Il Bosco. Topos archetipo della storia umana. Nuovi spunti di riflessione sul rapporto Uomo-Natura

«La Natura è un tempio ove pilastri viventi lasciano sfuggire a tratti confuse parole; l’Uomo vi attraversa foreste di simboli, che l’osservano con sguardi familiari».

Così inizia una famosa poesia di Baudelaire: “Corrispondenze“. E ci vuol poco a trovare le connessioni tra le suggestioni di questi versi e quelle che si possono sperimentare in un bosco.

Luogo reale e insieme luogo dell’immaginario collettivo, il bosco – in tutti i suoi significati e le sue simbologie – accompagna da millenni la storia dell’Uomo e spesso ne determina scelte importanti: dalle credenze popolari più remote – è il caso di antiche culture per cui, tra gli alberi e negli angoli più misteriosi, nascosti dalle ombre, venivano consumati riti propiziatori che intendevano proteggere intere comunità – alle politiche ambientali recenti, impegnate in sfide capaci di cambiare irreversibilmente le sorti dell’intero Pianeta. Ed anche in quest’ultimo caso il bosco è l’ago della bilancia: deforestazioni e incendi sono i due poli entro cui si gioca la partita del danno idrogeologico. Riserva di caccia o terra di contadini e di allevatori, il bosco e la foresta sono sempre stati ambienti di vissuto umano. In passato da essi si traeva nutrimento e materiali per le costruzioni. Nel volgere dei secoli fu sempre più evidente che il bosco poteva essere addomesticato per servire alle esigenze dell’Uomo. Così, da sistema misterioso e simbolo dell’inconscio, diventa presto anche spazio organizzato. L’utilità concreta per la sopravvivenza e la sussistenza che l’essere umano però ne traeva inizialmente si va progressivamente ridimensionando, fino ad oggi, quando spesso il bosco è un sito protetto, vale a dire un territorio in cui la Natura ha bisogno di essere preservata per specifiche necessità ambientali e di ecosistema, di tutela di biodiversità, storia geologica e di insediamenti umani. Nell’epoca contemporanea è dunque un luogo conosciuto e praticato per necessità ambientali e di assetti ecologici, o anche per bisogno turistico.


Percorso interiore

Le Aree Protette, ovvero i Parchi Naturali, vengono costituiti a partire dalla fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sull’esempio americano: di particolare significato sono quelli nazionali, poiché divengono veri e propri “istituti” a vantaggio di un intero Paese. Già i greci intuivano la rilevanza dei boschi e delle piante, pertanto invitavano a rispettarle e suggerivano anzi di piantarne sempre di nuove per la gestione e la difesa delle acque. Platone raccomandava di avere cura che le acque dai monti venissero frenate perché penetrassero nel sottosuolo e fossero filtrate, regolandone e regimentandone il corso affinché potessero arrivare ad irrigare i boschi.

Un’importanza economica, quella attribuita al bosco, almeno pari a quella ecologica e culturale, chiara sin dalla notte dei tempi.

Anticamente, in esso abbiamo quindi esercitato una spiritualità dalla quale ricavavamo conoscenza, cibo e riparo. Gli alberi erano considerati colonne che reggevano il cielo e la radura era il luogo in cui Dio si era manifestato, era sceso sulla Terra, lasciando appunto una zona aperta, inondata dalla luce, in contrasto con l’oscurità determinata dall’intreccio fitto delle chiome vegetali. Nelle cosmogonie di tutti i tempi e latitudini, gli alberi sono sempre elementi fondanti; il sacro e il divino trovano in essi la loro dimora naturale. Ed è per questo che, attraversare il bosco, diviene un percorso interiore, un cammino limbico, un trapasso. Lo è per i popoli antichi, ma anche per i personaggi delle fiabe come Cappuccetto rosso o Biancaneve. E anche oggi, se facciamo una passeggiata nel bosco, ne usciamo mutati, rigenerati, ritemprati. Veniamo toccati nelle nostre corde più profonde. Quella che ci attende al limitare del nostro percorso è una meditazione finalmente pacifica, immersi nel silenzio della Natura, come fossimo in una chiesa. Ritroviamo la simbologia del bosco nelle manifestazioni artistiche, in architetture come le cattedrali gotiche o nelle pitture di molte epoche, dai geroglifici a Guttuso. Nelle aree boschive si affermano le religioni naturali e politeiste.

Diverse tradizioni

Nel momento in cui le religioni monoteiste prendono il sopravvento, il bosco diventa un luogo spaventoso, diabolico, dove si perpetuano stregonerie. I primi cristiani eliminarono tutte le festività legate ai culti pagani e dettero ordine di abbattere le querce. Tanta produzione letteraria cristiana, anche dantesca, fa leva su tale simbologia. Dante, infatti, parla della selva – e non del bosco – come del luogo in cui ci si perde. Lì incontra le fiere, il buio, tutti retaggi di antiche credenze popolari. Nella selva di Dante non c’è l’intervento dell’Uomo; essa è indomita, inconoscibile e maligna. E ancora, nell’epopea babilonese di Gilgamesh, gli esseri umani erano considerati figli degli alberi. La quercia era madre di molte stirpi, in altri casi era “albero padre” o “albero saggio tra i saggi”. Anche nella Bibbia inizia tutto con un albero e il suo frutto. Nella cultura celtica, invece, gli alberi erano talmente importanti che rientravano nella costruzione dell’alfabeto e del calendario. I druidi, i sacerdoti dei celti, erano figure fondamentali della società e vivevano nel bosco; presiedevano cerimonie, così come amministravano la giustizia, decretando comunque il destino di uomini e donne.

Per gli antichi romani, tuttavia, il bosco (detto Lucus, derivante dalla radice etimologica leuk) era sacro e godeva di grande rispetto e devozione. Attorno agli alberi più importanti venivano eretti dei recinti entro i quali non a tutti era consentito l’accesso. Quando andarono alla conquista delle terre germaniche e penetrarono lande e foreste britanniche, i guerrieri cercarono innanzitutto di abbattere proprio gli alberi. Erano sopraffatti dalla paura dei boschi di quelle terre. Colpire una quercia era l’atto sacrilego con cui si squarciava la cortina spaventosa e si apriva la strada al passaggio dei soldati verso la vittoria. Ma anche i romani avevano riferimenti religiosi nel bosco. Nel Locus, attorno all’albero designato, si elevava un piccolo altare e si facevano dei riti con sacrifici animali e fumigazioni che arrivavano in cielo, presso gli Dei, che se ne cibavano attraverso le narici e l’olfatto. Dalla stessa radice indoeuropea leuk deriva lux, ossia luce, e lustrum, che era il nome della cerimonia di purificazione che si effettuava con acqua e rami di lauro e di olivo. Lusso è un’altra parola di tale derivazione legata alla ricchezza e all’abbondanza del regno vegetale, un tempo maggiormente disponibile.

Oggi i boschi devono essere protetti perché a rischio; non sono più luoghi considerati sacri nella nostra civiltà. Non prendiamo più nutrimento e sostentamento da essi. Anche se, in ogni modo, gli alberi rimangono presenze confortanti nella nostra vita. Le foreste, come le case di saggi padri depositari del segreto dell’esistenza, reggono ancora, non tanto il cielo, ma – disperatamente – la Terra.


Di Monia Badalamenti

Un commento

  • La Natura è la Madre di tutta l’Umanità. L’Uomo ha dimenticato la sua importanza da quando sono nate le Religioni monoteiste, ed è per questo che non bisogna mai abbandonare quel rapporto divino tra Noi e la Natura.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *