Ebraismo e Seconda guerra mondiale. Rivelazioni politicamente scorrette sulle responsabilità ebraiche nello scoppio del conflitto

A quasi ottant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, le sue origini sono ancora avvolte dal mistero. La storiografia accademica crede di avere le idee chiare, ma tali idee vengono smentite dalla storiografia revisionista

Secondo la storiografia accademica, la Seconda guerra mondiale – con tutta la sua drammaticità – ebbe origine con l’attacco della Germania di Hitler alla Polonia, nel settembre del 1939. Stando alla narrativa dominante, esso fu un evento inaspettato: Francia e Inghilterra, d’istinto, avrebbero poi, in maniera del tutto legittima, dichiarato guerra alla Germania, colpevole – ai loro occhi – di nutrire un radicale espansionismo razzista, inconciliabile col pensiero liberal-democratico e, quindi, degno di essere distrutto. Fu quindi, secondo gli storici della propaganda accademica, un processo del tutto naturale, attraverso il quale Francia e Inghilterra si opposero alle “barbarie” naziste per il bene del mondo intero. Ma in realtà le cose non andarono proprio così.

Come dimostreremo nel presente articolo (il quale attinge da rarissime fonti d’epoca, ebraiche e non), vi fu una “mano nascosta” – la mano viscida e purulenta di Sion – che, manovrando le democrazie occidentali in ottica anti-tedesca e anti-nazista, preparò a tavolino – attraverso misteriose riunioni private e “pressioni” diplomatiche, oggi ignorate dalla maggior parte degli storici accademici – la Seconda guerra mondiale. La Germania – come vedremo – fu dunque una “vittima” dell’ebraismo, il quale, fin dal 1933, spingeva per la guerra contro il nazionalsocialismo tedesco. Ma andiamo con ordine, e partiamo dal principio.


Boicottaggio anti-nazista

Tutto cominciò con l’ascesa politica di Adolf Hitler, leader incontestabile del Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi (NSDAP). Come ha dichiarato l’intellettuale Giovanni Preziosi nel pamphlet Gli ebrei hanno voluto la guerra (1942), «fu con l’avvento di Hitler al potere, il 30 gennaio 1933, che il Kahal – l’alto Sinedrio ebraico mondiale residente negli Stati Uniti – decise di non tardare più oltre la guerra ebraica». Ma in principio fu una guerra soltanto economica: nel marzo del 1933, le più influenti organizzazioni ebraico-sioniste americane, come l’American Jewish Congress, i Jewish War Veterans, la Non-Sectarian Anti-Nazi League, il Jewish Labour Committee e l’ordine massonico del B’nai B’rith, avevano organizzato un boicottaggio internazionale dei prodotti e delle merci tedesche, al fine di indebolire lentamente la Germania e ingaggiare, nel tempo, un vero e proprio conflitto armato.

«La Giudea dichiara guerra alla Germania», riportò il 24 marzo il giornale Daily Express di Londra, all’epoca diretto dal filosemita Beverley Baxter, mentre – solo un anno dopo, il 1° giugno 1934 – il sionista Vladimir Jabotinsky (fondatore del movimento paramilitare Betar), scrisse sulla rivista ebraica Natcha Retch: «La lotta contro la Germania viene condotta da mesi da tutte le comunità ebraiche, da tutte le conferenze e congressi, da tutte le associazioni commerciali, e dagli ebrei di tutto il mondo. […] Noi scateneremo la lotta di tutto il mondo contro la Germania tanto spiritualmente quanto fisicamente. […] I nostri interessi impongono la distruzione definitiva della Germania. […] Non possiamo perciò assolutamente permettere che essa diventi potente sotto l’attuale governo».

I tedeschi risposero a loro volta con un boicottaggio delle imprese ebraiche, organizzato nei minimi dettagli dal Ministro della Propaganda Joseph Goebbels. Squadre di Camice Brune (SA) furono collocate fuori dai grandi magazzini, dagli esercizi commerciali e dagli studi professionali di proprietà ebraica. La stella di David fu dipinta in giallo sugli ingressi e sulle finestre dei negozi, nonché su manifesti che affermavano: “Kauf nicht bei Juden!“, ossia “Non comprare dagli ebrei!”. Nonostante ciò – scrisse l’ebreo Emil Ludwig sulla rivista Les Annales di fine giugno – «Hitler non vuole la guerra, ma egli vi sarà costretto, non quest’anno, ma presto».

Squadrismo ebraico

A marzo del 1933, negli Stati Uniti era iniziato il mandato presidenziale dell’ebreo Franklin Delano Roosevelt, il quale restò in carica fino al 1945. Su di lui riposero le speranze migliaia di fanatici sionisti, che videro nel nuovo presidente un vero baluardo contro il nazionalsocialismo, il quale all’epoca – attraverso movimenti come il German American Bund – era arrivato anche negli Stati Uniti. Così Roosevelt – ha spiegato l’ebreo Robert Rockaway sulla rivista Tablet Magazine del 3 giugno 2018 – chiuse un’occhio quando, nel 1934, nel New Jersey, il gangster ebreo Abner “Longie” Zwillman, «che dirigeva il racket di quella città», non fu più «disposto a permettere ai nazisti di operare impunemente nel suo territorio». Zwillman «si rivolse a Nat Arno, un ex pugile ebreo, e gli chiese di organizzare un gruppo antinazista. Arno reclutò duri ebrei di Newark ed ex pugili, e il gruppo prese il nome di The Minutemen». Essi «fecero in modo che non si tenesse più alcuna riunione del German American Bund nell’area del New Jersey, in particolare a Newark e nelle piccole città circostanti. Arno e i suoi uomini monitoravano i movimenti dei nazisti e, dopo aver scoperto dove si svolgevano le loro riunioni, li separavano. Arno ha avuto il sostegno finanziario e politico in queste incursioni da “Longie” Zwillman. A quei tempi, “Longie” controllava la polizia di Newark. Ogni volta che il Bund si riuniva, la polizia informava “Longie” dell’ora e del luogo e opportunamente abbandonava le proprie postazioni in modo che i nazisti fossero lasciati incustoditi».

L’impresa più famosa dei Minutemen – prosegue Rockaway – «avvenne a Schwabbenhalle su Springfield Avenue, al confine con il quartiere tedesco di Irvington». A tal riguardo, Max “Puddy” Hinkes, un malavitoso ebreo appartenente al gruppo, disse: «I furfanti nazisti si erano incontrati di notte al secondo piano [di un palazzo]. Nat Arno e io siamo andati di sopra e abbiamo lanciato bombe puzzolenti nella stanza dove si trovavano i mostri. Mentre uscivano dalla stanza, fuggendo dall’odore orribile delle bombe puzzolenti e correndo giù per le scale per andare in strada e scappare, i nostri ragazzi li aspettavano con mazze e sbarre di ferro. È stato come lanciare una sfida. I nostri ragazzi erano schierati su entrambi i lati e abbiamo iniziato a colpire, mirando alla testa o ad altre parti del corpo con le nostre mazze e sbarre di ferro. I nazisti gridavano all’omicidio blu. È stato uno dei momenti più felici della mia vita. È stato un peccato non averli uccisi tutti. In altri posti, invece, non potevamo entrare, così abbiamo rotto le finestre e distrutto le loro auto, che erano parcheggiate fuori. I nazisti chiedevano aiuto e protezione alla polizia, ma la polizia ha favorito noi».

L’ebreo criminale Heshie Weiner, «un altro partecipante alla rissa, ricorda che uno dei nazisti che scese di corsa le scale, ebbe l’indiscrezione di gridare “Heil” e fu accolto da un coro di tubi di ferro». Weiner affermò inoltre che «dopo questo attacco» non si sentì più parlare di nazisti nel New Jersey.

Un altro gruppo anti-nazista di gangster ebrei protetti da Roosevelt fu fondato a New York nel 1935 dal giudice ebreo ed ex deputato repubblicano Nathan Perlman. Egli «credeva che gli ebrei dovessero dimostrare maggiore militanza [anti-nazista]», così – su ordine dei leader sionisti di tutta la nazione – contattò «di nascosto Meyer Lansky, una figura di spicco della criminalità [ebraica di New York]», al quale diede il compito di costituire una banda di picchiatori ebrei per contrastare il German American Bund. Perlman assicurò Lansky che gli sarebbero stati messi «a disposizione denaro e assistenza legale. L’unica clausola era che nessun nazista venisse ucciso. […] Lansky accettò con riluttanza», dispiaciuto di non poter uccidere. Tuttavia, il gangster rifiutò l’offerta del denaro e dell’assistenza legale, ma fece «una richiesta. Chiese a Perlman di assicurarsi che, una volta entrato in azione, non sarebbe stato criticato dalla stampa ebraica. Il giudice gli promise che avrebbe fatto tutto ciò che poteva». Così, «Lansky radunò alcuni dei suoi più duri soci e andò in giro per New York interrompendo le riunioni naziste. Anche giovani ebrei non collegati a lui o al racket si offrirono volontari per aiutare, e Lansky e gli altri insegnarono loro come usare i pugni e come comportarsi in un combattimento. Gli uomini di Lansky hanno lavorato in modo molto professionale. Le braccia, le gambe e le costole dei nazisti furono rotte e i teschi incrinati, ma nessuno morì. Gli attacchi continuarono per più di un anno», fino alla fine del 1936.

Lansky in seguito descrisse ad un giornalista israeliano uno degli assalti a Yorkville, il quartiere tedesco nel nord-est di Manhattan: «Siamo arrivati ​​la sera e abbiamo trovato diverse centinaia di persone vestite con le loro camicie marroni. Il palco era decorato con una svastica e immagini di Hitler. L’oratore cominciò a sbraitare. Eravamo solo in quindici, ma siamo entrati in azione. Li abbiamo attaccati nell’ingresso e ne abbiamo lanciati alcuni dalle finestre. C’erano risse ovunque. La maggior parte dei nazisti fu presa dal panico e corse via. Li abbiamo inseguiti e picchiati, e alcuni di loro sono rimasti fuori combattimento per mesi. Sì, era violenza. Volevamo dare loro una lezione. Volevamo mostrare loro che gli ebrei non sempre si tirano indietro e accettano gli insulti».


Psicosi di guerra

Col tempo, però, i leader sionisti americani, molti dei quali – non a caso – figuravano fra i ministri e i consiglieri del presidente Roosevelt, non si accontentarono più di boicottare le merci tedesche e di lottare, attraverso la criminalità ebraica, contro i nazisti locali, rappresentati dal German American Bund di Fritz Kuhn: bisognava tuttavia combattere, attraverso una nuova e feroce guerra mondiale, direttamente Adolf Hitler e la Germania nazionalsocialista. Inizialmente, la guerra era un sogno di pochi sionisti fanatici, ma nel tempo si creò una vera e propria psicosi di guerra (organizzata ad hoc dagli stessi sionisti), che, dagli Stati Uniti, raggiunse presto le democrazie europee per mezzo degli ambasciatori e dei diplomatici americani in Europa. Spiega Giovanni Preziosi nel pamphlet sopracitato: «Una volta decisa dal Kahal la guerra ebraica, per scatenarla furono messe in moto tutte le forze occulte in America e nel mondo, a mezzo soprattutto degli ambasciatori di Roosevelt. Furono utilizzate le armi maggiori di propaganda: cinema, radio, stampa, che [negli Stati Uniti] sono tutte in mano agli ebrei».

Tutto ciò è confermato dai telegrammi spediti in patria nel 1938 dall’ambasciatore polacco a Washington, il conte Jerzy Potocki. «La pressione degli ebrei sul presidente Roosevelt e sul Dipartimento di Stato si fa sempre più forte», ha dichiarato l’ambasciatore. «Ho potuto constatare che gli ebrei [americani], i quali sono in preda ad un attacco di panico, sono attualmente in prima fila nel fomentare una psicosi di guerra che precipiterà il mondo intero in una guerra e provocherà una catastrofe universale. […] Questo odio rasenta il delirio. Esso viene propagato ovunque e con ogni mezzo: teatro, cinema, stampa. I tedeschi vengono dipinti come un popolo che vive sotto il dominio arrogante di Hitler, il quale vuole conquistare il mondo intero e affogare tutta l’umanità in un mare di sangue. In seguito ad alcune conversazioni con i rappresentanti della stampa ebraica [americana], mi sono ripetutamente fatto la convinzione inesorabile e decisa che la guerra è inevitabile. Questo giudaismo si serve di ogni mezzo di propaganda e sfrutta tutto ciò che si contrappone ad un qualunque accordo o intesa fra gli Stati».

Un altro telegramma, firmato Potocki, dichiara: «L’opinione pubblica americana è sottoposta ad una propaganda sempre più allarmistica, che si trova sotto l’influenza ebraica ed evoca continuamente lo spettro del pericolo della guerra. In conseguenza di ciò, rispetto all’anno scorso gli americani hanno fortemente mutato il loro atteggiamento riguardo ai problemi di politica estera». E ancora: «Lo stato d’animo che domina attualmente gli Stati Uniti si contraddistingue per un odio sempre più crescente verso il fascismo, in particolare contro la persona del Cancelliere Adolf Hitler e soprattutto contro tutto ciò che rientra nel nazionalsocialismo. La propaganda si trova soprattutto in mani ebraiche, a cui appartiene la maggioranza delle radio, dei cinema, della stampa e dei periodici. Benché tale propaganda sia fatta molto grossolanamente, e benché la Germania venga rappresentata nei peggiori modi possibili, essa ha un effetto estremamente profondo, poiché il pubblico di qui [in America] è totalmente ignaro e non ha nessuna idea della situazione in Europa. […] Oltre a questa propaganda, viene anche creata artificialmente una psicosi di guerra. Si dice al popolo americano che la pace in Europa è sospesa ad un filo, che la guerra è inevitabile. Inoltre, si rende inequivocabilmente chiaro al popolo americano che, in caso di guerra mondiale, anche l’America deve parteciparvi attivamente, al fine di difendere le parole d’ordine della libertà e della democrazia nel mondo». A conferma di ciò, il diplomatico americano William Bullit, noto per le sue macchinazioni occulte, disse all’ambasciatore Potocki che, secondo i piani di Roosevelt, gli Stati Uniti sarebbero entrati in guerra «soltanto dopo che l’Inghilterra e la Francia si siano mosse per prime».


Preparazione del conflitto

Dopo l’accordo di Monaco e le annessioni (pienamente legittime) dell’Austria e dei Sudeti da parte della Germania (marzo 1938), il clima bellicista crebbe ancora di più, al punto che la nota Revue internationale des sociétés secrètes, il 1° aprile 1938, scrisse: «Una guerra mondiale si prepara. E’ il solo modo, per Israele, di evitare uno schiacciamento totale. Una nuova guerra, dunque, in nome della democrazia si prepara in tutta fretta. L’alleanza di tutti i gruppi ebraici del mondo è conchiusa. Il suo nome ufficiale è “Alleanza delle tre grandi democrazie” (inglese, francese, americana). Israele ha bisogno di una nuova guerra mondiale molto presto. Israele pensa che il tempo stringe. Ha bisogno di una guerra in nome della pace indivisibile, al fine di schiacciare tutti coloro che si divincolano sotto il suo tallone».

Sempre in questo periodo (primavera del 1938), l’ebreo Emil Ludwig diede alle stampe l’opera A New Holy Alliance, nella quale egli, basandosi su informazioni provenienti dagli ambienti sionisti, fa apologia della futura guerra mondiale. «A che scopo parlare sempre, in una nebbia vaga, di certi Stati!?», si era domandato Ludwig. «L’Alleanza [delle tre grandi democrazie] è diretta contro la Germania e l’Italia […]. L’Alleanza sarà vigilante, chiaroveggente, serena. In aggressività, supererà il linguaggio di sfida dei dittatori… Essa agirà in modo fulminante. […] Quando si verrà alle mani, le cose dovranno essere fatte senza reticenze, e gli alleati della Santa Alleanza non useranno certamente il sistema di umanizzare la guerra».

Questa “Alleanza delle tre grandi democrazie” o “Santa Alleanza” – spiega Preziosi nel pamphlet del 1942 – venne ufficialmente organizzata durante una riunione segreta tenutasi a Cap d’Antibes, sulla Costa Azzurra, il 3 agosto del 1938, in una delle case vacanze del ricco ebreo Philip Sassoon (contatto di Churchill e dei sionisti inglesi), al fine di preparare a tavolino un nuovo conflitto mondiale. Scrisse in merito Preziosi: «La data della guerra fu definitivamente decisa, il 3 agosto 1938, a Cap d’Antibes, dai tre grandi rappresentanti dell’ebraismo americano già consiglieri di Wilson, autori dell’intervento degli Stati Uniti nell’altra guerra e ora consiglieri e “controllori” di Roosevelt. I loro nomi dicono tutto: il Ministro del Tesoro Henry Morgenthau, Bernard Baruch e il gran rabbino Stephen Wise, conosciuto come “il papa nero dell’americanismo”. Essi erano ospiti della villa del plurimiliardario ebreo inglese Sassoon e conferirono con [l’ebreo] Léon Blum [all’epoca Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica francese]. Decisa la data della guerra, il rabbino Wise fu incaricato di stabilirsi a Londra per controllare la situazione fino al giorno della dichiarazione».

Durante la riunione, alla quale parteciparono anche gli inglesi Edoardo Duca di Windsor e la duchessa Wallis Simpson (entrambi probabilmente spie dei tedeschi), si decise in sostanza che Francia e Inghilterra, alla prossima rivendicazione territoriale della Germania, avrebbero dovuto dichiarargli guerra. I rappresentanti sionisti – tra cui, appunto, Morgenthau, Baruch e Wise – sapevano bene che, prima o poi, la Germania avrebbe rivendicato Danzica (territorio polacco di lingua tedesca): a quel punto, come deciso, le due democrazie europee – col supporto dei diplomatici americani in Europa – avrebbero dovuto far di tutto per non far raggiungere alcun compromesso fra Polonia e Germania, dichiarando poi una ferocissima guerra in grado di estinguere una volta per tutte – con la successiva entrata degli Stati Uniti nel conflitto – il nazionalsocialismo. Non a caso, Preziosi definì tale riunione «lo Stato Maggiore della guerra ebraica».

Qualche giorno dopo – come ha spiegato lo storico Gian Pio Mattogno – ci fu un’altra importante riunione, voluta espressamente dagli ebrei americani: la riunione di Bordeaux. Ad essa parteciparono il Ministro degli Esteri francese, Georges-Étienne Bonnet, il Primo Presidente della Corte d’Appello di Parigi e l’ebreo francese Georges Mandel, il quale era in contatto coi sionisti degli Stati Uniti e dell’Inghilterra. Egli, durante la riunione, dichiarò: «La guerra va fatta e il più presto possibile, meglio fra otto giorni che fra un mese, meglio fra un mese che fra un anno». Bonnet, a sua volta, rispose che la Francia era «in stato d’inferiorità militare» e che quindi non poteva permettersi di combattere una nuova guerra mondiale. «Lo so», rispose Mandel, «ma le democrazie preparano le guerre al momento in cui le dichiarano. Bisogna dunque cominciare col dichiararle». Alla fine – come auspicato dai sionisti americani – Bonnet fu convinto e, a sua volta, assieme a Léon Blum, influenzò in ottica bellicista l’intero governo francese.

La trappola di Danzica

Come previsto, poco dopo iniziò la crisi di Danzica. Il 21 marzo 1939, la Germania presentò tre richieste al governo polacco: la restituzione della città di Danzica [la quale, prima della Grande guerra, faceva parte della Germania], il consenso alla costruzione di una ferrovia e di alcune autostrade extraterritoriali prive di dazi doganali che consentissero il collegamento tra la Germania e la Prussia orientale attraverso il cosiddetto corridoio di Danzica e, infine, una garanzia, a lunga scadenza, del nuovo assetto territoriale. Molti uomini politici inglesi e francesi – non ipnotizzati dalla propaganda bellicista ebraico-americana – considerarono tali richieste «pienamente legittime e del tutto accettabili». Ma non i sionisti, i quali – come deciso alla riunione di Cap d’Antibes – fecero subito pressione sulla Francia e sull’Inghilterra al fine di convincere i politici polacchi a non raggiungere alcun compromesso di pace con la Germania.

Nella notte fra il 16 e il 17 maggio 1939, furono avviati colloqui francopolacchi affinché la Francia inviasse armi alla Polonia, mentre – solo due giorni dopo – fu firmato a Parigi un accordo segreto franco-polacco, il quale prevedeva che, in caso di guerra, la Francia avrebbe dovuto lanciare un’offensiva nella Renania entro e non oltre quindici giorni dopo che la Germania avesse invaso la Polonia. L’accordo fu stipulato solo per ragioni politiche, poiché Daladier – appena succeduto a Léon Blum alla Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica Francese – voleva in sostanza rassicurare i polacchi affinché resistessero alle pressioni tedesche, proprio come volevano i sionisti di mezzo mondo. L’accordo, tuttavia, fu firmato dal Ministro degli Affari Militari polacco, il generale Tadeusz Kasprzycki, mentre la delegazione francese era guidata dal maresciallo Maurice Gamelin, comandante in capo dell’esercito francese.

Tre mesi dopo, invece, vi fu l’accordo anglo-polacco (reso pubblico nel 1997). Anch’esso, come l’accordo segreto franco-polacco, dava protezione alla Polonia in caso di guerra. L’articolo 1, infatti, dichiarava: «Qualora uno dei paesi contraenti sia costretto a ricorrere alle armi per reagire ad un atto di aggressione da parte di una potenza europea, l’altro paese contraente fornirà a quello aggredito tutto l’aiuto necessario, nei limiti delle proprie possibilità». A firmare l’accordo furono il conte Edward Raczynski, ambasciatore straordinario della Polonia a Londra, e il Visconte Halifax, Primo Segretario di Stato agli Affari Esteri.

Tali accordi – contrariamente a quanto si possa pensare – rientravano nel progetto ebraico esposto a Cap d’Antibes, il quale – per la gioia dei sionisti – stava prendendo finalmente forma. Il 6 aprile 1939, scriveva il Ken di Chicago (giornale del B’nai B’rith): «La Gran Bretagna e la Francia saranno impegnate in un’aspra guerra prima della fine di quest’estate. L’ambasciatore degli Stati Uniti in Inghilterra non riferisce esattamente le cose e preferisce tacere. Ma noi sappiamo che egli sta cercando una villa nei dintorni di Londra per stare al sicuro durante la prossima guerra».

Tre mesi dopo, a luglio, mentre in Polonia erano iniziati i massacri dei tedeschi etnici, il giornale inglese Catholic Times, replicava con le seguenti parole: «E’ un fatto che l’intenzione di provocare la guerra è, nel nostro paese, apertamente confessata. Basta passeggiare per Londra e nei dintorni, ascoltare i discorsi della gente, la quale si pretende bene informata, per sentir dire che la guerra è una cosa già decisa, che se ne farà nascere l’occasione e che perfino la data è stata già stabilita».

Così, come deciso, quando Hitler – spiega il giornalista Mario Appelius nel volumetto Vincere del 1942 – «invitò il governo di Varsavia ad accomodarsi con la Germania per eliminare l’assurdità del Corridoio di Danzica, facendo sapere al governo polacco che poteva contare sulla massima buona volontà di Berlino per arrivare ad un accordo ragionevole nell’interesse delle due nazioni, il governo polacco, sapendo di avere alle spalle la Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti, assunse un contegno così ostile, sprezzante e provocatore, che il Führer – per elementari ragioni di dignità nazionale – fu costretto a dare l’ordine ai suoi eserciti di varcare le frontiere della Polonia».

Dopo l’annessione di una parte dei territori polacchi (settembre 1939), Hitler – in tutta sincerità – dichiarò di non nutrire più idee di rivendicazioni territoriali in Europa e che, anzi, voleva la pace. Francia e Inghilterra – come deciso a Cap d’Antibes – risposero dichiarando guerra alla Germania, ma non alla Russia, che aveva attaccato la Polonia da est. La guerra ebraica era finalmente arrivata. Il piano esposto a Cap d’Antibes aveva funzionato. Così, dopo l’inizio del conflitto, il Central Blaad voor Israeliten in Nederland (organo dei sionisti olandesi), scrisse senza peli sulla lingua: «I milioni di ebrei in America, in Francia, in Inghilterra, in Nord e Sud Africa – e non dimentichiamoci quelli della Palestina – sono decisi a condurre la lotta nella distruzione contro la Germania sino in fondo. […] Tutti gli ebrei debbono collaborare allo sterminio del nemico dell’umanità. E questo nemico dell’umanità è la Germania».


Conclusione

Per concludere, in estrema sintesi, è possibile affermare – con Giovanni Preziosi – che «la guerra è stata preparata in America dall’ebraismo». E uno dei maggiori responsabili «non poteva che essere l’uomo dell’ebraismo portato per questo scopo al potere della nazione, dove sono concentrate le maggiori forze della potenza ebraica: Franklin Delano Roosevelt». Pertanto, ci domandiamo: non aveva forse ragione il Jewish World , quando – il 16 gennaio 1919 – dichiarò senza mezzi termini: «Il giudaismo internazionale ha forzato l’Europa a far la guerra del 1914, non solo per ammassare grosse somme di denaro, ma per poter intraprendere, con questo denaro, una nuova guerra mondiale ebraica»?! Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.


Di Amedeo Cavazzoni

7 commenti

  • Rivelazioni davvero scottanti 🙂 fonti d’epoca inoppugnabili. Finalmente la verità sulla WWII.

  • Finalmente siamo venuti a sapere, attraverso questo articolo tagliente, chiaro, sopraffino, e molto diretto, cosa si annidava dietro ad uno dei conflitti più sanguinosi della Storia dell’uomo. Incredibile come chi ha voluto scatenare questa guerra così devastante si trovasse dietro ad un tavolo o ad una scrivania, bello incravattato e impomatato, e ridere, sicuramente di gran gusto, sul destino di molti popoli, soprattutto di quello tedesco.
    Hitler era considerato un uomo pericoloso solamente perché gli stava a cuore la sua Nazione e io suo Popolo, e ovviamente, questo, scomodava, irritava, e faceva salire il sangue ai cervelli vuoti e malefici di questi signorotti pervertiti. Essere grandi uomini, purtroppo, diventa una penalizzazione in un Mondo dominato dal giudeo. Esso ha il potere di fare e disfare quello che vuole, e questo articolo di denuncia così coraggioso mette in luce la natura, appunto, del giudeo..

    Inchiesta straordinaria. Degna dell’unico sito valido di controinformazione sulla piazza, virtuale e non.
    Come sempre, una SICUREZZA.

  • OTTIMO articolo: preciso, esaustivo e perfettamente centrato. Commenterei così l’aforisma finale (Errare humanum est, perseverare autem diabolicum): la prossima volta NOI non commetteremo più l’errore fatale di Dunkerque. All’idra giudeomassonica recideremo le teste in un colpo solo.

  • Verità sconcertanti. Pare quasi fantastoria, ma purtroppo è realtà.

  • É stupefacente la lettura di questo articolo perché apre la mente sulla storia negata e/o sconosciuta a molti come me che pur consapevoli della Grandezza del Nazional Socialismo,per vari motivi non hanno mai potuto studiare e approfondire queste realtá storiche! Purtroppo i miei studi non sono andati oltre che le scuole dell’obbligo e successivamente nell’esercito non erano consentite discussioni storiche o politiche se non quelle raccontate dai superiori! 40 anni da Camionista mi hanno obbligato astudiare la storia da autodidatta! Non così approfonditamente come avrei voluto! Da pensionato ora riesco a dedicarmi a tutto ciò in cui ho sempre creduto: NazionalSocialismo!!

  • Finalmente la VERITÀ.

  • Consiglierei a tutti di riflettere sulla risposta di Lavrov al giornalista che ironizzava sulla possibilità che un leader ebreo governi un paese nazista. Magari le storie sulla nonna di Hitler che faceva la cameriera dai signori Rothschild e che fu liquidata con qualche fiorino e una bella bambina in pancia sono tutte chiacchiere complottiste ma i concetti di razza eletta e gott mit uns un poco di Sion puzzano.

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