Soldati o transgender? Come Joe Biden ha trasformato l’esercito americano in un «esperimento sociale»

Il declino dell’Impero a stelle e strisce va di pari passo con il declino delle sue forze armate, divenute un vero e proprio “esercito gender”, un’orda sessual-progressista che – ad oggi – non ha paragoni nel mondo

Di recente, mentre il rischio di una guerra mondiale – e addirittura “atomica” – fra Stati Uniti e Russia si fa sempre più conclamato, il quotidiano Pravda (organo storico del Partito comunista russo) ha fatto notare che «i transgender e l’ideologia di Joe Biden stanno portando l’esercito americano al declino», e che «la politica del presidente influisce direttamente sulla capacità di difesa dello Stato».

A prima vista, potremmo pensare che si tratti di propaganda, cioè di una fake news, di una “bufala” nata per denigrare l’avversario e danneggiarne l’immagine, proprio come accadeva ai tempi della Guerra fredda. Ma – contrariamente a quanto si possa pensare – non è così. Il quotidiano russo, infatti, senza inventare alcun particolare, fa riferimento ad un controverso articolo scritto dall’accademico statunitense Kevin Roberts e pubblicato il 3 aprile sul sito di Fox News Channel, nel quale vengono esposte le preoccupazioni circa la deriva “progressista” presente nell’esercito americano.

In pratica, Roberts – che è presidente della Heritage Foundation, noto think thank di orientamento conservatore con sede a Washington – non ha fatto altro che denunciare, attraverso dati ufficiali e osservazioni oggettive, la «strisciante politicizzazione» presente nell’esercito e nel Pentagono, nonché il «suo impatto corrosivo sulla difesa nazionale americana», arrivando ad asserire che «la capacità» dei soldati «di svolgere il proprio lavoro è stata minata dai leader civili [LGBT] più interessati all’indottrinamento e alla politica di parte che alla prontezza alla guerra». Secondo l’accademico, il quale fa riferimento ad un rapporto del 13 ottobre 2022 commissionato dalla stessa Heritage Foundation, le implicazioni legate all’agenda “Diversità, equità e inclusione” «stanno divenendo una pericolosa distrazione per i militari e le donne che si sono arruolati per proteggere» e «difendere il nostro paese e i nostri valori». Il team Biden – spiega Roberts – non è soltanto «più interessato all’attivismo culturale che all’addestramento, al combattimento e alla letalità», ma sta «degradando l’ethos del guerriero, basato su valori come il coraggio, l’onore e il sacrificio di sé, da cui dipendono il morale militare, il rispetto e il successo [delle forze armate]». Di conseguenza, mentre il Pentagono finanzia corsi sulla «storia delle drag queen», la «fiducia del popolo nell’esercito sta precipitosamente diminuendo, e persino le famiglie militari – da cui provengono gran parte delle reclute – sono meno propense a raccomandare la vita militare».

L’anno scorso, l’esercito americano ha addirittura «mancato il suo obiettivo di reclutamento del 25%» e, secondo Roberts, quest’anno sarà «ancora peggio». La Marina, l’Aeronautica e il celebre Corpo dei Marines hanno infatti iniziato il 2023 «con un livello inferiore del 50% rispetto al normale numero di reclutamento», mentre la Heritage Foundation – contro ogni aspettativa – ha di recente valutato la preparazione delle forze armate americane «debole», poiché – secondo Roberts – le cosiddette politiche “inclusive” e l’eccessiva «politicizzazione» della leadership militare ne hanno profondamente minato «l’efficacia militare».

Ma è davvero così, o siamo dinanzi a sproloqui senza senso di fanatici bigotti? Come ha fatto l’esercito più potente del mondo, finanziato con 816 miliardi di dollari all’anno, a divenire – contro ogni aspettativa – una forza armata «debole»? La “teoria gender” propugnata dal Team Biden sta veramente permeando i gangli dell’esercito americano, minando la sua professionalità e, soprattutto, la sua prontezza alla guerra?


Un po’ di storia

Per rispondere alle suddette domande è necessario fare qualche premessa, asserendo innanzitutto che il fenomeno del transgenderismo nell’esercito americano – contrariamente a quanto si possa pensare – non è nuovo, ma risale al tempo della Guerra civile (1861-1865). All’epoca, come ricorda la giornalista Bonnie Tsui nell’opera She went to the field. Women soldiers in the Civil war, le donne si occupavano prevalentemente di questioni domestiche e, durante la guerra, potevano al massimo svolgere la mansione di infermiere, senza poter prestare servizio in combattimento. Malgrado ciò, circa 400 donne – approfittando della selezione poco rigorosa degli eserciti in guerra – riuscirono a farsi arruolare travestendosi da uomo. «Se necessario», spiega Tsui, «si legavano il seno e indossavano vestiti a strati o semplicemente abiti larghi, si tagliavano i capelli corti e si sporcavano il viso». E, una volta al fronte, «hanno fatto tutto ciò che hanno fatto gli uomini. Hanno lavorato come scout, spie, guardie carcerarie, cuochi, infermieri e hanno lottato in combattimento».

Se scoperte – spiega Tsui – di norma «venivano semplicemente mandate a casa», anche se alcune «furono brevemente imprigionate». Ad ogni modo – conclude la giornalista – «non sembra esserci stato molto clamore», in quanto il travestitismo nelle forze armate – all’epoca – era un fenomeno pressoché irrilevante, del tutto impercettibile, che non incideva sul rendimento e sull’immagine dell’esercito. Inoltre, alle sue spalle non vi era alcun movimento politico o dogma sessual-libertario, ma soltanto amor di patria e, soprattutto, sete di avventura. Dopo la guerra, infatti, molte donne riacquisirono la vecchia identità femminile, tornando a svolgere le questioni domestiche, mentre solo poche altre – come la nota e controversa Jennie Hodgers aka Albert Cashier – mantennero l’identità maschile per tutta la vita, ingannando sé stesse e gli altri.

Nel tempo, però, soprattutto durante i mandati del presidente democratico Franklin Delano Roosevelt (1933-1945), si andò a formare quella che il professor David K. Johnson (autore del best-seller The Lavender Scare) ha definito «sottocultura gay e lesbica». Epicentro di tale “sottocultura” – dichiara Johnson – fu la città di Washington, la quale «ospitava diversi bar gay», frequentati da travestiti e depravati d’ogni genere, che non avevano nulla a che fare con le “donne soldato” travestite da uomo durante la Guerra civile. È qui che, per la prima volta, grazie alle politiche urbanizzative del New Deal, si va a formare quella coscienza attivistica LGBT che, dopo la Seconda guerra mondiale, porterà «migliaia di donne e militari» a riversarsi per le strade, «promuovendo una mentalità del “tutto va bene“». Erano i primi germi del flagello progressista.

Primo divieto

Nel 1952, mentre il celebre Lafayette Park di Washington – a pochissima distanza dalla Casa Bianca – diventava «una nota zona di incontri per uomini gay», venne svolto il primo intervento chirurgico di “riassegnazione del sesso” su un cittadino americano. ‘Ex soldato diventa una bellezza bionda’ , scriveva il Daily News, facendo riferimento al reduce della Seconda guerra mondiale George William, divenuto Christine Jorgensen. Nel tempo, però, come ha dichiarato il professor Johnson, «cominciò a crescere in tutta la nazione la preoccupazione che la moralità americana fosse in uno stato di declino». E tale preoccupazione non era certo infondata. A cavallo tra gli anni ’40 e ’50, infatti, i famigerati “rapporti Kinsey” avevano messo a nudo le perversioni e le numerose sfaccettature sessuali del popolo yankee, suscitando forti polemiche fra i conservatori e l’establishment militare, mentre le forze armate erano divenute un crocevia di gay e travestiti, molti dei quali legati a doppio filo all’ideologia comunista. Così, nel 1953 – con l’affermarsi del cosiddetto Lavender Scare – il presidente repubblicano Dwight D. Eisenhower emise l’ordine esecutivo 10450, che escluse migliaia di candidati lesbiche e gay dai lavori governativi. Solo negli anni ’60, però, tale ordine – senza suscitare troppo fragore – venne applicato per vietare alle persone transgender di prestare servizio nell’esercito.

Il divieto durò oltre mezzo secolo, durante il quale – spiega la giornalista Sarah Pruitt – «centinaia di migliaia di gay e lesbiche» prestarono servizio nell’esercito «mantenendo il silenzio sulla loro identità sessuale per paura di essere congedati». All’inizio degli anni ’90, tuttavia, nacque ufficialmente la politicaDon’t ask, don’t tell”, la quale «impediva alle persone omosessuali di rendere pubblico il proprio orientamento sessuale durante il servizio militare, pena l’esclusione dalle forze armate». Tale politica, su pressione dell’Human Rights Campaign, venne abrogata nel 2011, consentendo agli omosessuali di prestare apertamente servizio nelle forze armate; uno studio dell’epoca condotto dal William Institute di Los Angeles censì addirittura oltre 1milione di veterani LGBT. Per i transgender, invece, il divieto durò fino al 2016, anno in cui si contarono fra le forze armate circa 15.500 individui trans «in servizio attivo» ed almeno 150.000 veterani. È in questo periodo, dunque, che il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti – in seguito a numerose pressioni da parte delle organizzazioni militanti, come il TLC e il Lambda Legal – si apre all’ideologia gender, subendo l’influenza della lobby LGBT e dei poteri forti ad essa connessi. Emerge così la Transgender American Veterans Association (TAVA), la cui lotta porterà all’istituzione di un nuovo e particolare programma di assistenza sanitaria per soldati transgender, il VHA LGBTQ+ Health Program.


Secondo divieto

Molti conservatori, però, non ci stanno, e nel 2017 – in seguito alla vittoria elettorale del repubblicano Donald Trump – viene annunciato il ripristino del divieto per i transgender di servire nelle forze armate. «Dopo esserci consultati con i generali e gli esperti militari, informiamo che il governo degli Stati Uniti non accetterà e non permetterà agli individui transgender di ricoprire nessuna funzione nell’esercito statunitense», annunciò Trump in un tweet. «I nostri militari devono concentrarsi sulla vittoria decisa e schiacciante e non possono essere gravati dai tremendi costi medici e dai turbamenti che essere transgender comporterebbe».

La reazione delle organizzazioni militanti fu immediata. L’Human Rights Campaign – riporta Vanity Fair – definì l’annuncio del divieto «vergognoso», asserendo persino che esso «limita le risorse militari e mette in pericolo le vite». Anche «Hollywood e i vip» si mobilitarono «contro l’annuncio del presidente Trump». L’attore George Takei, ad esempio, definì Trump «il presidente più stupido e più incompetente, ma anche il più crudele», mentre il regista Dustin Lance Black dichiarò che «non possiamo lasciare che Donald Trump riporti indietro le lancette sui nostri coraggiosi soldati trans». Malgrado ciò, nell’estate 2017 il nuovo presidente emanerà il Memorandum presidenziale sul servizio militare di individui transgender, impedendo ufficialmente ai candidati trans di prestare servizio nelle forze armate.

Arriva Biden

Ma, con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca, tutto cambia, al punto che il giornalista Devin Dwyer di Abc News inizia a parlare di un vero e proprio «capovolgimento». Biden, infatti, revocando il divieto emesso da Donald Trump nel 2017, «dà inizio a una nuova era di servizio militare aperto agli americani indipendentemente dall’identità di genere o dall’orientamento sessuale», facendo in modo – spiega la giornalista Gloria Oladipo – di «aiutare le persone trans a ottenere un accesso più facile ai servizi governativi». In breve tempo, il Dipartimento della Difesa – sempre più compromesso con la potente lobby transgender – diviene così «il più grande datore di lavoro LGBT del paese». Un controverso studio del 2022 condotto dalla National LGBTQ Task Force di Washington ha persino rivelato che «il 20% delle persone transgender [negli Stati Uniti] ha prestato servizio militare» e che gli individui trans, dall’arrivo di Joe Biden, hanno addirittura «il doppio della probabilità» di entrare nelle forze armate rispetto alle persone eterosessuali.

«L’America è più forte, nei propri confini e all’estero, quando è aperta a tutti», ha dichiarato in merito Joe Biden. «L’esercito non fa eccezione. Consentire a tutti gli statunitensi che ne hanno titolo di mettersi al servizio del loro paese in uniforme è positivo per l’esercito e per il paese, perché forze armate aperte a tutti sono forze armate più efficienti».


Esperimento sociale

Dal 2021, l’esercito americano diviene a tutti gli effetti un esercito LGBT, strettamente legato all’agenda “Diversità, equità e inclusione” . Molti repubblicani, però, non sono d’accordo e fremono per il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Così, nel febbraio 2023, il senatore della Florida, Marco Rubio, convinto che il team Biden abbia «trasformato» l’esercito americano in un «esperimento sociale», emana l’Ensuring Military Readiness Act, il quale – se applicato – «vieterebbe a qualsiasi individuo con una storia o una diagnosi di disforia di genere di prestare servizio militare». Tale legislazione – sponsorizzata dai senatori repubblicani Marsha Blackburn, Ted Budd, Mike Braun e Tommy Tuberville – è stata introdotta alla Camera dal rappresentante degli Stati Uniti, Jim Banks, il quale ha subito fatto notare che «il nostro disegno di legge garantisce che il Dipartimento della Difesa anteponga la letalità e la prontezza all’ideologia di estrema sinistra [di Joe Biden]».

Dello stesso parere è il senatore Blackburn, che ha dichiarato: «L’esercito degli Stati Uniti non è un posto per esperimenti sociali. Alla Cina comunista, alla Russia, all’Iran e alla Corea del Nord non importa quali siano i pronomi dei nostri militari. Dobbiamo tornare a mantenere un forte esercito e mostrare al resto del mondo che gli Stati Uniti prendono sul serio la nostra sicurezza e la nostra libertà».

Il senatore Budd, invece, ha messo in chiaro che, «con le tensioni globali attualmente in aumento, è imperativo riportare la nostra attenzione sulla prontezza militare, non su un’ideologia risvegliata. L’esercito americano non è un posto dove sperimentare l’ingegneria sociale», mentre il senatore Tuberville ha ribadito: «Il mondo è sull’orlo di un grande conflitto e l’esercito americano deve essere pronto a combattere in qualsiasi momento. Ora non è il momento di svolgere sperimentazioni sociali con le nostre forze armate a scapito della prontezza, del morale e della nostra difesa nazionale. I militari mantengono rigorosi requisiti mentali e fisici perché i nostri membri del servizio devono essere i più capaci e dispiegabili possibile. Tali requisiti dovrebbero includere tutte le condizioni che rendono un membro del servizio fisicamente inadatto a prestare servizio, compreso il lungo e costoso processo di transizione di genere».


Per concludere

Se tale disegno di legge verrà approvato, non lo sappiamo. In ogni caso, per concludere, è possibile affermare che l’esercito americano – come ha dichiarato il quotidiano Pravda – è certamente in «declino», soprattutto se si pensa che, secondo un recentissimo studio condotto dal Pentagono, il 77% dei candidati militari «non sono ammissibili per molteplici motivi», come il sovrappeso, il consumo di droghe e malattie mentali. Inoltre, come abbiamo dimostrato nel presente articolo, l’altissima percentuale di soldati transgender e omosessuali ha fatto dell’esercito americano una vera e propria orda sessual-progressista, un “esercito gender” che – ad oggi – non ha paragoni nel mondo; né in Europa, né altrove esistono infatti forze armate analoghe a quelle americane. Il declino dell’Impero a stelle e strisce va di pari passo con il declino del suo esercito. Nihil morte certium.


Di Amedeo Cavazzoni

4 commenti

  • Racconto agghiacciante che mette quasi prurito.. una vergogna che un Presidente permette tutto questo.. si vede l’ingenuità di Biden sotto i poteri oscuri.. è un burattino delle mani di questi loschi Signori che mettono il Mondo a soqquadro.
    La vergogna e la dignità non vanno di pari passo e gli USA hanno scelto la vergogna, anche in campo militare.
    Il Paese dove tutto si può, dove non esistono più linee di confine da rispettare.

    Buon articolo. Ben strutturato, con tanti dettagli che rendono la Verità ancora più cruda di quella che si presenta…

  • Un’altro buon motivo x votare Trump. W l’America repubblicana!

  • Все новые технологии на первом месте

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