberga, dopo aver alluso – nella propria deposizione – al fatto che il nazionalsocialismo fosse semplicemente una forma di socialismo dirigistico simile al New Deal americano, e lanciando un avvertimento che arrivò a destinazione e gli salvò la vita) e a Rudolf Hess (rinchiuso nel carcere di Spandau fino alla morte – avvenuta per mezzo di un falso suicidio – affinché non parlasse). Dopo aver finanziato generosamente la Germania e il suo riarmo, cominciarono la campagna di denigrazione, contestando le leggi razziali di Norimberga, che erano la copia delle disposizioni di segregazione razziale degli ebrei, ed esagerando il pericolo tedesco con una propaganda intensiva e presentando Inghilterra e Stati Uniti come i paesi democratici futuri liberatori del mondo. E il processo di Norimberga fu una tragica farsa, in quanto si addebitò ai tedeschi la responsabilità della guerra; i politici del Terzo Reich vennero impiccati e chi non volle collaborare alla stesura della “verità” ufficiale venne torturato. Il processo ebbe anche la funzione di demonizzare per sempre i regimi fascisti, che – nonostante tutte le manipolazioni – avevano messo in pericolo l’egemonia del banchieri.

E il comunismo? Non mi ha spiegato perché i banchieri non ne avrebbero avuto paura…

– Ha ragione, mi sono lasciato prendere dalla foga e così ho perso il filo del discorso . Sappiamo bene – e credo non sia necessario ribadirlo ora – che la rivoluzione bolscevica fu finanziata sia dalla Germania imperiale – attraverso una banca svedese di proprietà dell’ebreo Olof Aschberg – sia dalle grandi banche internazionali. Sembra contradditorio che il super-capitalismo abbia appoggiato un movimento come quello comunista, nemico dichiarato – almeno a parole – del capitalismo. Ma va ricordato come gli ideali massonici di questa élite capitalistica tendano alla creazione di un nuovo ordine mondiale in ottica sinarchica. Insomma, ciò che vorrebbero è un unico governo mondiale, una pianificazione delle economie di tutti i paesi, la creazione di un socialismo blando, controllato dai grandi finanzieri. Dunque, il bolscevismo era soltanto una pedina, una fase di passaggio. E così Jacob Schiff, della banca Kuhn, Loeb & Co., finanzia dal 1905 al 1922 i rivoluzionari russi; il milionario William Thomson regala ai bolscevichi 1 milione di dollari nel 1917, ed altre associazioni (quasi tutte con sede nel grattacielo dell’Equitable Life Assurance Society, compagnia di assicurazioni dei Rockefeller) inviano contributi sostanziosi, che arrivano in Russia dagli Stati Uniti attraverso una serie di banche corrispondenti legate al Morgan Guaranty Trust. Ma le racconterò un altro aneddoto significativo. Quando Lev Trotsky si mosse dagli Stati Uniti, con passaporto americano ottenuto tramite il “colonnello” Edward House, eminenza grigia del presidente Thomas Woodrow Wilson, fu fermato dalla polizia canadese, che gli trovò addosso 10 mila dollari, un importo sostanzioso per l’epoca. Forse era parte del cospicuo contributo consegnatogli da Mary Fels della Fabian Society. Dopo la fine della Prima guerra mondiale continuarono gli interventi economici e finanziari per sostenere il regime sovietico; i due terzi dell’industria sovietica, secondo le dichiarazioni dello stesso Stalin, erano stati realizzati grazie all’aiuto statunitense, pari ad almeno 63 miliardi di dollari. Troviamo tra i finanziatori la Chase National Bank, l’Equitable Trust, la General Electric Company, la RCA Corporation, la Ford, la Caterpillar Inc. e centinaia di altre imprese americane. Non le sembra sufficiente?

– E cosa sarebbe successo, secondo lei, dopo la Prima guerra mondiale?

– Il 30 maggio 1919, diversi membri delle delegazioni presenti a Parigi per la Conferenza di Pace si riunirono al Majestic Hotel, convocati da Edmond de Rothschild. Li diresse il “colonnello” Edward House, agente dei Rothschild. Si organizzarono dei gruppi internazionali per la promozione del nuovo ordine, tra cui il Council on Foreign Relations, a New York, e il Royal Institute of International Affairs, a Londra. Nacque anche una terza organizzazione, l’Institute of Pacific Relations, che si occupava dell’Estremo Oriente e che poi facilitò l’attacco giapponese a Pearl Harbor. Altri gruppi furono costituiti a Parigi (come il Centre d’Ètudes de Politique Ètrangère) e ad Amburgo (come l’Institut für Auswärtige Politik, diretto da Mendelssohn Bartholdy). Le posso citare anche alcuni nomi dei fondatori del Council on Foreign Relations: il “colonnello” Edward House, agente dei Rothschild ed eminenza grigia di Thomas Woodrow Wilson, John F. Dulles del gruppo Kuhn, Loeb & Co. (che poi, nel 1933, diede al partito nazionalsocialista 1 miliardo di dollari) e Allen Dulles (sempre del gruppo Kuhn, Loeb & Co.). I finanziamenti per l’avvio del Council on Foreign Relations provenivano dalla JP Morgan & Co., da Bernard Baruch, da Jacob Schiff, da Otto Kahn, da Paul Warburg e, tra gli altri, da John Davison Rockefeller. I fondi per il Royal Institute of International Affairs, invece, erano stati forniti dalla famiglia Astor. Ma perché le racconto tutto questo, che in fondo non sembra nemmeno essere direttamente connesso con le sue ricerche sulle SS-Ahnenerbe? Perché in Germania avevano capito che erano stati “infiltrati” dal capitale dei Rothschild, ma non potevano farci niente e, d’altra parte, volevano usare le risorse che arrivavano, applicando il concetto esoterico e magico di trasformare il veleno in medicina. Così, Heinrich Himmler decise di procedere alle ricerche sull’origine della razza, senza trascurare – con la massima discrezione – gli studi esoterici. Ma ci sono tante cose che lei deve sapere, per poter comprendere appieno tutti i risvolti. Facevo parte di un’associazione di ex combattenti della Seconda guerra mondiale, quando nel 1958 – nei pressi di Innsbruck – visitai, con una delegazione di camerati, l’Ammiraglio Karl Dönitz. Nel corso della conversazione ci raccontò che erano quasi pronti alcuni nuovi modelli di sottomarini, che sarebbero entrati in servizio tre settimane dopo la fine della guerra, come anche altre nuove armi grazie alle quali le sorti della guerra sarebbero potute cambiare. Ma, soprattutto, ci spiegò – con un leggero sorriso – come la resa senza condizioni l’aveva firmata in qualità di Comandante supremo delle forze armate, e non come Cancelliere del Reich. Pertanto, secondo il diritto internazionale, il Reich non era finito, ma soltanto non poteva operare come soggetto di diritto internazionale per mancanza di un governo. Più tardi, mentre presiedeva una riunione dei membri del governo del Reich, arrivarono dei militari inglesi che gli spogliarono completamente, perquisendoli anche nelle parti intime, e li portarono in prigione, dove furono processati come criminali di guerra. Va rivelato che, nel 1946, gli Alleati siglarono un “accordo di controllo”, valido fino al 2090, mai annullato, né derogato, con un regolamento per i futuri governi tedeschi. Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia installarono a Bonn un governo delle potenze occupanti e fu scritta una legge fondamentale (Grundgesetz), che non è affatto una costituzione, come molti credono ingenuamente. Da tutto ciò discende che né la Germania, né l’Austria possono firmare un trattato di pace, dal momento che non esiste un governo legittimo. Nel 1952, Stalin propose di riunificare la Germania, indire lezioni generali e, con il governo così costituito, firmare un trattato di pace. I tre Alleati occidentali sostennero che era un problema dei tedeschi e sentirono Konrad Adenauer, che non ritenne interessante la proposta. Così, i russi procedettero alla creazione della Repubblica Democratica Tedesca. E con l’Austria si firmò un trattato per cui le truppe occupanti se ne andarono con alcune condizioni e alcune clausole segrete, secondo le quali gli Alleati avevano il diritto di rioccupare l’Austria in qualsiasi momento senza addurre motivazioni.

– E come sarebbero controllati, secondo lei, gli Stati Uniti?

– Non voglio annoiarla… Le dirò semplicemente che lo fanno attraverso il Federal Reserve System. Nel 1963, nel mese di giugno, l’allora presidente John Fitzgerald Kennedy firmò l’ordine esecutivo n. 11110, con cui veniva rimesso in vigore il potere del governo statunitense di emettere moneta senza passare attraverso il Federal Reserve System. Questo, come è noto, affitta le banconote al governo facendosi pagare un tasso d’interesse. Con quell’ordine, Kennedy autorizzava il Ministero del Tesoro a emettere certificati a valere sulle riserve in argento. Questa emissione avrebbe azzerato la domanda di banconote del Federal Reserve System. Furono messi in circolazione certificati per un valore di 4 miliardi di dollari. Il 22 novembre di quell’anno, Kennedy fu assassinato, e cinque mesi dopo fu sospesa l’emissione dei certificati. La norma è sempre in vigore, ma nessun presidente dopo di lui ne ha usufruito…

E riguardo al lato magico ed esoterico delle SS-Ahnenerbe, che cosa mi può dire?

– Lo so che quello che le dirò può sembrare molto strano, però c’è molta gente che crede anche oggigiorno al valore magico dei numeri, proprio come nel Medioevo – ritenuto erroneamente un’epoca tenebrosa. Perciò, le racconterò qualcosa sui misteri magico-cabalistici del processo di Norimberga, svoltosi contro quelli che sono stati definiti i principali criminali di guerra tedeschi. Per cominciare, occorre fare un veloce riassunto circa il significato dei numeri corrispondenti. Guardi qui [l’anziano si alzò ed estrasse dalla biblioteca un vecchio e grosso volume]: questa è l’Enciclopedia Herder, pubblicata a Friburgo nel 1910 e di tendenza strettamente cattolica. La magia della cabala era stata accettata a suo tempo dal cristianesimo, venendo applicata apertamente fino ai nostri giorni. Solo adesso viene usata clandestinamente e di nascosto. Tanto per fare qualche esempio, la cifra 2 significa l’opposto alla subordinazione, il 3 è il numero perfetto e misterioso, il 9 indica i castighi dell’inferno, l’11 è il numero delle disgrazie, poiché ha un numero in più del sacro 10 e uno in meno del sacro 12. Quest’ultimo numero corrisponde alle Tribù d’Israele, ma anche ai profeti. In base a questi numeri, possiamo vedere che, nel processo di Norimberga, erano stati accusati 24 criminali di guerra (cioè 12+12). È notevole il fatto che in questo gruppo sia stato inserito all’ultimo momento l’ammiraglio Erich Raeder, altrimenti al banco degli imputati ve ne sarebbero stati 23, mancando Adolf Hitler. Questa è la prima chiave: essi erano i principali nemici delle 12 Tribù d’Israele e dei 12 patriarchi. Furono condannati a morte in 12, cioè Hermann Göring, Joachim von Ribbentrop, Ernst Kaltenbrunner, Alfred Rosenberg, Hans Frank, Wilhelm Frick, Julius Streicher, Alfred Jodl, Ernst “Fritz” Sauckel, Arthur Seyss-Inquart e, benché assente, Martin Bormann. Così, fu offerto un sacrificio propiziatorio per ognuna delle 12 Tribù d’Israele. Tre vennero assolti: Hjalmar Schacht, Franz von Papen e Hans Fritzsche. Perché? Schacht era un massone di alto grado, che, durante il processo, fece il segnale massonico d’aiuto, mentre von Papen era un gentiluomo della Camera Segreta del Vaticano, come venne comprovato dopo la sua assoluzione. E Fritzsche? Mistero. Degli altri imputati, 7 ricevettero pesanti sentenze: Rudolf Hess, Walther Funk, Erich Raeder, Albert Speer, Baldur von Schirach, Konstantin von Neurath e Karl Dönitz. Robert Ley si suicidò durante il processo, mentre Gustav Krupp von Bohlen und Halbach dovette venir scarcerato per gravissime ragioni di salute. Cabalisticamente parlando, essi ricevevano il castigo dell’inferno. Fino a questo punto tutti i calcoli cabalistici erano perfetti. Poi accadde l’imprevisto: nonostante l’intensa vigilanza (i condannati a morte erano sorvegliati 24 ore su 24 e dovevano dormire con la luce accesa, rivolti verso lo spioncino delle guardie, oltre ad essere sottalimentati), Hermann Göring riuscì a suicidarsi con il cianuro un’ora e mezza prima dell’esecuzione, ossia tra la sentenza e il sacrificio umano. Così, furono soltanto 11 gli uomini sacrificati a Jahwé, e questo numero significa disgrazia! Tentarono di salvare il Feldmaresciallo, ma ogni sforzo fu vano, così dovettero impiccare simbolicamente il cadavere di Göring sul patibolo. Ancora un dettaglio: come fece notare Julius Streicher mentre lo portavano alla forca, il giorno prescelto per l’esecuzione era la festa del Purim. Che casualità, vero?! Comunque, da quel momento, le cose non risultarono conformi ai desideri delle forze magico-cabalistiche; “loro” persero la sicurezza per quanto riguarda le proprie mete, temendo la futura malasorte vaticinata così dalla mistica dei numeri. E la loro malasorte è il risveglio di tutti i popoli, lento, ma irresistibile. Lo so che lei non mi crederà, ma io le ho promesso di dirle molte cose e non mi tirerò indietro…

Questo è veramente qualcosa che non avevo mai sentito, neppure immaginato. Non so che dire a riguardo… Ma ora vorrei farle una domanda diretta: qual è il suo pensiero riguardo ai Protocolli dei Savi Anziani di Sion? Voi nazionalsocialisti li avete sbandierati ai quattro venti come prova di un presunto complotto ebraico, ma i tribunali vi hanno dato torto!

– Lei è male informato, glielo assicuro. Nessun tribunale ha mai decretato che quel libro fosse un falso, scritto da gente della polizia segreta zarista. E poi c’è una prova principe, ossia verificare se le cose sono andate come previsto dal libro. Invece di parlare senza saperne niente di più di quanto affermato ufficialmente dalla stampa asservita, lo legga e poi ne potremo riparlare. In effetti, si tratta di un piano elaborato molto tempo fa nella sostanza e attualizzato periodicamente ogni cento anni nella forma e nei dettagli. Secondo la tradizione (forse leggenda, forse no), una volta ogni secolo gli ebrei, in rappresentanza delle 12 Tribù, si riuniscono di notte nel cimitero ebraico di Praga. Ognuno di loro deve riferire agli altri i risultati raggiunti nei cent’anni passati, per poi stabilire gli obiettivi per i cent’anni futuri. L’assemblea del XX secolo era prevista per il 1941, ma dovette essere tenuta in un altro luogo – fino ad oggi rimasto sconosciuto – perché Praga era controllata dalle truppe tedesche. L’anno viene stabilito in base ai numeri della Cabala (1941=1+9+4+1=15=6). Tutto questo le può sembrare assurdo, lo comprendo benissimo. Ma stia tranquillo, io non voglio convincerla: non sono un missionario. Poiché lei sta facendo questa ricerca, desidero soltanto informarla. Noi pensiamo con la nostra testa, non con quella degli altri. Siamo pochi, perché la maggior parte della gente soccombe sotto l’azione incisiva e martellante dei mezzi di comunicazione. Ma esiste un fattore genetico condizionante: si ereditano sia tendenza psichiche che caratteristiche fisiche. Anche parlando la stessa lingua si possono sentire cose diametralmente opposte. Immagino che lei conosca la teoria dell’inconscio collettivo e la teoria degli archetipi di Carl Gustav Jung. Alcune etnie, come quella ebraica, hanno rinforzato delle norme di comportamento e di sentimento durante secoli e millenni di inbreeding che le ha trasformate in esseri strani per noi, e viceversa. Da qui, discende il vero problema della violenza e degli attuali conflitti nel senso spirituale più profondo. La lotta – nel senso più ampio – sta nell’Invisibile. È l’archetipo di un’etnia che lotta contro quello di un’altra. Gli Dei? Negli archetipi che ognuno di noi si porta dietro, c’è un mistero che ci supera. La personalità, la nostra parte razionale e intellettuale, è la cosa meno importante: essa è soltanto il programma di tutto quello che ci impone l’ambiente. Quello che pensiamo e diciamo e tutte le nostre opinioni non sono altro che ripetizioni di qualcosa che ci viene da fuori: dalla lingua – che impariamo dalla società – alle nostre idee sulla religione e sulla politica, sul bene e sul male… Insomma, tutti i nostri modelli intellettuali. Che cosa resta allora di noi?! Il primo passo è superare la personalità, comprendere, cioè, che essa è una cosa fittizia. Soltanto nel silenzio può affiorare il vero Io, intimamente legato all’incosciente – personale e collettivo. È l’inconscio collettivo quello che porta un’enorme carica di energia archetipica, comune a tutti i membri di un’etnia, sia vivi che morti. Per Jung, un periodo di silenzio era il processo di individuazione, attraverso il quale la personalità si sarebbe immersa nell’inconscio per poi riemergere, dando origine al selbst (sé stesso). Devo proiettare l’inconscio fuori di me, per poter parlare con lui, creando così Cristo, la Vergine Maria, Wotan, Allah, il Cosmo o quello che più mi piaccia o – meglio – quello che contenga la maggior energia del mio inconscio. Io ho un nome, che mi hanno dato i miei genitori; ho le mie abitudini, la mia lingua, le idee che ho assorbito dalla società e dall’ambiente circostante… Questa è la mia maschera, ma chi sono io veramente?! Qual è allora il mio nome vero, quello che appare per un istante sul bordo del Graal davanti a chi, dal Graal, è stato scelto? Vede, noi gnostici formiamo una sorta di confraternita invisibile (anche se non ci conosciamo fra noi) che opera poderosamente dall’Invisibile. In questo piano, tutti continuiamo a combattere. Alessandro Magno, Cesare, Augusto, Juan Domingo Perón, Adolf Hitler, Benito Mussolini e tanti altri, anonimi, stesi nei deserti dell’Africa, nelle steppe dell’Asia, nei campi della Russia, nelle isole del Pacifico… Hanno perso soltanto il loro corpo e non importa come si chiamavano su questa terra; l’importante è attivare l’archetipo invisibile, perché sembra che il Cosmo utilizzi gli uomini per vedere se – di tanto in tanto – qualcuno si sveglia e incarna – almeno parzialmente – l’archetipo. Allora diventiamo delle pile che attivano forze invisibili e immortali. Ben poco contano i corpi; essi sono soltanto contenitori che possono essere sostituiti o rimpiazzati. Le racconterò qualcosa che certamente la stupirà, ma le assicuro che è la pura verità. Era una mattina di ottobre del 1946, faceva freddo e in Germania non c’era né carbone, né legna per scaldarsi. Ero a letto e cercavo di riscaldarmi prima di alzarmi. Improvvisamente, mi sentii uscire dal corpo, il quale restò disteso sul letto. Tutto avvenne in meno di un istante. Volai con la velocità del pensiero attraverso l’universo. La Via Lattea era rimasta dietro di me, ad una distanza infinita, mentre i cumuli di stelle sfrecciavano al mio lato. Vedevo davanti a me, attraverso l’infinito, una luce splendente. Ero arrivato! La luce cominciò ad aumentare, permeando numerosi universi. Era una visione stupenda, impossibile da descrivere, però assolutamente tranquillizzante, che mi diede un certo senso di salvezza e felicità. La luce penetrava tutto quanto; non esisteva nient’altro. Ero immerso completamente nella luce: era il nirvana, la felicità del non-essere, la non-esistenza del tempo, l’alfa e l’omega, la luce eterna. Poi, all’improvviso, mi ritrovai nella mia fredda stanza, con una grande nostalgia per quell’atomo di eternità. Di nuovo sulla terra, per riprendere il mio posto nella “grande lotta“, senza bisogno di chiedere aiuto a nessun Dio, qualsiasi sia il suo nome. Adesso so. Forse ne riparleremo la prossima volta, se ci incontreremo ancora in questa vita. Lei ha conosciuto Miguel Serrano, il poeta, ma non ha conosciuto Nimrod, il teologo. E allora potrà sapere qualcosa della “fine del tempo“. Forse un giorno, chissà…

Mentre l’autovettura mi riportava in albergo, mi sorpresi a guardare il cielo sempre terso di La Paz, cercando invano di mettere ordine nella mia testa. Credevo di incontrare un vecchio fanatico, forse un rustico veterano di guerra, e invece che cosa avevo trovato? Un anziano gnostico, un filosofo? Non lo so.


Di Gianfranco Drioli

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