«La vita è una lotta e solo i forti possono affrontarla». Biografia di Kurt Eggers, il poeta-guerriero delle Waffen-SS

Definito «l’incarnazione della profezia di Nietzsche», Kurt Eggers rappresenta in tutto e per tutto il perfetto poeta-guerriero sempre coerente con sé stesso, desideroso d’avventura e sprezzante del pericolo. Parola di Jean Mabire.

Se c’è un personaggio emblematico tra coloro che risvegliano i popoli, questo è senza dubbio il poeta-guerriero in cui s’incarnano il lirismo ed il coraggio, virtù essenziali a chi vuole fare sentire la propria voce quando bisogna salvare la patria dal nulla o dal sonno. Affascinato fin dalla giovinezza dall’idea del sacrificio fondante, Kurt Eggers ha voluto che la sua vita fosse l’immagine della sua opera e che il suo messaggio alla gioventù fosse sigillato dal suo stesso sangue. Pochi uomini hanno esaltato con tanta forza il sacrificio della morte in combattimento. Poeta, scrittore, drammaturgo, storico, polemista, scelse di affrontare il suo destino dalla torretta di un panzer alla testa di una formazione corazzata di volontari germanici.

Ucciso in combattimento nel trentottesimo anno della sua vita, Kurt Eggers ha incarnato fino al suo ultimo minuto l’ideale che aveva esaltato nei suoi libri: l’incontro indissolubile tra le sue due vocazioni, quella dello scrittore e quella del combattente. Vocazioni unite eternamente, oltre ogni legame di parte, fino ad acquisire un significato eroico essenziale. Nato a Berlino il 10 novembre 1905, il giovane Kurt Eggers non ha ancora nove anni quando scoppia la Prima guerra mondiale. Il bambino è affascinato dai racconti di guerra dei più grandi e sogna di diventare un giorno un soldato.

Dagli undici ai tredici anni, Kurt riesce ad essere ammesso come mozzo a bordo della nave-scuola Berlin. Ma dopo la disfatta non è più il caso di entrare nella scuola per cadetti di Plön. Le reazioni che dovette provare allora si ritroveranno nelle prime pagine dell’opera I Proscritti di Ernst von Salomon, più grande di lui di tre anni.

L’adolescente ha mantenuto i contatti con il vecchio comandante della sua nave-scuola, e diverrà suo attendente durante alcuni combattimenti contro gli spartachisti nel 1919, così come nel momento del tentativo del putch di Kapp nel 1920. Terminati questi scontri violenti, torna sui banchi di scuola. Non ha ancora sedici anni quando lascia l’aula scolastica per unirsi, nel 1921, ad un Corpo Franco che combatte contro i polacchi in Alta Slesia. Il giovanissimo volontario Kurt Eggers, staffetta della formazione “Schwarze Schar”, parteciperà alla battaglia per la conquista dell’Annaberg, luogo simbolo della saga dei Freikorps.

Da questo assalto trarrà un bel racconto nel suo libro ‘Von jungen Herzen’ e anche una poesia:

Grigie file dei morti cospargono le alture, davanti all’Annaberg. Le granate esplodono in mezzo ai gruppi d’assalto dei Corpi Franchi, davanti all’Annaberg. Lanzichenecchi, combattiamo abbandonati e traditi dalla patria, i fucili sono caldi e i cuori duri come la pietra sull’Annaberg!

Al suo fianco un camerata è morto ed un altro ferito, ma la cima è conquistata.

Il giovane volontario di sedici anni torna alla sua scuola, ma la sua assenza gli varrà l’espulsione. Raggiunge allora una comunità agricola nel Meclemburgo, senza aver ottenuto il suo “Abitur” (equivalente tedesco del diploma di maturità).

Si arruola poi, nel 1924, in un reggimento di artiglieria dei Reichswehr a Francoforte sull’Oder. Ma l’esercito di 100mila uomini lo delude e il giovane riprende i suoi studi. Inizialmente, a Berlino, poi a Gottinga e a Rostock, prima di ritornare nella capitale. L’ex volontario dell’Alta Slesia studia biologia, filosofia, sanscrito, archeologia e, soprattutto, teologia. Nel 1930 diventa pastore luterano in una parrocchia rurale del Meclemburgo. Si interessa più della terra che del cielo, e denuncia la miseria dei contadini tedeschi e l’eterna lotta da sostenere contro tutti gli oscurantismi. Le autorità ecclesiastiche si allarmano e lo nominano quindi vicario a Berlino.

Una delle sue prediche farà scandalo: per il pastore Eggers, la verità della gioventù tedesca non si trova nella Bibbia, ma nella Nazione!

Sceglie allora di lasciare la Chiesa e prova a vivere come libero scrittore, conoscendo la miseria e la fame.

Kurt Eggers si appassiona ad un personaggio che diventerà il modello esemplare del suo pensiero e della sua vita, e al quale consacrerà molti libri: Ulrich von Hutten.

Si ignora fin troppo, da questa parte del Reno, questo prodigioso “risvegliatore” del pensiero germanico. Nato nel castello di Steckelberg in Franconia alla fine del XV secolo, fuggì a sedici anni dall’Abbazia di Fulda, dove studiava, e si recò a Roma, da dove ritornò ostile al cattolicesimo e sognando un cristianesimo puramente tedesco. Si unì a Lutero e moltiplicò a tal punto le stoccate e i pamphlet che dovette rifugiarsi in Svizzera, dove morì nel 1523, sull’Isola di Ufenau, non lontano da Zurigo.

L’ex pastore tradurrà gli scritti di questo ribelle, la cui intera esistenza è fondata sull’onore, la fierezza e la forza. Ormai totalmente “guidato” da questo personaggio fuori dal comune, Eggers cercherà a sua volta di essere un vero “riformatore”.

Riunisce così in un breviario eretico delle massime dei grandi pensatori tedeschi di tutti i tempi. La preparazione al combattimento – che sia spirituale o materiale – è alla base del lirismo di questo giovane scrittore, che moltiplica i saggi storici, le raccolte poetiche e, soprattutto, le rappresentazioni sceniche destinate ai teatri all’aperto.

Singolare uomo di lettere, Kurt Eggers si appassiona tanto alla mitologia nordica, alle leggende germaniche e alla storia tedesca, quanto al più grande poeta del Regno di Mezzo, il cinese Li T’ai Pai, di cui ama paragonare il destino a quello del suo caro Ulrich von Hutten. A trent’anni scrive una folgorante autobiografia ‘Der Berg der Rebellen’ (‘La montagna dei ribelli’), in cui fa rivivere i combattimenti dei volontari dei Corpi Franchi, di cui ha condiviso le avventure e i pericoli.

Nel 1939, esce il più importante tra i suoi libri, ‘Der Tanz aus der Reihe’, che si potrebbe tradurre ‘La danza fuori dai ranghi’. Esso è una sorta di autobiografia rivoluzionaria che ambisce a diventare il libro della giovane generazione, quella dei ragazzi che hanno una quindicina di anni in meno di lui e si preparano a terribili prove cantando: «Oggi ci ascolta la Germania. Domani il mondo intero».

Negli anni prima della guerra, Kurt Eggers non ha smesso di pubblicare libri su libri passando da una biografia di Bismarck ad un racconto del viaggio di due adolescenti berlinesi verso il Mar Baltico passando per il Meclemburgo.

Febbrilmente, egli riunisce pensieri e poemi in brevi antologie, la cui linea direttrice è sempre la stessa: la vita è una lotta e solo i forti possono affrontarla.

Kurt Eggers si inserisce pienamente nella linea filosofica di Friedrich Nietzsche, come testimonia questa breve poesia che, in passato, fu tradotta dal normanno René Lasne nella sua ‘Anthologie de la poésie allemande’:

Fin quando un popolo genera dei guerrieri, la sua giustizia è fondata. Fin quando un popolo non rinnega il combattimento, non degenera. Ma quando un popolo sogna dei paradisi, scansa la sofferenza! E quando un popolo spezza la propria spada, chiama la morte.

Kurt Eggers, che aveva iniziato la sua “carriera” di scrittore nel 1933, dopo aver abbandonato la sua carica pastorale, ha pubblicato una quarantina di libri in quei sette anni di lavoro intenso. Dopo il suo matrimonio, diviene padre di quattro bambini: Jörg, Wulf, Götz e Jens, che alleva secondo il precetto essenziale: «Insegnate ai vostri figli la forza di carattere!».

Incaricato nel 1935 nell’organizzazione delle feste e delle cerimonie all’interno del “Servizio principale della razza e della colonizzazione interna”, non ha aderito che due anni più tardi al Partito Nazionalsocialista, perché “la politica” lo interessa assai poco.

All’inizio della guerra, nel 1939, si arruola nell’esercito e combatte come sottoufficiale di un’unità anticarro, assumendo anche le funzioni di corrispondente di guerra, il che gli permetterà di scrivere un libro fatto di reportage.

Smobilitato nel 1940, torna alla sua attività letteraria. Ma parte nuovamente come volontario nel 1942, fedele al suo motto: «Forte è colui che è capace di vivere all’interno della sua comunità da padrone di sé stesso».

Si arruola allora nella Divisione SS Wiking, composta da volontari germanici, dove servono danesi, norvegesi, olandesi, fiamminghi, finlandesi, qualche svedese e svizzero tedesco. Kurt Eggers arriva alla sua unità nell’autunno del 1942, nel momento in cui la Divisione si riorganizza, dopo la terribile ritirata dal Caucaso. Questo volontario, che ha già trentasette anni, non è che un semplice sergente (Unterscharführer), ma porta sulla sua giubba nera il nastro della Croce di Ferro di Seconda Classe, l’Aquila commemorativa di Slesia, la Medaglia di bronzo dei feriti, l’Insegna delle truppe blindate e la Croce di Ferro di Prima Classe.

Viene assegnato alla 2ª Compagnia di Panzer del Battaglione corazzato destinato a diventare presto reggimento. L’arrivo di questo intellettuale, che possiede un piccolo apparecchio radio-ricevitore portatile e intrattiene una corrispondenza ministeriale quando è a riposo, non manca di suscitare sorpresa. Si dice che abbia delle relazioni nelle alte sfere e lo si chiama “colonnello” persino da civile. Ma apprende presto il suo mestiere di comandante di carro e il 20 aprile 1943 verrà nominato sottotenente (Unterscharführer), ricevendo il comando di un plotone di cinque carri Panzer IV. Ogni incarico conferma il suo valore.

Questo prussiano dal carattere forte spinge talvolta l’originalità fino all’anarchia e il coraggio fino alla brutalità.

Coltiva una filosofia del nichilismo e del terrore che sorprende persino i veterani del fronte. Si temono alquanto la sua rabbia e le sue bizzarrie. Si dice che egli non salga sulla torretta di comando del suo Panzer se non dopo aver indossato i suoi guanti di pelle grigia. Continua a comporre delle poesie guerresche:

Vedete, là dove noi andiamo c’è la fine di questi giorni. È il paese pieno di sangue e di ferro, che noi uomini siamo i soli a governare. Se dovesse essere necessario che voi ci perdiate, insegnate ai vostri figli la nostra Saggezza, affinché mantengano verso di noi la loro Fedeltà.

Ciò che ha scritto e cantato, la forza, la gioia feroce del combattimento, il cameratismo, il senso del dovere assoluto e spinto fino al sacrificio, la presenza familiare della morte, tutto questo lo sta vivendo pienamente, con una sorta di avidità ferina e sensuale. Questo singolare ufficiale, pertanto, è forse il solo ad amare la guerra per la guerra, il che stupisce e, al contempo, inquieta coloro che servono sotto i suoi ordini, allorché il combattimento sul fronte dell’Est dura da più di due anni e sembra diventare ogni giorno più spietato e più incerto.

Il 12 agosto 1943, il plotone Eggers avanza nel paese nemico. Talvolta, l’ufficiale canta a squarciagola e picchia familiarmente sulla calotta del puntatore del suo carro, lo Sturmann (caporale) alsaziano “Pablo”, un volontario originario di Colmar.

È una bella giornata e i carri viaggiano con tutte le botole aperte. Il plotone Eggers passa non lontano dal margine di una foresta di betulle. Improvvisamente, riecheggiano dei colpi di cannone. Dei pezzi anticarro sovietici colpiscono sul fianco la 2ª Compagnia di Panzer del Battaglione corazzato della Divisione Wiking.

Una granata colpisce il blindato e spezza in due l’ufficiale. Le sue gambe, troncate di netto, ricadono e inondano di sangue il puntatore e l’addetto al caricamento, completamente storditi dal fracasso dell’esplosione. Il busto di Kurt Eggers è stato scaraventato a terra, a più di otto metri dal suo Panzer.

Il poeta-soldato impiegherà due ore a morire, mentre infuria la battaglia tra tedeschi e sovietici. I suoi uomini, in seguito, raccolgono ciò che resta del corpo del loro comandante.

La sera, il suo comandante di compagnia, l’Obersturmführer (tenente) Walter Multhoff, farà – secondo l’usanza – l’inventario delle sue cose. Dei libri, delle lettere, delle fotografie, tutto quel che resta di uno scrittore venuto volontariamente a riunirsi al mondo dei guerrieri per fedeltà agli ideali della sua giovinezza.

Una pagina si stacca e cade a terra. L’ufficiale la raccoglie. Si tratta di ‘Das Lied der kameraden‘, ossia ‘Il canto del camerata’. Multhoff mormora a mezza voce una delle strofe:

Quando cade uno tra di noi, trafitto da pallottole, dilaniato dall’acciaio, il vento che sale verso il cielo porta allora canti e non lamenti.

L’ultimo addio dei guerrieri ai loro camerati caduti è descritto in alcuni versi, con fiori, con rami di abete sempre verde e la tripla salva d’addio dei fucili. Poi ecco il verso conclusivo:

È perciò che noi non piangiamo mai quando cade uno di noi. Tutti cadranno un giorno: battete, tamburi! E il mondo è bello! Anch’io cadrò un giorno…


Di Jean Mabire

3 commenti

  • Spettacolo 💣 💣 💣

  • Qua Jean Mabire, descrivendo Kurt Eggers, mette in mostra la parte guerriera e bellicosa dell’animo umano, quella parte ‘spirituale’ che, malgrado i sacrifici compiuti, non viene a patti con niente. La morte diviene quindi coronazione di una militanza e di una lotta che trascende il tempo e lo spazio, eternizzando il guerriero. Ottimo scritto.

  • Grande Uomo !

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