«Ho creduto nella vittoria, come credo in Dio». Le ultime parole di Benito Mussolini prima di essere giustiziato

Nella notte fra il 27 e il 28 aprile del 1945, in attesa di essere trasferito a Giulino di Mezzegra per essere fucilato, Benito Mussolini si trovava a Germasino, presso la caserma locale della Guardia di Finanza. Qui, gli fu servita la cena, preparata dall’unica trattoria del paese, e poi fu fatto riposare. Durante la notte, però, non riuscendo a dormire, Mussolini scrisse le sue ultime parole, le quali fino ad oggi sono rimaste praticamente inedite. Le riproponiamo qui a scopo di studio per la prima volta dopo quasi un secolo. Buona lettura!

Non è la fede che arriva nell’ora del crepuscolo quella che mi sostiene; è la fede della mia infanzia e della mia vita che mi impone di dover credere, anche quando avrei diritto di dubitare.

Non so se questi miei appunti saranno mai letti dal popolo italiano; vorrei che così fosse, per dargli la possibilità di raccogliere, in confessione di fede, il mio ultimo pensiero.

Non so nemmeno se gli uomini mi concederanno il tempo sufficiente per scriverli. Ventidue anni di governo non mi rendono probabilmente degno, a giudizio umano, di vivere altre ventiquattrore.

Ho creduto nella vittoria delle nostre armi, come credo in Dio, Nostro Signore; ma più ancora credo nell’Eterno, adesso che la sconfitta ha costituito il banco di prova sul quale dovranno venire mostrate al mondo intero la forza e la grandezza dei nostri cuori.

È ormai un fatto che la guerra è perduta, ma è anche certo che non si è vinti finché non ci si dichiari vinti.

Questo dovranno ricordare gli Italiani, se, sotto la dominazione straniera, arriveranno a sentire l’insoffocabile risveglio della loro coscienza e dei loro spiriti.

Oggi io perdono a quanti non mi perdonano e mi condannano condannando sé stessi.

Penso coloro ai quali verrà negato per anni di amare e soffrire per la Patria e vorrei che essi si sentissero non solo testimoni di una disfatta, ma anche alfieri della rivincita.

All’odio smisurato e alle vendette, subentrerà il tempo della ragione.

Così, riacquistato il senso di dignità e dell’onore, sono certo che gli Italiani di domani sapranno serenamente valutare i coefficienti della tragica ora che vivo.

Se questo è dunque l’ultimo giorno della mia esistenza, intendo che anche a chi mi ha abbandonato e a chi mi ha tradito, vada il mio perdono, come allora perdonai al Savoia la sua debolezza.


Di Benito Mussolini

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