ANPI: «Il fascismo non è morto. Forza Nuova e CasaPound vanno messe al bando»

Intervistato in occasione della festa della Liberazione del 25 aprile di quest’anno, il presidente dell’Anpi di Treviso Giovanni Varnier non ha perso occasione di tacere, rilasciando dichiarazioni deliranti e del tutto anacronistiche, le quali sembrano riportare l’Italia indietro di quasi un secolo, al tempo della lotta antifascista e della Resistenza bruta.

«Il vecchio fascismo certamente non è morto», ha difatti spiegato Varnier durante l’intervista a Oggi Treviso, distorcendo la realtà come soltanto la sinistra sa fare, «ma è ancora presente in forze conservatrici che hanno voce in parlamento». E ancora:

Certe organizzazioni, da Forza Nuova a Casa Pound, apertamente neofasciste, andrebbero per legge messe al bando, come si fece durante gli anni del terrorismo con Ordine Nuovo di Rauti ed Avanguardia Nazionale, dopo “Piazza Fontana” e il fallito golpe Borghese. Purtroppo questi raggruppamenti trovano invece protezione da parte di alcune componenti dell’attuale Parlamento.

Avete capito bene? Oltre ad equiparare Forza Nuova e Casa Pound con organizzazioni terroristiche degli “anni di piombo” (comparazione alquanto folle e inappropriata, data la natura pienamente legale e democratica dei suddetti partiti), Varnier auspica il loro totale scioglimento, desiderando inoltre «che la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dal comune di Stazzema […] trovi ascolto in parlamento e che il nazifascismo e la sua propaganda vengano messi al bando». Ma, poiché Forza Nuova e Casa Pound, essendo partiti extra-parlamentari, non possiedono seggi elettorali, quali sarebbero, secondo Varnier, queste «forze conservatrici» fasciste «che hanno voce in parlamento»?

Il presidente provinciale dell’Anpi – per ovvi motivi – non lo spiega esplicitamente, anche se poi, facendo eco alle parole dell’antifascista Alice Castiglione: «Il fascismo in Italia non è mai passato», si farà sfuggire dichiarazioni del tutto rivelatrici:

Il pericolo maggiore viene certamente da chi vuole impedire una piena attuazione dei principi costituzionali, da chi approfitta anche della pandemia per soffiare sul fuoco dei disagi evidenti, da chi in sostanza punta a costruire un sistema isolazionista, antieuropeo, profondamente conservatore. Salvini e Meloni tanto per capirci. Questi sono un pericolo perché propongono l’esatto contrario di ciò che sta scritto nella Costituzione.

Dunque, seppur in maniera velata e non esplicita, Varnier – facendo uso della solita retorica antifascista, tipica dell’Anpi – accusa «Salvini e Meloni» di rappresentare non soltanto «un pericolo», ma anche quelle «forze conservatrici» sopracitate che, «in parlamento», starebbero facendo rivivere «il vecchio fascismo», dando addirittura «protezione» a «Forza Nuova e Casa Pound». Motivo per cui il presidente provinciale dell’Anpi, ispirato evidentemente dagli ideali archetipici del partigianato marxista, propone di continuare la vecchia Resistenza contro il fascismo, in quanto «le forze del passato sono ancora vive e attive, anche se non nelle forme delle dittature sconfitte»:

Dobbiamo dire che tutti i contenuti della Costituzione sono ancora lontani dall’essere realizzati. Ecco perché oggi si ripropone quella lotta [della Resistenza]. Perché la battaglia non è conclusa. Negli anni ci sono stati progressi, ma anche passi indietro.

Insomma, quello di Varnier, in fondo, è un vero e proprio monito ideologico, condiviso certamente dall’intera organizzazione nazionale dell’Anpi, che mira a riabilitare vecchie schermaglie politiche e odi di partito per loro mai assopiti e ancora profondamente radicati nell’idea stessa di Resistenza. E, proprio quando parla di Resistenza, Varnier dimostra alla perfezione di saperne dissimulare il vero spirito, avanzando le seguenti dichiarazioni, che, alla luce delle nuove ricerche storiche, risultano del tutto inverosimili:

La Resistenza non fu soltanto, e già sarebbe importante, un modo di sconfiggere delle dittature brutali, una lotta per liberare il Paese dagli invasori nazisti, ma fu una lotta che, pur mettendo insieme anime diverse e obiettivi non assonanti, puntava, almeno nella visione delle forze più avanzate, a non ritornare alla forma elitaria del vecchio stato liberale, che aprì la strada al fascismo. Questa era la visione delle forze della sinistra, ma anche delle componenti più sensibili al nuovo presenti nella democrazia cristiana.

In realtà, la verità storica è un’altra. Durante una delle varie presentazioni del libro Compagno Mitra. Saggio storico sulle atrocità partigiane, l’autore Gianfranco Stella (fra le massime autorità in Italia in materia di partigianato), ha infatti spiegato che la Resistenza «non era univoca», ma «aveva due anime»: una di sinistra, «marxista, ideologica, maggioritaria», e una «moderata, anticomunista e cattolica», le cui visioni, contrariamente a quanto dice Varnier, non erano certamente affini o, in qualche modo, convergenti l’una con l’altra, ma antitetiche in ogni loro aspetto. La Resistenza marxista, infatti, con le sue temibili brigate “Garibaldi” (macchiatesi di crimini indicibili anche dopo la cosiddetta “Liberazione” del 25 aprile), mirava alla «lotta armata», su modello della lotta antinazionalista della guerra civile di Spagna, mentre la Resistenza moderata, formata in gran parte da cattolici e liberali, auspicava – con buona parte del popolo italiano, esasperato dalla guerra – una «lotta attendista», ben rappresentata dall’espressione: «Gli alleati stanno risalendo la penisola, perché andare a provocare i tedeschi?».

Le due Resistenze, tuttavia, non esercitavano la stessa influenza. La Resistenza marxista, impregnata di antifascismo stalinista e nettamente maggioritaria, tendeva infatti ad “assorbire” la Resistenza moderata, al fine di creare, dopo la vittoria sul nazifascismo, un ordine nuovo, rappresentato dalla falce e dal martello e sotto influenza sovietica. In sostanza, si trattava di sostituire una dittatura (quella fascista) con un’altra (quella comunista), attraverso la violenza e la lotta armata. Ecco perché la Resistenza, secondo Stella, «non fu una lotta di liberazione», ma «una gigantesca lotta di classe», indirizzata ad abbattere il nazi-fascismo e imporre la cosiddetta “dittatura del proletariato”. Scrive Stella in Compagno Mitra:

La figura del fascista finì per coincidere con quella del padrone. Superata la lotta al tedesco invasore e al residuo fascista, il nemico divennero il borghese e il prete.

Pertanto, contrariamente a quanto dice Varnier, «la visione delle forze della sinistra» non era certamente accomunabile a quella delle «componenti più sensibili al nuovo presenti nella democrazia cristiana», rappresentate dalle forze moderate e “attendiste” della Resistenza, le quali, dopo la caduta del fascismo, desideravano istituire un’Italia liberale e democratica, in antitesi alle forze della sinistra, che volevano invece – come già detto – imporre la “dittatura del proletariato” e la più completa sovietizzazione del paese.

Varnier – al fine di occultare questo aspetto del partigianato così violento e brutale, che oggi potrebbe suscitare un certo imbarazzo anche alla sinistra stessa – dà quindi un’idea della Resistenza totalmente errata e contraffatta, la quale non coincide con la verità storica. L’accademico Renzo De Felice, molto coraggiosamente, ha dichiarato:

Tutto quanto detto e scritto sul fascismo e Resistenza è falso, perché la sinistra politica ha nascosto tante verità, tanti delitti, tante vergogne partigiane.

Dunque, ecco l’intoppo! La lotta della Resistenza antifascista, che Varnier propone di riaffermare contro le fantomatiche «forze conservatrici» fasciste in parlamento, ha le sue radici in un mito! Gli abili strateghi politici della sinistra (in prima fila la cricca dell’Anpi), oltre ad aver “ripulito”, attraverso abili camuffamenti storico-propagandistici durati anni, l’intera Resistenza dalle sue sfumature classiste e criminali, hanno innalzato il partigianato a dogma assoluto, impedendone ogni critica e analisi obiettiva. Inoltre, al fine di dare un significato sempre “attuale” al concetto di Resistenza, si è voluto “eternizzare” il fascismo, configurandolo come un pericolo “eterno”, sempre presente e pronto per attentare alla democrazia e alla libertà; è l’Ur-Fascismo, teorizzato da Umberto Eco nel farneticante discorso pronunciato il 25 aprile 1995 alla Columbia University di New York e oggi divenuto postulato comunemente condiviso e, non a caso, intimamente connesso al concetto di Resistenza e partigianato.

Se il fascismo è eterno, dunque, anche la Resistenza deve esserlo. Ecco il nocciolo del problema! Non si tratta forse di un cane che si morde la coda? La caccia al fascista di un tempo ha lasciato il posto ad una grottesca caccia ai fantasmi. Ma, almeno su una cosa, il presidente provinciale dell’Anpi ha ragione: «La sinistra sembra impacciata, incapace di risposte coerenti e soprattutto incapace di un progetto che coinvolga larghi strati di popolo».


di Javier André Ziosi

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